Aborto Terapeutico: cos'è, quando si fa, rischi
Generalità
L'aborto terapeutico è l'aborto effettuato tramite interventi medici al fine di preservare la salute della madre o di evitare lo sviluppo di un feto affetto da gravi patologie o malformazioni.
Più nel dettaglio, l'aborto terapeutico rappresenta un'interruzione volontaria di gravidanza che può essere effettuata anche una volta trascorsi i 90 giorni di gestazione previsti dalla normativa vigente (legge 194/1978).
L'esecuzione dell'aborto terapeutico può avvenire per mezzo di farmaci oppure per via chirurgica. La scelta di effettuare un tipo di trattamento piuttosto di un altro dipende sostanzialmente dalla settimana di gestazione in cui la donna si trova, dalla presenza di eventuali allergie ai farmaci, dal motivo per cui è necessario praticare l'interruzione della gravidanza, ecc.
Benché i trattamenti medici messi in atto per eseguire l'aborto terapeutico siano considerati generalmente sicuri, è doveroso precisare che lo sviluppo di possibili complicanze aumenta man mano che la gestazione procede.
Che cos'è l'Aborto Terapeutico?
Come accennato, l'aborto terapeutico è l'interruzione volontaria di gravidanza che viene effettuata per motivi medici. Più nel dettaglio, si parla di aborto terapeutico se la gestazione viene interrotta a causa della presenza di reali e gravi rischi per la vita e/o per la salute psicofisica materna imputabili al proseguo o al termine della stessa gravidanza.
Quando si fa
Quando si può praticare l'Aborto Terapeutico?
L'esecuzione dell'aborto in Italia è regolamentato dalla legge 194/1978. Tale legge consente l'interruzione volontaria della gravidanza entro novanta giorni per motivazioni anche differenti dalla tutela della salute della donna (ad esempio, per ragioni economiche - quando la madre non è in grado di provvedere al sostentamento del nascituro - per ragioni sociali, per ragioni famigliari, ecc.). Dopo i novanta giorni di gestazione, invece, l'aborto è consentito solo se terapeutico.
In altri termini, l'aborto terapeutico può avvenire sia entro che dopo i primi novanta giorni, purché vi sia la presenza di gravi condizioni mediche che ne giustifichino l'esecuzione. Tali condizioni sono espressamente riportate nell'articolo 6 della legge 194 nel quale si afferma che l'aborto può essere praticato oltre il termine dei novanta giorni solo se:
- Il proseguo della gravidanza e/o il parto costituiscono un grave ed effettivo pericolo per la vita della donna;
- È stata accertata la presenza di processi patologici - tra cui quelli relativi a rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro - in grado di determinare un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna.
Esempi pratici di casi in cui è possibile ricorrere all'Aborto Terapeutico
Per poter procedere all'esecuzione dell'aborto terapeutico, è necessario che le condizioni mediche gravi per le quali quest'atto rappresenta l'unica soluzione siano accertate da un medico.
Le principali condizioni mediche riguardanti la madre che possono portare all'esecuzione di un aborto terapeutico sono rappresentate da:
- Gravi patologie cardiovascolari;
- Gravi patologie renali;
- Alcuni tipi di tumore maligno, quali ad esempio il cancro al seno, il cancro della cervice, il linfoma, la leucemia, il melanoma, il cancro allo stomaco e ai polmoni, soprattutto se hanno metastatizzato raggiungendo la placenta e il feto.
Fra le gravi condizioni mediche che possono interessare il feto e indurre il medico ad optare per un aborto terapeutico, ritroviamo invece:
- I disordini e le anomalie cromosomiche;
- I difetti neurologici;
- Le malformazioni;
- I disordini metabolici.
Infine, si segnala che l'aborto terapeutico può essere praticato anche in presenza di gravidanze multifetali che possono provocare la morte o lo sviluppo ritardato dei feti.
Procedura
Come si esegue l'Aborto Terapeutico?
La procedura per l'aborto terapeutico - soprattutto quando questo deve essere praticato oltre i novanta giorni di gestazione - prevede che siano eseguite apposite indagini mediche al fine di determinare se sussistono i criteri per procedere con l'interruzione della gravidanza.
Una volta che il medico ha acconsentito all'esecuzione dell'aborto, questo può essere eseguito mediante trattamento farmacologico oppure mediante trattamento chirurgico. Benché anche la donna possa avere voce in capitolo nella scelta del metodo con cui interrompere la gravidanza (quando possibile, alcune donne preferiscono ricorrere all'aborto farmacologico, mentre altre preferiscono la procedura chirurgica), il ricorso a un tipo di trattamento piuttosto di un altro dipende da una serie di diversi fattori, quali:
- Lo stato di avanzamento della gravidanza;
- La presenza di controindicazioni all'esecuzione di un determinato tipo di aborto, farmacologico o chirurgico che sia;
- La presenza di allergie a uno o più dei farmaci che devono essere somministrati durante la procedura per l'interruzione della gravidanza (anestetici per il trattamento chirurgico, abortivi e analoghi prostaglandinici per l'aborto farmacologico).
Il compito del medico, perciò - dopo aver confermato la presenza di condizioni per le quali è necessario intervenire con l'aborto terapeutico - è quello di escludere la presenza di eventuali controindicazioni all'esecuzione del trattamento farmacologico piuttosto del trattamento chirurgico e viceversa, tenendo conto, allo stesso tempo, delle esigenze della paziente.
Chiaramente, il discorso cambia nel caso in cui dovesse presentarsi un'urgenza e la vita della paziente si trovasse in uno stato di imminente pericolo. In una simile situazione, difatti, sarà il medico a decidere il da farsi, procedendo con il ricovero ospedaliero e mettendo in pratica la procedura che più ritiene idonea per salvaguardare la vita della propria paziente.
Aborto terapeutico di tipo farmacologico
L'aborto terapeutico di tipo farmacologico prevede che l'interruzione della gravidanza venga effettuata attraverso la somministrazione di specifici farmaci.
Trattandosi di un aborto farmacologico a tutti gli effetti esso viene di norma eseguito entro le prime 7-9 settimane, calcolate a partire dal primo giorno dell'ultimo ciclo mestruale. Se la gravidanza è ad uno stadio più avanzato, solitamente si procede con il trattamento chirurgico. Ad ogni modo, la scelta della modalità con cui interrompere la gravidanza dipende da diversi fattori e sarà discussa con il medico.
L'aborto terapeutico di tipo farmacologico effettuato entro le prime 7-9 settimane prevede la somministrazione di:
- Un farmaco abortivo, ossia della cosiddetta pillola abortiva, RU486, contenente il principio attivo mifepristone. Questo principio attivo contrasta l'azione del progesterone - fondamentale nelle prime fasi della gravidanza - e provoca il distacco del sacco embrionale.
- Un analogo prostaglandinico. Generalmente, si utilizza il misoprostolo, ma si può ricorrere anche alla somministrazione del gemeprost. Questo farmaco viene somministrato 36-48 ore dopo il farmaco abortivo e ha il compito di indurre le contrazioni per consentire l'espulsione del contenuto dell'utero.
Aborto terapeutico di tipo chirurgico
Quando la gravidanza si trova ad uno stadio tale da non permettere il ricorso alla pillola abortiva, oppure quando l'aborto farmacologico non può essere praticato per altri motivi (presenza di allergie o controindicazioni all'uso dei farmaci necessari), è possibile ricorrere alla chirurgia e al cosiddetto svuotamento strumentale dell'utero. Più nel dettaglio, le metodiche utilizzate sono l'aspirazione (o isterosuzione) che può essere seguita o meno da un raschiamento, e il solo raschiamento (procedimento anche noto come "revisione di cavità uterina").
Entrambi questi trattamenti chirurgici possono essere effettuati in day hospital; il ricovero, solitamente, viene fatto solo in presenza di complicanze o condizioni della donna particolarmente gravi. L'anestesia può essere locale o generale, a seconda dei casi.
Dopo aver dilatato la cervice mediante l'utilizzo di appositi strumenti, oppure attraverso la somministrazione di farmaci idonei (come analoghi prostaglandicinici, ma in alcuni casi si può ricorrere anche alla somministrazione di mifepristone), è possibile procedere con l'intervento.
Se si pratica l'aspirazione, l'aborto terapeutico viene effettuato aspirando il contenuto dell'utero attraverso un'apposita cannula. Il raschiamento, invece, prevede l'utilizzo di uno specifico strumento tagliente a forma di cucchiaio noto come "curette" o "curetta", grazie al quale è possibile raschiare delicatamente il rivestimento dell'utero al fine di rimuovere il prodotto del concepimento.
Per approfondire: Aborto Chirurgico: quando si fa e come funzionaIndipendentemente dal tipo di aborto terapeutico effettuato - farmacologico o chirurgico - l'esito viene confermato 14-15 giorni dopo il trattamento mediante l'esecuzione di un'ecografia e/o specifiche analisi del sangue.
Effetti collaterali
Gli effetti collaterali che si possono manifestare in seguito ad un aborto terapeutico possono variare in funzione di svariati fattori, quali le gravi condizioni mediche che hanno reso necessaria l'esecuzione dell'aborto, il tipo di trattamento effettuato per interrompere la gravidanza, la tipologia di farmaci somministrati e così via.
Effetti collaterali dell'aborto terapeutico farmacologico
I principali effetti collaterali che possono manifestarsi in seguito ad aborto terapeutico di tipo farmacologico sono riconducibili perlopiù ai farmaci somministrati per effettuarlo. Fra questi, ricordiamo:
- Dolore;
- Nausea, vomito e diarrea;
- Sanguinamento vaginale che, in alcuni casi, può persistere anche per diversi giorni dopo il trattamento;
- Mal di testa;
- Crampi gastroenterici.
Effetti collaterali dell'aborto terapeutico chirurgico
Fra gli effetti collaterali derivanti dall'esecuzione di un aborto terapeutico di tipo chirurgico ritroviamo senz'ombra di dubbio il dolore - la cui intensità può essere differente da donna a donna - e le leggere perdite di sangue che potrebbero perdurare per 4-5 giorni dopo l'intervento.
Da non dimenticare, inoltre, i possibili effetti collaterali dovuti ad un'eventuale anestesia generale, fra cui ricordiamo i più comuni: nausea, vomito e sonnolenza.
Complicazioni
Possibili complicazioni dell'Aborto Terapeutico
Le principali complicazioni che potrebbero manifestarsi in seguito ad un aborto terapeutico consistono in:
- Metrite;
- Malattia infiammatoria pelvica;
- Infezioni (insorgono con maggior probabilità quando l'utero non è stato svuotato completamente, ma sono presenti dei residui).
Inoltre, l'aborto terapeutico chirurgico - soprattutto mediante raschiamento - se non eseguito in maniera corretta (ad esempio, asportazione di una porzione eccessiva di endometrio e induzione di danni e lesioni - inclusa la perforazione - dell'utero), può portare alla comparsa d'infertilità secondaria.
Nota Bene
Al fine di prevenire complicazioni, è molto importante che la paziente rispetti le indicazioni fornite dal medico circa i comportamenti da seguire dopo l'esecuzione dell'aborto terapeutico. Solitamente, si raccomanda alla donna di adottare un'accurata igiene intima e di evitare i rapporti sessuali per almeno quaranta giorni. Se così non fosse, è possibile andare incontro a vaginiti che - se trascurate - possono evolvere in malattia infiammatoria pelvica. Quest'ultima può, a sua volta, portare alla comparsa di gravi complicanze come l'infertilità.
Complicazioni psicologiche
Da non sottovalutare anche le possibili complicazioni psicologiche che un aborto - seppur terapeutico e necessario - può causare nella donna.
Una simile esperienza può, infatti, avere ripercussioni devastanti sulla psiche della paziente. Non è raro che essa sviluppi sensazioni e sentimenti estremamente negativi: sensi di colpa, frustrazione, senso di inadeguatezza e di incapacità nel proseguire la gravidanza, in particolare, quando questa è stata fortemente desiderata. In simili condizioni, il passo verso l'insorgenza di veri e propri disturbi psichiatrici, come depressione, tendenze suicide, stati ansiosi e psicosi, è veramente breve.
Per questo motivo, l'appoggio, la comprensione e il sostegno del partner, della famiglia e dello stesso personale sanitario risulta essere fondamentale quando una donna deve sottoporsi ad un aborto terapeutico. Se ciò non dovesse essere sufficiente, è bene rivolgersi a medici specialisti che saranno in grado di fornire alla paziente il supporto e le cure di cui necessita.
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