Intensità e tecniche di intensità nel bodybuilding

Intensità e tecniche di intensità nel bodybuilding
Ultima modifica 24.09.2024
INDICE
  1. Intensità nelle varie tipologie di sforzo
  2. Tecniche di intensità nel bodybuilding

L'intensità è un parametro fondamentale dell'allenamento che costituisce, assieme al volume e alla densità, il cosiddetto carico allenante.

L'intensità massima è l'erogazione del maggior sforzo possibile nell'unità di tempo; si tratta quindi di un concetto applicabile a qualsiasi tipo di sforzo fisico. Nel prossimo paragrafo entreremo meglio nel dettaglio.

Le tecniche di intensità sono note come tali in quanto aumentano significativamente l'affaticamento nell'unità di tempo. Consentono, in pratica, di aumentare l'impegno dell'esercizio. Di seguito vedremo quali sono le principali nel bodybuilding e come si applicano.

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Intensità nelle varie tipologie di sforzo

Maggiore è l'intensità di allenamento e superiore è il margine di miglioramento.

Nel contesto delle discipline di forza (powerlifting, bodybuilding ecc.), l'intensità si riferisce alla percentuale rispetto allo sforzo massimaleVengono definite "alte" le percentuali di intensità ≥ 85% 1RM (fino al 100).

Permettono di migliorare la forza e l'ipertrofia.

Nel contesto delle discipline resistenza (corsa, nuoto, ciclismo ecc.), l'intensità si riferisce ad un parametro di lavoro che può essere la soglia anaerobica o il massimo consumo di ossigeno. Nei soggetti già condizionati, vengono definite alte le percentuali di intensità che oltrepassano la soglia anaerobica (≥ 85% VO2max), con significativa produzione di acido lattico.

Permettono di migliorare la fitness cardiovascolare e respiratoria, il metabolismo cellulare aerobico e anaerobico lattacido.

Si definiscono ad alta intensità anche le metodiche di allenamento che prevedono di avvicinarsi costantemente ad un grado di affaticamento prossimo al cedimento (HIITHIT in generale, AMRAP ecc.). Di solito, hanno una base aerobica ridotta e si focalizzano sulla produzione, tolleranza e smaltimento dell'acido lattico.

Attenzione! L'intensità è sempre inversamente proporzionale al volume, ovvero alla "quantità".

Limiti dell'alta intensità

L'intensità è solo uno dei tre elementi che strutturano il carico globale, e l'importanza degli altri due (volume e densità) va molto in funzione della capacità atletica che si intende stimolare.

All'alta intensità si associa sempre una componente anaerobica importante; peraltro, essa richiede tempi di rigenerazione adeguatamente lunghi – il che si traduce in minor densità e minor volume.

Questo perchè ha un costo energetico molto elevato, tende ad esaurire i fosfageni muscolari e/o il glicogeno, spesso libera alte concentrazioni di acido lattico, stressa parecchio le strutture articolari, tendinee e muscolari, affatica molto il sistema nervoso centrale e necessita comunque un'alta soglia di concentrazione mentale – senza la quale possono aumentare le possibilità di infortunio.

Stando a quanto descritto, sembrerebbe che all'applicazione di alta intensità si associ necessariamente il cedimento muscolare. In realtà non è così; sotto capiremo meglio perché.

Nel pratico, volendo stimolare la forza massima nelle distensioni in panca piana, sarebbe inutile tentare di muovere ripetutamente 1RM; si riuscirebbe a farlo solo una o due volte, facendo risultare il volume insufficiente.

Stesso discorso per un maratoneta che intenda allenarsi costantemente sulla distanza di gara al massimo della velocità; non potrebbe allenarsi in maniera sufficientemente ravvicinata, rendendo il volume totale insufficiente.

Insomma, l'alta intensità è senz'altro una caratteristica fondamentale dell'allenamento, ma al tempo stesso deve consentire di mantenere un volume e una densità sufficienti.

Alta intensità: diverse interpretazioni

Per un fondista, l'intensità di allenamento è in funzione del massimo consumo di ossigeno o della soglia anaerobica; durante la routine, egli potrà valutare questo parametro mediante fattori di carico esterni (come la velocità, la durata, la distanza ecc.) oppure fattori di carico interni (soprattutto le pulsazioni cardiache o, nei test attitudinali, anche la concentrazione di lattato ematico o i gas ventilatori).

Per un crossfitter che intende allenare la forza resistente nel gesto del burpees in una durata di 3', l'intensità massimale corrisponderà al numero massimo di ripetizioni (rep) eseguibili in quella serie o round (set).

Tuttavia, nel resistance training con i sovraccarichi finalizzato allo sviluppo di forza ed ipertrofia muscolare, l'intensità di esercizio viene quasi sempre messa in relazione percentuale alla singola ripetizione massimale (%1RM).

A cosa serve la stima percentuale d'intensità?

Calcolare la percentuale d'intensità è semplicemente un modo per misurarla.

Poiché l'intensità è inversamente proporzionale al volume e alla densità, qualora non fosse possibile misurarla sarebbe altrettanto improbabile riuscire a programmare le fasi dell'allenamento e pianificarne i singoli workout.

Esistono anche apposite tabelle – più o meno accurate – che riassumono la relazione tra %RM e rep della stessa set. Poi va da sé che il recupero debba essere adeguato, così come il numero delle set e i tempi di tensione muscolare (TUT).

Queste relazioni i basano sulle massime rep eseguibili con una determinata percentuale di intensità, implicando il raggiungimento del cedimento muscolare concentrico. D'altro canto, è possibile adottare alte percentuali di intensità pur mantenendo una certa riserva di ripetizioni.

Tale sistema, chiamato a buffer, serve per limitare lo stress muscolare all'interno dell'allenamento. Poiché un alto grado di tensione muscolare può sviluppare la forza e l'ipertrofia anche indipendentemente dal cedimento muscolare, è possibile ottenere buoni risultati mantenendo alte le percentuali, riducendo il numero delle rep (lavorando quindi a buffer) ed eventualmente aumentando il numero di stimoli settimanali per lo stesso muscolo.

Tecniche di intensità nel bodybuilding

Nel bodybuilding, l'intensità e la sua modulazione sono esclusivamente legate all'espressione di forza e/o all'innalzamento dello stress muscolare (massimo al cedimento).

Il carico allenante può essere aumentato anche grazie ad alcune tecniche, che però agiscono non solo direttamente sull'intensità, ma anche indirettamente, influenzando al tempo stesso il volume e la densità dello stimolo – grazie ad altri parametri allenanti ad essi correlati.

Pre Stancaggio in Super Set

Il pre stancaggio in super set (muscoli agonisti) è una tecnica di allenamento che si basa sulla gestione dei muscoli più deboli e di quelli più forti implicati in un determinato movimento, al fine di rendere più efficacie e specifico lo stimolo allenante.

Negli esercizi multi articolari, che quindi interessano più distretti muscolari, accade di frequente che il limite di cedimento venga guadagnato prima dai muscoli più piccoli rispetto a quelli che invece vorremmo "pompare" di più.

Ad esempio, nel barbel row, concepito soprattutto per lo sviluppo della schiena, spesso l'incapacità di proseguire è data dall'impossibilità di flettere l'avambraccio piuttosto che di addurre e/o estendere l'omero.

In tal caso sceglieremo di pre stancare i grossi muscoli della schiena con un esercizio più gestibile in termini d'isolamento, come lo straight arm pull down, al quale assoceremo poi il multiarticolare.

Es.: straight arm pull down 4-5 rep in super set con barbel row 1 set x 5-6 rep.

Rest pause

In italiano "pausa di recupero", non va però interpretata come il classico recupero tra le set.

Essa consiste in un intertempo frapposto tra un numero predefinito di rep ed un altro; dopo tale pausa, che può essere di 5-10-15-20 o anche di 30 secondi, si andrà ad effettuare un altro numero di rep, per poi proseguire ancora con un'altra pausa e via dicendo, ripetendo questo schema per due, tre o quattro mini set.

Es.: 1° set 8-10 rep + 20" rest + max rep + 20" rest + max rep + 20" rep + max rep forzate.

Questa tecnica può essere applicata mantenedo il sovraccarico costante e lasciando che le rep diminuiscano spontaneamente, oppure riducendo il sovraccarico e cercando di mantenere un numero prestabilito di rep, oppure aumentando il recupero da 10 a 30'' cercando di mantenere invariate le rep e il sovraccarico dalla seconda all'ultima set ecc.

Stripping

Consiste nell'esecuzione di un numero di rep tali da arrivare al cedimento momentaneo, seguite dallo stesso numero di rep ma con un sovraccarico inferiore che permetta di effettuarle; il tutto per massimo 3 volte.

Si effettua con facilità alle macchino isotoniche. Es.: pressa orizzontale 6 rep con 200 kg, scaricare a 160 kg effettuando altre 6 rep, scaricare a 120 kg effettuando altre 6 rep.

Ripetizioni negative pressate o total deplection

Per meglio comprendere la finalità di tale tecnica, è importante sottolineare come ogni gruppo muscolare durante la sua esercitazione, al termine della serie, raggiunto l'esaurimento momentaneo, ottenga soltanto un cedimento concentrico o meglio contrattile, ma non quello eccentrico.

In termini più semplici il muscolo durante una set si stanca prima nella fase positiva dell'esercizio che in quella negativa, poiché esso è più forte e resistente in questa fase allenante, quindi per eguagliare lo sforzo occorrerebbe una macchina che aumenti il carico durante la fase negativa dell'esercizio del 20-30%, per poi riportarlo a quello di partenza in quella positiva.

Pertanto la tecnica delle ripetizioni negative pressate ha come obiettivo quello di raggiungere la totale deplezione energetica attraverso il cedimento di entrambe le fasi allenanti.

Non esistono al momento macchine progettate per le ripetizioni total deplection, poiché richiedono una complessa realizzazione meccanica ed avrebbero dei costi proibitivi. Si può comunque ricorrere a tale utilissima tecnica con l'aiuto di uno spotter che presserà il carico nella fase negativa dell'esercizio; inutile dire che la sua esperienza in merito sarà fondamentale.

Es.: in una 1 set da 8 rep con 80 kg eseguire autonomamente la fase concentrica delle rep e farsi dare delle spinte durante la fase negativa.

Ripetizioni negative

Consiste nell'esecuzione della sola fase negativa dell'esercizio, facendosi aiutare da uno spotter nella fase positiva, poiché il sovraccarico sarà molto più alto della capacità concentrica.

Es.: aumentare il sovraccarico del 20% rispetto alle proprie capacità. Il partner aiuterà nella fase concentrica, mentre si dovrà controllare attivamente solo la fase di ridiscesa, mantenendo in ogni rep un TUT molto elevato.

Ripetizioni forzate

Consiste nell'effettuare in perfetto stile e controllo il numero massimo di rep, facendo subentrare lo spotter al momento del cedimento concentrico, in modo da poter eseguire al massimo 1-2 rep in più. Anche in tal caso, è fondamentale ricevere dal partner il giusto aiuto.

Peak contraction

Consiste nel mantenere isometricamente un carico per alcuni secondi nella fase positiva, al termine di una set portata comunque al cedimento.

Ripetizioni parziali o mezzi colpi

È utile soprattutto in assenza di uno spotter.

Alla fine di una set, giunti al cedimento, eseguire qualche ripetizione parziale al fine di esaurire con maggior efficacia le riserve energetiche.

Super slow

Il sistema delle ripetizioni super slow è utilissimo per massimizzare lo stress dell'una o l'altra fase performante dell'esercizio modificando il tempo esecutivo.

In parole povere, richiede di aumentare i TUT sia in fase concentrica che eccentrica; spesso si associa all'instaurazione di pause isometriche.

Autore

Dott. Riccardo Borgacci

Dott. Riccardo Borgacci

Dietista e Scienziato Motorio
Laureato in Scienze motorie e in Dietistica, esercita in libera professione attività di tipo ambulatoriale come dietista e personal trainer