Articolo a cura di Giuseppe Mingrone
Quando un atleta ha tutte le caratteristiche per andare avanti e non sfonda, da cosa dipende? Molti si "siedono", si demotivano. Una delle determinanti può essere la resilienza, cioè la capacità di fronteggiare gli ostacoli.
Essere motivati non è una condizione eccezionale, è una condizione normale.
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"La nostra più grande paura non è quella di essere inadeguati, la nostra più grande paura è quella di essere potenti al di là di ogni misura, è la nostra luce non la nostra oscurità che più ci spaventa. Agire da piccolo uomo non aiuta il mondo, non c'è nulla di illuminante nel rinchiudersi in sé stessi così che le persone intorno a noi si sentiranno insicure. Noi siamo nati per rendere manifesta la gloria che c'è dentro di noi, non è solo in alcuni di noi è in tutti noi; se noi lasciamo la nostra luce splendere inconsciamente diamo alle altre persone il permesso di fare lo stesso, appena ci liberiamo dalla nostra paura, la nostra presenza automaticamente libera gli altri"
Il termine resilienza nasce nel campo ingegneristico, dove viene utilizzato per denotare la capacità di un metallo di reggere una pressione.
Questo termine è stato trasferito nelle scienze umane una trentina di anni fa da autori francesi.
La resilienza fa parte del campo motivazionale, è una qualità della motivazione.
La qualità della motivazione fa la differenza tra chi smette e chi continua, chi fallisce e chi raggiunge gli obiettivi.
Chi ha vissuto esperienze tremende (violenze sessuali, perdita dei genitori, ecc.), e riesce a metabolizzare quanto accaduto, di solito compie imprese eccezionali.
Possiamo definire la resilienza come:
capacità di rimanere motivati di fronte a ostacoli e difficoltà che si incontrano nel perseguimento di un obiettivo.
Ci sono atleti che, nonostante infortuni, stalli e disaccordi con la propria equipe, riescono ad andare avanti. La capacità di fronteggiare questi fattori è determinantie
"Il successo è l'abilità di passare da un insuccesso all'altro senza perdere l'entusiasmo" - Winston Churchill
Non motivare, ma assistere
Incentivazione e coazione sono fattori motivazionali estrinseci; questi modelli hanno dei grossi limiti: Hanno durata limitata nel tempo, l'interessato non si impegna per raggiungere l'obiettivo, ma per raggiungere la motivazione.
Il cervello umano è in grado di automotivarsi e non ha bisogno di ricorrere a fonti motivazionali esterne. L'uomo è l'animale con la motivazione più potente che esista.
La vera motivazione è intrinseca ed è generata da piacere e divertimento. L'impegno crea senso di competenza ed è ricompensato da piacere e divertimento (enjoyment).
Un buon trainer dovrebbe percepire i bisogni del suo assistito - raramente l'assistito esterna subito ciò che realmente desidera - dopo pochi minuti di conversazione nel primo incontro.
Stimoli sensoriali per l'interazione con l'ambiente
Ti è mai capitato di goderti la pioggia che ti bagna durante un bagno al mare o nella tua sessione di jogging?
Spesso i motociclisti corrono con la visiera del casco aperta per sentire meglio il vento in faccia e il rombo del motore, Ti sei mai chiesto perché?
Esperimenti sulla deprivazione sensoriale (http://it.wikipedia.org).
Quando i soggetti degli studi venivano immessi in delle vasche di deprivazione sensoriale - insonorizzate, assenza di luce, acqua alla stessa temperatura del corpo - resistevano al massimo qualche ora prima di avere allucinazioni, ansia e depressione. In mancanza di stimoli (connessioni sensoriali), la mentre crea la realtà in modo automatico.
I cuccioli giocano, gli animali adulti non giocano. Gli uomini giocano tutta la vita. I comportamenti ludici sono legati alle specie non specializzate. Gli animali altamente specializzati non giocano nemmeno da piccoli (es. uccello che vive in una determinata zona e si nutre di quel preciso insetto che vive in una specifica zona). Gli animali generalisti giocano molto. Giocare è un modo per creare connessioni con il cervello. Gli animali si adattano giocando nell'ambiente.
L'uomo nasce senza connessioni con l'ambiente esterno. Gli anni dell'infanzia sono dedicati all'apprendimento. Nascere in un ambiente dipendente è una limitazione. L'uomo va nel mare, nello spazio e in tutti gli ambienti.
Ricerchiamo connessioni sensoriali per solleticare la nostra mente e provocare un senso di piacere
Stimolando il circuito vizioso piacere e divertimento si posso compiere grandi imprese.
Cercare la dimensione di piacere nella propria attività sportiva e rendersi conto che tutti abbiamo gli strumenti per innescare questo circolo virtuoso (impegno, competenza, piacere e divertimento).
Generalmente, la mancata familiarità con la fatica frena il potenziale di un atleta ancora prima che abbia raggiunto i suoi limiti. Un buon allenatore non dovrebbe mai minimizzare la fatica: "che vuoi che sia". Minimizzare significa demotivare.
Ognuno di noi ha un suo modello di interpretazione sensoriale: I fratelli Gross, vincitori della gara di Trail running più lunga del mondo a Tor des Géants, avevano un paradigma di fatica ereditato dal padre, che percorreva 60 km tutti i giorni a piedi trasportando un carrello molto pesante per recarsi sul luogo di lavoro e vendere i prodotti da lui trasportati. I fratelli Ulrich e Annemarie, hanno una percezione della fatica diversa dalla maggior parte delle persone.
Capire cosa gli assistiti ritengono accettabile è importante, poiché la fatica deve essere personalizzata. Si tratta di mediazione cognitiva e influenza culturale.
Resistenza e successo
Walter Mischel, ha analizzato il comportamento di 200 bambini della scuola statunitense (www.ilsole24ore.com). I bambini, uno per volta, soli, venivano fatti entrare in una stanza, con dentro solo i marshmallow. Veniva chiesto al bambino di attendere qualche istante da solo nella stanza, prima di poter consumare un marshmallow. La stanza era ripresa da una telecamera nascosta. W. Mischel ha stilato una graduatoria a seconda della forza di volontà e ha seguito i bambini durante la loro crescita.
Ha studiato la correlazione tra risultato nello studio e l'incidenza con la resistenza alle tentazioni.
Chi è capace di resistere alle tentazioni ha risultati scolastici maggiori e una più brillante crescita nel lavoro (in base ai guadagni). Quelli che resistevano alle tentazioni guadagnano di più.
Dopo 20 anni ha sottoposto ad analisi computerizzate il cervello e ha notato la correlazione tra resilienza e attivazione delle aree celebrali.
Resistere a una tentazione comporta un grande consumo di glucosio.
Quando si vede un cibo ipercalorico, buono, l'istinto di mangiarlo è forte: sono le aree frontali del cervello che consumano glucosio per inibire la voglia di mangiare.
Autoefficacia
La percezione delle fatica è determinata dalle aree che sviluppano adattamenti specifici all'attività fisica prolungata. Chi corre la maratona ha sviluppato adattamenti non solo fisici, ma anche celebrali.
Il trainer dovrebbe lavorare sull'autoefficacia per motivare i suoi assistiti; chi ha un basso senso di autoefficacia si sente incompetente, si impegna poco e non si diverte.
Per migliorare il senso di autoefficacia, lavorare sugli obiettivi tarati in base alla possibilità del soggetto. Devono essere raggiungibili, ma sfidanti. Per sfidante si intende qualcosa di raggiungibile, ma non senza sforzo.
Manutenzione della relazione
Non standardizzare il rapporto (non si può prescindere da che tipo di persona si ha di fronte. Soggetti introversi ed estroversi, vanno trattati in modo diverso).
La comunicazione a distanza crea distorsioni, abbiamo strutture celebrali, i neuroni specchio, quindi la comunicazione non verbale è importantissima.
Fattori che influenzano l'emotività.
Far sentire capaci
Effetto Pigmalione o profezia che si autorealizza (http://it.wikipedia.org/). Influenzare gli altri.
I soggetti di un esperimento dovevano passare dalla scuola media alla superiore e uno staff di psicologi fece test a tappeto a tutti questi individui, studiandone profitto e capacità. Divisero gli esaminati in due gruppi: asini e futuri geni. I professori delle superiori, però, furono invitati a considerare i ragazzi invertendo i risultati, i geni passavano per asini e viceversa. Dopo un anno l'equipe prese gli stessi ragazzi e ripetè i tests di profitto; la sorpresa fu che il comportamento degli insegnanti spostò i risultati: quelli che prima erano asini, grazie al fatto di essere considerati come geni, migliorano tantissimo.
Da questo ne deduciamo che le prestazioni delle persone sono influenzate dalle aspettative. "Se ti faccio sentire capace, sali".
Lasciare autonomia: Essere troppo descrittivi, demotiva. (Non siate troppo didattici: extrarota meglio il femore, fletti la coscia ed effettua un inspirazione...).