
Introduzione
Quante volte abbiamo sentito dire: "l'esercizio migliore per le gambe è lo squat", oppure "l'esercizio migliore per il petto è la bench press", o ancora "l'esercizio migliore per la schiena è il barbell row".

In realtà non è così. Si tratta di un'imprecisione bella e buona poiché, per quanto possano essere "potenzialmente efficaci", possono risultare inadatti ad una determinata circostanza o ad un certo organismo.
Procediamo.
Cosa Significa
Esiste realmente un esercizio migliore di un altro?
In termini assoluti, non esiste alcun "miglior esercizio".
Esiste invece un gruppo di esecuzioni, i ben noti "fondamentali", che presenta vantaggi e benefici rispetto agli altri.
Invece, è possibile fare riferimento ad un esercizio più adatto, quindi rispettoso della soggettività e dell'obbiettivo, di un altro; ma i due non coincidono necessariamente.
Certo, alcuni sport sono incentrati sulla performance di specifiche tipologie di esecuzione; inutile dire che, per tali discipline, certi esercizi sono di primaria importanza.
Se tuttavia parliamo di bodybuilding o di preparazione atletica generale, il discorso cambia radicalmente. Non esistono esercizi realmente insostituibili, ed è di questo che parleremo nei prossimi paragrafi.
Cosa Importa Realmente
L’aspetto più importante non riguarda lo specifico esercizio
L'aspetto più importante per l'efficacia e la sicurezza dell'allenamento è la personalizzazione.
La personalizzazione ha un ruolo cruciale nella programmazione e pianificazione dei cicli allenanti, anche se tale approccio è indirizzato ad un pubblico di sportivi avanzati che potremmo definire "ristretto".
Questa filosofia può tuttavia essere riportata anche in ambito amatoriale o con obiettivi, per così dire, non elevati come quelli di un atleta sotto il profilo prestativo o venatorio. Ciò che conta però, è che la forma dei protocolli sia "adatta".
Attenzione però, non significa che obiettivi apparentemente più "banali", come la ricerca di un maggior benessere globale, siano più facili da raggiungere; acciacchi articolari, sovrappeso e dismetabolismi, in particolare quando coesistenti, rendono la costruzione del protocollo allenante "praticabile" e di successo tutt'altro che scontata.
Troppo spesso però, si propongono esercizi inadeguati o diete impraticabili a persone che non sono in grado – per ragioni fisiche o psicologiche – di portarli a termine, contribuendo al fallimento e alla cronicizzazione del problema.
Sostituire un Esercizio Importante
Quando e come sostituire un esercizio importante?
Nulla più di un esempio ben fatto potrebbe far passare questo concetto. Prendiamo in considerazione lo squat nel contesto allenante di un soggetto sedentario di mezza età.
Esempio dello squat libero: pure essendo l'esercizio migliore, non è detto che sia adatto a tutti!
Lo squat libero (con bilanciere e non al multipower) è per molti il "re degli esercizi", e certamente l'esecuzione principe per gli arti inferiori e per i glutei; vengono poi coinvolti massicciamente anche la schiena (bassa e profonda) e il core.
D'altro canto, il movimento dello squat richiede caratteristiche fisiche di un certo tipo, come buona mobilità delle caviglie, un bacino libero di ruotare, flessori ed estensori ben flessibili, una schiena dotata di tutte le sue curve fisiologiche e priva di dismorfismi gravi ecc.
Non è detto, sia per ragioni anatomo-funzionali innate, sia per una disfunzionalità acquisita, che il soggetto sedentario di mezza età riesca ad eseguirlo in maniera corretta fin da subito.
A questo punto abbiamo due strade:
- la prima è, dopo avere eseguito i relativi test funzionali, correggere – dove possibile, ovviamente – il difetto in questione con protocolli di flessibilità, mobilità e potenziamento selettivo; approcciandosi solo in un secondo momento allo squat, magari limitando il ROM (Range of Motion) nel punto critico;
- la seconda è, nel caso le problematiche non siano risolvibili, di sostituire lo squat con altre esecuzioni che possono comunque sviluppare la forza degli arti inferiori.
Non avrebbe mai senso, quindi, insistere fin da subito sull'esecuzione dello squat essenziale con carichi affaticanti. Il rischio sarebbe ovviamente di aggravare la condizione di salute anziché di migliorarla.
Esempio di pettorali flessibili
Di seguito presentiamo un esempio pratico di come, dopo un test di flessibilità per i muscoli pettorali (grande e piccolo), si debba organizzare un piano di allenamento per il torace prevedendo esercizi che rispettino la meccanica soggettiva.
Il soggetto, dopo essersi sdraiato su una panca orizzontale, deve aprire le braccia (a croce, per intenderci) e lasciare che cadano naturalmente; in condizioni di ottima flessibilità dei muscoli del torace, gli arti superiori dovrebbero andare oltre la linea del corpo, consentendo all'omero di effettuare la massima escursione nell'abduzione sul piano trasversale.
Bisognerà controllare inoltre la flessibilità della spalla sul piano sagittale e frontale, quindi occorreranno altri test.
Ritornando ai pettorali, abbiamo visto che in questo caso il soggetto può eseguire senza problemi esercizi come le distensioni e le croci ecc.
Esempio di pettorali non completamente flessibili
Se invece il soggetto non ha un'elasticità tale da permettere un ROM soddisfacente (come invece nel caso sopra), saranno da evitare o limitare quegli esercizi che portano l'omero troppo indietro rispetto al torace.
Sarebbe opportuno praticare delle croci ai cavi, con ROM limitato, evitando un eventuale compenso a livello vertebrale ed eccessiva compressione intra-scapolare.
Non è assolutamente una buona idea far praticare un esercizio come le distensioni con i manubri, che danno un elevato stiramento ai muscoli in questione, ma piuttosto con il bilanciere, usando dei fermi al rack o uno spessore sul torace come riferimento per lo stop anticipato.
In ogni caso, parallelamente l'obiettivo sarà quello di aumentare la flessibilità dei muscoli pettorali nonché l'intera catena della spalla e del braccio.
Esempio di pettorali rigidi
Una scarsa flessibilità muscolare compromette la corretta esecuzione di un movimento ad ampia escursione di abduzione dell'omero sul piano traverso e genera notevoli compensi.
In questo caso, prima di intraprendere esercizi di muscolazione per il torace è buona regola dedicare gran parte dell'allenamento al recupero della mobilità articolare della spalla che, se non recuperata almeno in percentuale, può portare scompensi anche a livello dell'articolazione o compromettere l'integrità di altre strutture connesse.
Impostando un programma di allenamento per questo distretto muscolare si deve limitare quasi in ogni esercizio l'escursione di movimento.
Un esercizio che può essere svolto senza pericolo ne compensi a livello dorsale infra-scapolare sono le croci ai cavi, nelle quali i muscoli non vengono eccessivamente stirati e rispettano la biomeccanica del soggetto in questione.
Conclusioni
Negli esempi sopra menzionati abbiamo fatto cenno ai soli pettorali, ma ricordiamoci che un discorso sovrapponibile andrebbe fatto anche per la schiena, le spalle, gli ischiocrurali, i quadricipiti, i flessori dell'anca, la flessibilità del braccio, della cuffia dei rotatori, dell'anca ecc.
Non esiste, a conti fatti, un esercizio migliore di un altro in termini assoluti; ma semplicemente quello più adatto.
Come abbiamo visto negli esempi dello squat e delle distensioni con i manubri infatti, se alle persone con scarsa mobilità o elasticità avessero fatto eseguire gli esercizi senza alcun criterio cautelativo, probabilmente i soggetti sarebbero andati incontro ad infortuni di vario genere.