Carico di Lavoro: Cos’è e a Cosa Serve
Introduzione
Oggi, l'utenza sportiva è sempre più orientata al fitness e al wellness, piuttosto che alle discipline vere e proprie; ciò ha contribuito, purtroppo, a una riduzione media delle competenze tecniche.
Come vedremo di seguito, questa tendenza sta compromettendo sensibilmente la qualità del "training", ripercuotendosi da una parte sulla salute degli utenti, e dall'altra sui risultati dell'allenamento.
La prima conseguenza "centrale" del lavoro muscolare, sufficientemente intenso e prolungato, è l'aumento della frequenza cardiaca (Fc) e respiratoria. Questi due parametri, valutabili come numero di atti nell'unità di tempo – nel caso della Fc, si parla di battiti per minuto (bpm) – hanno pertanto una certa importanza nella valutazione del carico di lavoro svolto, nel monitoraggio di ciò che si sta svolgendo o nella previsione di quello che si dovrà svolgere.
Le pulsazioni del cuore, essendo indipendenti dal controllo volontario, hanno un'importanza cruciale nella gestione delle discipline di resistenza – soprattutto a base aerobica, anche se caratterizzate dalla produzione di alti livelli di acido lattico: corsa, ciclismo, canottaggio, walking, spinning, aerobica, step, zumba ecc.
In questo articolo parleremo proprio della frequenza cardiaca quale fattore cruciale nella gestione dell'allenamento – più precisamente del carico di lavoro – con particolare riferimento alla frequenza cardiaca massima (FcMax) e della sua importanza nei corsi fitness.
Carico di Lavoro
È convinzione diffusa che insegnare ed allenare a livelli amatoriali non richieda specificità di competenza tanto quanto invece può necessitare lo sport agonistico. Invece, un'alta professionalità è determinante soprattutto quando si ha a che fare con soggetti privi di esperienza; non dimentichiamo che, proprio per questa ragione, gli utenti si mettono nelle mani degli istruttori e dei personal trainer.
Cos’è il carico di lavoro?
Per la natura stessa che li caratterizza, i corsi tendono a "standardizzare" ogni lezione, penalizzando ovviamente l'alta specificità che invece dovrebbe avere un allenamento; ciò che rimane compromesso è il carico di lavoro.
Per carico si intende lo stimolo allenante vero e proprio, dato da:
Carico di lavoro = intensità + volume + (eventuale) densità
Modulazione
Anche se ignorandolo, tutti i trainer programmano le sessioni di allenamento con un "carico teorico". Poiché trattasi di un compromesso (o meglio dovrebbe) tra i vari livelli di preparazione dei corsisti, questo rimane puramente teorico e nell'applicativo non riflette il reale impatto che può avere sull'organismo.
D'altro canto ognuno dei tre fattori del carico può essere gestito in termini percentuali che, nella persona, dovrebbe fare riferimento alle capacità specifiche. Ecco perché lo stesso protocollo ha, nel pratico, un carico diverso a seconda del soggetto – talvolta, anche se stimato in maniera specifica, il carico effettivo può risultare differente.
Modulazione del carico di lavoro
All'interno di un corso qualsiasi, il concetto di modulazione del carico di lavoro rimane quindi fondamentale; la padronanza di queste nozioni quantifica, almeno in gran parte, le competenze, l'esperienza e le capacità di un valido istruttore.
Per quanto logico possa sembrare, il più delle volte è sconsigliabile proporre lo stesso lavoro a un veterano e a uno sconosciuto – che potrebbe essere un neofita – eppure rimane l'errore più frequente. Forse perché non sempre gli orari delle lezioni più adeguate si sovrappongono alle concrete disponibilità orarie dei corsisti.
Gestione Iniziale
È ormai intuibile da quanto detto finora che la gestione del carico di lavoro sia essenziale a mantenere elevata la qualità dell'allenamento; nelle primissime fasi però, questo non è così semplice.
Gestione iniziale del carico di lavoro su un neofita
In casi come questi, previa auspicabile consulenza tecnica, l'utente viene diretto alla lezione più vicina alle capacità soggettive, con l'accortezza di rispettare una serie di indicazioni e precauzioni che potremmo definire essenziali:
- Prima dell'inizio della lezione, nei confronti del nuovo arrivato, il trainer dovrebbe:
- rassicurarlo con una esaustiva presentazione e accoglierlo
- porgli con discrezione domande mirate a conoscere eventuali condizioni o patologie
- spiegargli che questo è un percorso da intraprendere con tutta cautela, offrendo la piena disponibilità.
- Durante la lezione:
- consigliargli parziali esecuzioni e, all'occorrenza, fermarsi per recuperare e idratarsi
- evitargli inizialmente l'utilizzo di sovraccarichi
- spiegargli che anche il ritmo musicale, se presente, è un "modulatore" del carico di lavoro e che in questa prima fase non è obbligatorio seguirla
- insegnargli ad auto monitorarsi rilevando la frequenza cardiaca a livello radiale o carotideo nei momenti salienti della lezione, per capire se il carico proposto è azzeccato, eccessivo o addirittura insufficiente.
Questo ultimo punto identifica il carico esterno e il carico interno.
Carico Esterno VS Carico Interno
Finora abbiamo parlato della grossa differenza tra il carico di lavoro ideale, ovvero quello programmato, e quello che realmente si impatta sull'organismo.
Alcuni definiscono impropriamente quest'ultimo come "percepito", anche se trattasi di un aggettivo dal significato leggermente diverso. Qui entra in gioco la psiche e la capacità di sopportazione, o attitudine allo sforzo. La sensibilità al carico interno può infatti essere diversa per tutti e nei diversi periodi dell'anno.
Quante volte si è sentito dire "questo allenamento non può essere proposto troppo a lungo"? Talvolta questo non dipende dalla capacità di supercompensazione dell'organismo, bensì dalla soglia di tolleranza o sensibilità.
Torniamo ora alla differenza del carico teorico e quello reale, che si definiscono più precisamente carico esterno e carico interno.
Carico di lavoro esterno e carico di lavoro interno
Il carico di lavoro esterno è quindi il programma di allenamento che viene somministrato dall'istruttore all'allievo (ad esempio 30 burpees o 5 variazioni di ritmo all'80% del VO2max nello spinning) e ipoteticamente eseguito alla perfezione da ogni socio, quindi idealmente uguale per tutti.
Il carico di lavoro interno invece, equivale alla reazione soggettiva corporea nei confronti del carico esterno, ad esempio la risposta cardiaca, che varia a seconda del livello di "forma" fisica (ad esempio 140 bpm di una persona allenata contro i 160 bpm di una meno condizionata).
È doveroso sottolineare che per una corretta valutazione del lavoro proposto, una difforme esecuzione degli esercizi o il non corretto monitoraggio della frequenza cardiaca, rendono meno veritiero il dato da noi ottenuto.
È lecito quindi pensare che non sempre è attuabile ciò che idealmente sarebbe corretto fare, l'esperienza lo insegna; tutto questo dovrebbe motivare un buon istruttore ad insegnare, educare e correggere il proprio allievo come meglio può, magari consigliandolo all'occorrenza anche all'acquisto di un semplice ma utilissimo cardiofrequenzimetro.
Per capire meglio come valutare il carico di lavoro interno leggere: Frequenza Cardiaca Massima: A Cosa Serve?