Selvaggina: Proprietà Nutrizionali e Cucina

Ultima modifica 14.04.2020

Cos'è la selvaggina?

Per selvaggina (o cacciagione) si intende qualsiasi animale cacciato a scopo alimentare; è anche il nome generico riservato alle prede catturate nella pratica della caccia sportiva.
SelvagginaLe specie animali che rientrano nel gruppo della selvaggina variano moltissimo a seconda della zona, e possono essere classificate in base alla dimensione e alla classe biologica.
La selvaggina si consuma prevalentemente come carne non lavorata, ma esistono moltissime preparazioni conservate, come: prosciutto di cervo, salame di cinghiale ecc.

Nutrizione

Caratteristiche nutrizionali della selvaggina

Le caratteristiche nutrizionali della selvaggina non possono essere riassunte in un'unica descrizione; questo perché le carni dei vari animali sono parecchio differenti tra loro e si accomunano soltanto per alcuni aspetti.

Selvaggina, purine e acido urico

Primo fra tutti il contenuto di purine; la selvaggina è, assieme alle frattaglie e a certi prodotti della pesca, un alimento estremamente purinoforo, cioè ricco di purine. Queste molecole, innocue per i soggetti sani, sono invece nocive per le persone che mostrano uno specifico difetto metabolico, noto come iperuricemia. Tale patologia cronica determina l'accumulo di acido urico nel sangue, quale catabolita fondamentale della degradazione delle purine. L'eccesso di acido urico è pressoché asintomatico, ma il suo accumulo, in particolare sotto forma di cristalli nelle articolazioni, può favorire la comparsa di attacchi gottosi (gotta).

La dieta contro l'iperuricemia è molto complessa e difficile da praticare; mantenendo un peso fisiologico e assumendo le terapie farmacologiche dedicate, la terapia nutrizionale a basso contenuto di purine è oggi molto più permissiva. Tuttavia, la selvaggina è ancora oggi considerata un alimento da evitare in caso di iperuricemia e gotta.

Nutrienti energetici della selvaggina

La selvaggina nostrana ha un apporto calorico variabile, tendenzialmente di media o bassa entità. I macronutrienti energetici più abbondanti sono le proteine, seguite dai lipidi; i carboidrati sono invece assenti.

I peptidi, ricchissimi di amminoacidi essenziali, sono ad alto valore biologico, mentre la natura dei grassi varia molto in base alla specie.

Colesterolo della selvaggina

Da segnalare l'abbondanza di colesterolo in molti tipi di selvaggina. Per limitarne la concentrazione può essere utile eliminare la pelle dei piccoli animali ed evitare di consumarne le frattaglie.

Vitamine e minerali della selvaggina

Le vitamine più abbondanti nella carne di selvaggina sono quelle del gruppo B; è particolarmente abbondante la niacina (PP), ma non deludono le concentrazioni di tiamina (B1), riboflavina (B2), piridossina (B6), biotina (H) e cobalamina (B12). Consumando anche alcune frattaglie della selvaggina, come il cuore, il fegato e i reni, si assumono alte concentrazioni di vitamina A (retinolo) e vitamina D (calciferolo).
In merito ai minerali, spiccano le concentrazioni di ferro, potassio, fosforo, magnesio e sodio.

Conclusioni

La selvaggina è, in generale, un insieme di alimenti che si presta alla dieta dei soggetti sani. Appartiene al I gruppo fondamentale degli alimenti e costituisce un'alternativa utile per sostituire la solita carne di pollo, tacchino, manzo e maiale. Va evitata solo in caso di iperuricemia e se ne sconsiglia l'uso frequente a chi soffre di ipercolesterolemia.

Non è ovviamente pertinente alle filosofie vegetariana e vegana, ma ha il vantaggio di essere priva di molecole potenzialmente oggetto di intolleranza alimentare (lattosio, glutine ecc); anche le forme allergiche sono molto rare.
La porzione media di selvaggina è la stessa della carne tradizionale, quindi circa 100 g.

Tipi

Selvaggina in Italia

In alcuni paesi, la selvaggina è classificata in base alle dimensioni e la pratica della caccia è giuridicamente suddivisa in caccia piccola (piccola selvaggina) e caccia grossa (grande selvaggina). In Italia si tende a suddividere la selvaggina in base alla classe biologica, ovvero mammiferi e uccelli; in altri continenti, rientrano nella selvaggina anche i rettili.

Nota: per correttezza specifichiamo che, concettualmente, anche i pesci catturati nella caccia subacquea (impropriamente detta pesca subacquea) dovrebbero rientrare nel gruppo della selvaggina; in lingua inglese, tutti i pesci catturati per hobby o sport vengono chiamati “game fish” (pesci selvaggina).


Fin da tempi antichi, in Italia, la selvaggina ha costituito una risorsa alimentare importantissima. Tuttavia, con il passare del tempo e la crescente sensibilizzazione nei confronti degli animali, la selvaggina ha progressivamente perso di valore alimentare e commerciale. Oggi, la caccia è quasi totalmente rimpiazzata dall'allevamento e la figura del cacciatore professionista è scomparsa.
La selvaggina italiana include specie quali:

Nota: in tempi di carestia, anche in Italia si è usato cacciare selvaggina dal valore gastronomico inferiore, come: istrice, tasso, volpe, gatto ecc.

Alimento

Caratteristiche alimentari della selvaggina

I vari prodotti raggruppati sotto il termine di selvaggina hanno caratteristiche differenti; per questo necessitano di lavorazioni e trattamenti specifici, che non possono essere considerati universalmente adeguati.
La selvaggina o cacciagione rappresenta anche la celeberrima categoria delle carni scure. Le differenze principali della selvaggina, rispetto alle carni bianche e rosse, sono:

  • Consistenza dura o elastica, e sapore ed aroma intensi, che possono richiedere un trattamento di frollatura e marinatura
  • Minor contenuto di grassi
  • Scarsa attinenza alle cotture rapide e maggior predisposizione a quelle lunghe
  • Livello igienico inferiore.

Igiene

Livello igienico della selvaggina

Batteri, virus e parassiti nella selvaggina

Molti valutano il consumo di selvaggina un vero e proprio toccasana; gli animali selvatici non vengono trattati farmacologicamente e mangiano solo ed esclusivamente cibi naturali. Tutto questo però non salvaguarda il consumatore da eventuali infestazioni parassitarie, infezioni batteriche, virali, e contaminazione da piombo.
Gli animali selvatici sono infatti costantemente sottoposti a queste patologie, alcune delle quali possono essere trasferite agli animali domestici o all'uomo. Quest'ultima circostanza impone sempre di cuocerne accuratamente la carne prima del consumo e di evitare gli alimenti di dubbia provenienza. Soprattutto bambini, anziani e donne incinte dovrebbero evitare i salumi caserecci, le bestie eviscerate malamente (ad esempio, animali investiti per strada) e carni troppo frollate (ricevute spesso in regalo).
La selvaggina può essere un veicolo potenziale di:

Contaminazione da piombo nella selvaggina

Non sotto forma di inquinante ambientale, bensì per colpa dei proiettili usati nella caccia, il piombo può contaminare la carne di selvaggina.
La preoccupazione che questo possa incidere sullo stato di salute umano è tale da spingere la “Norwegian Food Safety Authority” a sconsigliare il consumo di selvaggina in quantità superiori a una porzione ogni 30 giorni, soprattutto per le donne gravide e i bambini piccoli.

Macellazione della selvaggina

Gli animali di grosse dimensioni come i cervi, i daini e i cinghiali possono richiedere una parziale macellazione subito dopo l'uccisione, anche direttamente sul luogo della cattura. Rimuovere i visceri e i testicoli (nel caso di un esemplare maschio), ed eventualmente spellarlo e/o sezionarlo, offre diversi vantaggi; alcuni sono di tipo pratico, come il trasporto, altri di natura organolettica (migliorano il sapore e l'aroma della carne).

Frollatura della selvaggina

Tutta la selvaggina di taglia media o grande dovrebbe essere sottoposta a frollatura; sono esenti da questo trattamento solo i piccoli uccelli (ad esempio le quaglie).

La frollatura è un processo che permette di scolare tutto il sangue dalla carcassa, asciugare la carne e ammorbidirla. Il tempo di frollatura varia in base alla condizione della carcassa (con o senza pelliccia, sezionata o intera, età e sesso dell'animale ecc), al luogo di frollatura e all'eventuale applicazione di marinatura, ma si tratta di un argomento troppo ampio e complesso per poterlo descrivere in poche righe.

Nota: per garantire una frollatura ottimale a temperature non molto basse, nella selvaggina da pelo che lo consente (eviscerata ma intera) può essere molto utile conservare la pelliccia. Se invece si ha la possibilità di collocare l'animale in cella frigorifera, questo accorgimento non è necessario.
Selvaggina da pelo e da penna vengono frollate diversamente. Quella da penna, come i fagiani (soprattutto maschi), richiede di essere eviscerata e spennata, NON andrebbe mai sezionata e dovrebbe essere appesa per il collo (tempo massimo 3-4 giorni). Al contrario, la selvaggina da pelo (sia con pelliccia che senza, sia intera che sezionata – con temperature variabili) è preferibilmente appesa dagli arti posteriori. I piccoli esemplari, come la lepre e i conigli selvatici, possono richiedere anche solo un paio di giorni, mentre i grossi animali non dovrebbero essere frollati per meno di una settimana.

Nota: la frollatura della carne può anche essere effettuata per congelamento. Questa offre il vantaggio di un minor scarto (carni prive di pelliccia), ma ha la controindicazione di richiedere tempi molto lunghi (un cinghiale può essere frollato in congelatore anche per 6-12 mesi).

Marinatura della selvaggina

La marinatura, talvolta erroneamente confusa con la frollatura, è una procedura che ha la funzione di eliminare gli odori sgradevoli della selvaggina. Attenzione però, con questo non si intende “cambiare il sapore della carne”, bensì annullare quelle molecole (più abbondanti negli esemplari adulti o vecchi, soprattutto di sesso maschile) che tendono a sovrastare i pregi organolettici della carne stessa. Inoltre, la marinatura ha il vantaggio di trasferire certi odori e condimenti più in profondità nei tessuti di quanto avviene insaporendo la selvaggina solo in cottura.
Alcuni ingredienti tipici delle marinature sono: olio extravergine di oliva, sale, zucchero o miele, vino (prevalentemente rosso), alloro (foglie o bacche), bacche di ginepro, rosmarino, timo, origano, scorza e succo di limone, pepe nero, aglio, cipolla, sedano, carote ecc.


Autore

Riccardo Borgacci

Riccardo Borgacci

Dietista e Scienziato Motorio
Laureato in Scienze motorie e in Dietistica, esercita in libera professione attività di tipo ambulatoriale come dietista e personal trainer