Sale, Sodio ed Ipertensione
Ultima modifica 18.07.2019

Ipertensione

L'ipertensione arteriosa rappresenta una delle patologie metaboliche più diffuse, tanto da raggiungere una prevalenza del 20% (10.000.000 di persone) sulla popolazione generale italiana.

Sale, Sodio Alimenti IpertensioneL'ipertensione è un disturbo perlopiù asintomatico, pertanto la diagnosi è generalmente occasionale; a causa della ridotta tolleranza verso la terapia dietetica, solo 1/4 dei malati ipertesi riesce a mantenere i livelli pressori nei limiti di buona salute.
Pare che l'ipertensione sia un disturbo prevalentemente multifattoriale la cui diagnosi può essere confermata dalla costanza di livelli pressori superiori alla norma, nello specifico maggiori di:

  • 90 mmHg di pressione minima, quindi diastolica (più insidiosa e pericolosa!)
  • 140 mmHg di pressione massima, quindi sistolica

L'ipertensione può anche essere classificata come ipertensione essenziale o primaria ed ipertensione secondaria; la prima forma consiste nell'alterazione patologica propria, della quale sono note le variabili aggravanti ma ancora poco chiari tutti i meccanismi di regolazione. L'ipertensione secondaria deriva invece da altre patologie di grave entità come disturbi renali o cardiaci (solo 5% dei casi).
E' possibile definire l'ipertensione come una condizione potenzialmente ingravescente con l'avanzare dell'età ma facilmente (a livello teorico) migliorabile tramite

specifici accorgimenti dietetici (terapia iposodica)

aumento dell'attività motoria

riduzione dell'eventuale sovrappeso

ed al limite adozione di una specifica terapia farmacologica.

Sodio negli alimenti

L'apporto di sodio viene comunemente scisso in due categorie:

  • DISCREZIONALE: aggiunto con la preparazione culinaria e/o a tavola (ad esempio tramite l'aggiunta di sale da cucina)
  • NON DISCREZIONALE: già presente negli alimenti prima della lavorazione casalinga o del consumo finale

Personalmente, preferisco valutare il sodio come NATURALMENTE presente ed AGGIUNTO, in quanto non ha tanta importanza chi o perché ha svolto l'integrazione di sodio ai cibi (se l'industria per la preparazione dei conservati o il commensale), quanto il fatto che questo sodio NON dovrebbe COMUNQUE essere aggiunto! Anche perché a dire il vero, nelle linee guida per la prevenzione e la cura dell'ipertensione è consigliata l'abolizione sia degli alimenti acquistati già salati (insaccati, carni salate, pesci salati, formaggi stagionati, prodotti inscatolati e soprattutto quelli conservati in salamoia ecc) che l'aggiunta casalinga di sale da cucina.
In ogni caso, pare che la porzione discrezionale del sodio introdotto con l'alimentazione rappresenti circa il 36% dell'assunzione totale in Italia, mentre nelle zone rurali o comunque legate alla tradizione si osserva un'ulteriore incremento del 10% grazie alle conserve CASALINGHE. Ciò che invece lascia sbalorditi è che:

  • il sodio naturalmente presente negli alimenti rappresenta solamente il 10% dell'apporto complessivo.

Quel che resta (55% circa) deriva dall'aggiunta personale a tavola e dal consumo di cibi industriali o comunque già preparati (insaccati, formaggi, inscatolati ecc., che contengono molto sale da cucina ma anche una minor parte [10%] di altri esaltatori di sapidità come il glutammato di sodio o il bicarbonato di sodio).
In base ad un'analisi alimentare su larga scala, è emerso che la stragrande maggioranza del sodio non discrezionale deriva dai derivati dei cereali (pane e prodotti da forno), seguiti dalla carne-pesce-uova, poi i derivati del latte ecc. In realtà (a parer mio) questa stima è solo parzialmente condivisibile poiché NON risulta ponderata e subisce moltissimo l'importanza delle frequenze di consumo. I derivati dei cereali, in Italia, sono il gruppo di alimenti maggiormente consumati, pertanto logicamente apportano maggiori quantità di sale da cucina; in questo caso parrebbe altresì utile l'utilizzo di pane (o derivati) non addizionati con sale da cucina.
Ogni giorno, mediamente un adulto italiano ingerisce circa 10g di sale da cucina.

Vedi anche:

Sale da cucina ed educazione alimentare

Al fine di prevenire l'insorgenza dell'ipertensione è logico che si consigli di ridurre drasticamente l'uso di sale discrezionale e quello di alimenti artefatti contenenti sale da cucina. Tuttavia, in clinica, la terapia iposodica risulta spesso fallimentare a causa dell'insostenibilità organolettica delle preparazioni culinarie; gli ipertesi risultano refrattari ai cibi insipidi, pertanto la compliance terapica ne risente pesantemente. Ne risulta che, spessissimo, una terapia farmacologica contro l'ipertensione và a sostituirsi ad una sana e corretta alimentazione determinando uno spreco di denaro pubblico sanitario.

Di chi è la colpa?

Certamente lungi da me creare un capro espiatorio che sollevi dalle proprie responsabilità il consumatore finale, anzi! In quanto professionista della salute posso affermare che i farmaci contro l'ipertensione NON dovrebbero essere mutuabili (se non in rarissimi casi). L'ipertensione è una patologia che in altri paesi del mondo, dove NON si coltiva l'abitudine a mangiar salato, appare una condizione più unica che rara (vedi epidemiologia del Giappone); inoltre, la peggior aggravante dell'ipertensione è il sovrappeso (altra condizione estremamente dipendente dalle abitudini personali e dallo stile di vita). Perché convogliare energia e risorse per mantenere i vizzi ed i vezzi di soggetti che per pigrizia o poca volontà non si impegnano nella cura? Diverso è il discorso in caso di alcune rare situazioni in cui si identifica una GRAVE predisposizione genetica all'ipertensione, una sindrome psichiatrica conclamata o una forma si ipertensione secondaria; in tal caso, l'intervento sanitario pubblico sarebbe quantomeno giustificato ed auspicabile.
Tuttavia, non è nemmeno possibile sollevare da ogni responsabilità le istituzioni pubbliche. Per quanto possano apparire impegnate nella prevenzione e nella divulgazione delle corrette abitudini, anch'esse ignorano alcune delle reali cause primarie di questa patologia metabolica. Durante la vita, il momento in cui le persone familiarizzano e si "attaccano" morbosamente al gusto salato (così come a quello dolce ed all'alcol) è l'infanzia; per quanto i genitori possano sforzarsi di ridurre il sale da cucina nei pasti casalinghi, sia i bambini che gli adolescenti vengono inevitabilmente "rovinati" altrove.
E' certamente il caso della ristorazione collettiva nella quale, ahimè, quando si tratta di interessi, si tiene ben poco conto della salubrità alimentare (vedi fast-food); ma porrei l'attenzione anche (e soprattutto) sulla distribuzione automatizzata degli snack all'interno degli istituti scolastici.
Dopo tutto, come biasimare un ragazzino; nella sua ridotta comprensione, si trova a dover scegliere tra una brioches, una barretta di cereali e cioccolato ed una schiacciatina. Di certo, nella sua mente echeggiano e si ripropongono continuamente le raccomandazioni della mamma: "mangia pochi dolci!" ...quindi... meglio optare per una schiacciatina... o anche un pacchetto di crackers, di taralli, di grissini ecc. "NON sono dolci!"
Purtroppo, come per gli alimenti dolci, anche questi snack presentando aspetti nutrizionali poco salutari, in quanto si distinguono per elevati apporti di cloruro di sodio; consumandoli abitualmente, svolgono un'influenza negativa sulle abitudini dei più giovani, predisponendoli fortemente al gusto salato e di conseguenza allo sviluppo di ipertensione.
A questo punto, se un frutto non fosse sufficiente, sarebbe meglio optare per un panino col prosciutto crudo DOLCE, o con un po' di stracchino, o con la robiola ecc... che a parità di peso, e con circa la metà delle calorie, conterrebbero circa la META' del sodio.
Prevenire l'abitudine al mangiar salato costituisce la prima grande regola di prevenzione contro l'insorgenza dell'ipertensione arteriosa.



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Autore

Riccardo Borgacci

Riccardo Borgacci

Dietista e Scienziato Motorio
Laureato in Scienze motorie e in Dietistica, esercita in libera professione attività di tipo ambulatoriale come dietista e personal trainer