Proteine per Dimagrire
Ultima modifica 04.02.2020
INDICE
  1. Introduzione
  2. Cosa Sono
  3. Quali Alimenti
  4. Sazietà
  5. Utilità
  6. Eccesso

Introduzione

Ormai da diversi anni, l'impiego di più proteine nelle diete per dimagrire è considerato l'espediente di élite per ottimizzare i risultati ottenibili attraverso le tradizionali diete ipocaloriche.

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Tuttavia, come vedremo di seguito, se è vero che maggiori quantità di proteine per dimagrire possono avere un effetto positivo sulla riduzione del grasso corporeo, è altrettanto vero che alcuni distretti dell'organismo possono subire negativamente l'influsso dell'eccesso proteico, determinando alcuni piccoli (o, nel lungo termine, grandi) scompensi metabolico-funzionali.

Cosa Sono

Le proteine sono macronutrienti energetici che forniscono 4kcal/g; si tratta di polimeri (catene complesse) di amminoacidi (aa) che, oltre a contenere carbonio (C), idrogeno (H) ed ossigeno (O), possiedono un gruppo amminico comprensivo di azoto (N).

In natura, le catene proteiche (anche dette più genericamente peptidi) possiedono numerosissime funzioni di tipo biologico e, in quanto tali, si caratterizzano per un'estrema eterogeneità strutturale: primaria (o semplice), secondaria (in α-elica o β-foglietto), terziaria ("a gomitolo") o quaternaria (più gomitoli "aggrovigliati" tra loro).

Le proteine alimentari, assunte in grandi quantità per dimagrire a discapito dei glucidi e dei lipidi, si trovano in tutti gli alimenti; tuttavia, le proteine dei cibi risultano estremamente differenti tra di esse, poiché la loro composizione amminoacidica varia in base alla funzione biologica nell'alimento [organismo o fonte di alimentazione primaria (latte)] in cui si trovano.

Le proteine possono essere quindi classificate in semplici: protamine, istoni, albumine, globuline, gluteline, prolamine, fosfoprotidi e scleroprotidi, e composte (tra cui emoglobina, clorofille e opsine). Questa distinzione tra le varie proteine, dal punto di vista nutrizionale, lascia il tempo che trova; ciò che interessa maggiormente sotto l'aspetto alimentare è infatti quel che si dice valore biologico (VB). Questo termine di raffronto si basa sulla stima quantitativa e sul rapporto tra i vari monomeri amminoacidici (aa essenziali e aa non essenziali) all'interno della proteina; per risultare ad alto VB, tale rapporto dev'essere simile a quello che caratterizza i vari aa delle proteine umane o, in alternativa, dell'uovo (per maggiori dettagli, consultare l'articolo: "Valore Biologico").

Quali Alimenti

Il VB delle proteine assunte per dimagrire è un parametro che, in realtà, non dovrebbe costituire più di un semplice cavillo; questa affermazione è giustificabile contestualizzando (con obbiettività e scientificità) l'importanza del VB alla quantità assoluta di proteine alimentari introdotte con la dieta. Come molti lettori già sapranno, questo parametro stima la presenza di aa essenziali, ovvero quelli che l'organismo umano non è in grado di sintetizzare autonomamente; d'altro canto, il dettaglio che spesso sfugge all'attenzione di chi predilige le proteine per dimagrire è che: incrementando la quota peptidica assoluta, quindi indistintamente tra peptidi ad alto, medio e basso VB, il rischio di incorrere in una carenza è pressoché nullo.

Questo comunissimo equivoco è generato (e fomentato) dalla disinformazione in ambito chimico-alimentare; cioè, l'idea che molti hanno sull'argomento intende una proteina a medio o basso VB come un polimero "povero o privo di aa essenziali", ma non è così. Per lo più, queste catene di amminoacidi differiscono da quelle umane per la carenza "percentuale" (e non assoluta!) di uno o più aa essenziali che, fortunatamente, sono normalmente presenti all'interno di proteine contenute in altri alimenti.

La carenza di aa essenziali può avvenire solo in una dieta mono tematica e/o quantitativamente insufficiente. Per concludere l'ampia premessa, è opportuno sfatare un'altra leggenda metropolitana (che echeggia energicamente nelle palestre di body-building), ovvero che le proteine per dimagrire e quelle per costruire il tessuto muscolare debbano essere ricavate da alimenti di origine animale poiché i polimeri strutturali delle piante non risultano digeribili dall'uomo; si tratta di un concetto sbagliato poiché incompleto e forviante.

Ciò di cui bisogna tener conto invece è che, negli alimenti di origine vegetale, le proteine non sono mai in purezza; si accompagnano invece a quantità considerevoli di amido, che dal canto suo ha un impatto rilevante sul potere calorico dei pasti, e che quindi può compromettere la ripartizione dei macronutrienti energetici.

Inoltre, le proteine vegetali si accompagnano spesso (se appartenenti a vegetali grezzi) a notevoli quantità di fibra alimentare; questa componente fibrosa, non digeribile per l'uomo, vincola alcuni peptidi strutturali dell'alimento e può limitarne sia la digestione che l'assorbimento. Tuttavia, in una dieta equilibrata (che prevede circa 30g/die di fibra alimentare), il rischio di malassorbimento è pressoché inesistente, salvo condizioni patologiche preesistenti (ipocloridria, deficit di enzimi pancreatici, deficit di enzimi intestinali ecc).

Inoltre, ricordo quanto la dicitura "proteine vegetali" risulti qualunquistica o approssimativa, giacché le proteine dei legumi, dei cereali e delle patate, oltre a vantare un VB maggiore rispetto a quelle degli ortaggi, possono eventualmente godere di una minor quantità di fibra nell'alimento e di una maggior digeribilità.

Per ultima, ma non meno importante, la cottura; consumare un vegetale crudo (che di certo si avvale di maggiori quantità di vitamine termolabili e sali minerali altrimenti degradati o dispersi con il trattamento termico o fisico) ne limita la digeribilità, così come la cottura ed alcune manipolazioni (sbucciatura, taglio, trito, frullo, pesto ecc) sono in grado di promuoverla.

Avendo finalmente illuminato i lettori sul fatto che le proteine per dimagrire (se assunte in esubero) possono provenire tranquillamente anche da fonti vegetali e non solo animali, cerchiamo di capire perchè dovrebbe essere necessario scegliere una strategia simile a discapito dell'equilibrio nutrizionale.

Sazietà

Una dieta caratterizzata da un apporto di proteine quantitativamente o percentualmente superiore alla norma è detta iperproteica o (imprecisamente) proteica (si leggano gli articoli: "Dieta proteica per dimagrire" - "Esempio dieta proteica per dimagrire" - "Esempio dieta iperproteica").

Il primo motivo che spinge uno pseudo-professionista od un utente ad intraprendere una strategia basata sulle proteine per dimagrire si riferisce alla maggior sazietà che esse conferiscono rispetto ai glucidi e ai lipidi. Tralasciando la fisiologia dei feed-back ormonali e nervosi che regolano il meccanismo di sazietà (veramente numerosi e complessi, che meriterebbero non solo un articolo, bensì un intero trattato), alcuni studi condotti all'università di Washington hanno sviscerato un notevole potenziale saziante delle proteine in confronto a quello scaturito dagli zuccheri e dai lipidi; pare che assumendo la stessa energia (kcal/100g di prodotto) da alimenti con alto tenore proteico rispetto ad altri prevalentemente lipidici o glicidici, la percezione di sazietà sopraggiunga più facilmente e più rapidamente; per giunta, sarebbe anche opportuno effettuare una distinzione tra le varie proteine.

Uno studio recentissimo ha portato alla luce una predisposizione eccezionale delle proteine del pesce per dimagrire; pare che, sul ratto, queste dimostrino un'elevata capacità di stimolare la secrezione dei mediatori gastrointestinali responsabili della sazietà, ovvero la colecistochinina (CCK) ed il glucagone peptide-1 (GPL-1). Il risultato sarebbe quindi costituito da un miglioramento fisiologico della regolazione del peso corporeo grazie alla maggior sazietà e ad un minor introito alimentare.

In molti pensano anche che l'assunzione di proteine non stimoli la produzione insulinica. È ovviamente scorretto. Sappiamo che il nutriente energetico più efficacie in questo processo è il glucosio, facilmente ricavabile dai carboidrati alimentari, ma anche le proteine – e in particolar modo certi amminoacidi che le compongono – tendono ad aumentare l'insulinemia, non solo per la loro capacità neoglucogenetica, ma anche in maniera diretta – come anche, per esempio, certi acidi grassi. La famosa "calma insulinica" è quindi da considerare una bufala – per fortuna, aggiungerei, vista l'importanza di questo ormone anabolico, anticatabolico e ipoglicemizzante. Ovviamente, in caso di patologia o ridotta tolleranza al glucosio e all'insulina, il discorso cambia radicalmente; tuttavia, a dispetto di quanti molti pensano, un soggetto colpito da alterazioni glicemiche non deve eliminare i carboidrati dalla dieta a favore delle proteine e dei grassi, ma deve mantenerli quasi costanti in termini percentuali (per assicurare di mantenere una buona capacità di ossidazione), praticare attività motoria e dimagrire – se necessario, quindi nella maggior parte dei casi.

Infine, per completare il quadro, ricordiamo che l'impiego di maggiori quantità di proteine per dimagrire fa leva su un ulteriore meccanismo metabolico, ovvero l'azione dinamico specifica degli alimenti (ADS); questo parametro, che può essere scomposto in azione dinamico specifica dei nutrienti, misura il costo metabolico necessario a digerire e metabolizzare le molecole energetiche. Ebbene, in virtù dell'impegno digestivo (soprattutto gastrico), delle operazioni di transaminazione, deaminazione e ciclo dell'urea, le proteine (o meglio, gli amminoacidi che le compongono) costituiscono le molecole più "impegnative" da gestire, ragion per cui, di per sé, contribuiscono ad aumentare il consumo energetico dell'organismo promuovendo il dimagrimento.

Utilità

Tutti questi aspetti, ovviamente, giocano un ruolo essenziale nel controllo del regime alimentare ipocalorico-dimagrante – soprattutto in Italia. Questa precisazione, che ad una prima analisi non troverebbe alcuna spiegazione plausibile, è motivata dall'elevata frequenza e dalle grosse porzioni di consumo riferite agli alimenti con maggior carico ed indice glicemico (e relativa densità energetica) considerati "tipici nazionali".

L'italiano medio, infatti, si trascina dietro diverse abitudini alimentari che, se calzavano a pennello mezzo secolo fa, oggi devono far fronte ad un dispendio calorico pari al 50% di quello del periodo in questione, provocando inevitabilmente un incremento ponderale nella popolazione generale. La pasta, il pane e l'olio d'oliva che, se utilizzati correttamente potrebbero costituire la chiave di un'alimentazione sana ed equilibrata, attualmente, in statistica, figurano come oggetto dell'abuso alimentare per eccellenza, trasformando la vera dieta mediterranea (quale panacea delle patologie metaboliche e "santo graal" delle popolazioni più longeve al mondo) in un regime dietetico distorto e potenzialmente dannoso.

Sia chiaro, anche eliminandoli temporaneamente dalla dieta e promuovendo il consumo di una maggior quantità di proteine per dimagrire, presto o tardi, l'utente si troverà nuovamente a fare i conti con questi prodotti, ragion per cui gli schemi dietetici iperproteici "alla moda" offrono risultati che - sebbene molto buoni nell'immediato - sono caratterizzati prevalentemente dall'effetto yo-yo, a causa dell'assenza di educazione alimentare nella terapia stessa (che, se ben fatta, guida il soggetto a una maggior consapevolezza dei propri fabbisogni nutrizionali).

Eccesso

In un'alimentazione equilibrata, le proteine dovrebbero costituire una percentuale del 12% delle calorie per un sedentario, e comunque non superare mai circa il doppio per qualunque soggetto, anche se sportivo o atleta; quest'ultimo valore, che farebbe "rizzare i capelli" a qualunque accademico della dietetica e della nutrizione, è ovviamente da considerare come un limite massimo di tolleranza, e non come un vero e proprio parametro di equilibrio; d'altronde, ricordiamo che nelle discipline di forza, nelle quali è implicato un cospicuo aumento della massa muscolare, è abbastanza comune impiegare stime di calcolo del fabbisogno peptidico che prevedono l'utilizzo di coefficienti proteici minimi su chilo di peso corporeo (fisiologico o reale) pari a 1,5-1,7g/kg – anche se quelli di maggior uso equivalgono a 2,2-2,5 g / kg. In questo articolo tralasceremo di approfondire ulteriormente il fabbisogno proteico dello sportivo, perché troppo lungo ed articolato – e, a dire il vero, ancora poco chiaro.

In merito alle diete dimagranti, attualmente si assiste ad una vera e propria invasione di regimi alimentari "usa e getta", ovvero strategie prevalentemente incentrate sul profitto dell'ideatore ma poco rispettose dei canoni scientifici alla base di una corretta ripartizione nutrizionale; queste modalità di dimagrimento accelerato si fondano sull'aumento delle proteine al fine di dimagrire più rapidamente e, a sentire gli autori, perdendo meno massa muscolare possibile.

Partendo dal presupposto che aumentando le proteine nella dieta per dimagrire, per rispettare il concetto di ipocaloricità, è necessario ridurre la quota dei grassi e, ahimè, pure quella dei glucidi, i nuovi "schemi alimentari" non si rendono duttili alla nutrizione dello sportivo, dell'infante, della gravida, della nutrice dell'anziano, del nefropatico, dell'epatopatico ecc. Alterando la ripartizione nutrizionale dei macro energetici, aumenta il rischio di:

Ovviamente, le conseguenze più gravi sono quelle inizialmente asintomatiche, perché prolungabili nel lungo termine – il sovraccarico epatico e quello renale. Queste conseguenze, che raramente esordiscono a causa delle proteine in eccesso per dimagrire (se non in acuzie di lieve entità) nel soggetto sano, ma ne vengono inesorabilmente aggravate se preesistenti, dovrebbero indurre il lettore ad un'opportuna riflessione.

La sofferenza a carico degli organi deputati alla digestione e allo smaltimento delle scorie, può essere seriamente compromessa solo attraverso la sommatoria di diversi fattori di rischio, quali: farmaci, doping, alcolismo, tossicodipendenza, dieta ecc. Ciò non toglie che l'eccesso di proteine costituisca un dei potenziali fattori di rischio coinvolti.

Quindi… perché rischiare? Un'alimentazione corretta ed equilibrata, anche se autogestita, è sempre la soluzione auspicabile al fine di ridurre il sovrappeso quale elemento compromettente lo stile di vita ed il buon stato di salute generale.

Autore

Riccardo Borgacci

Riccardo Borgacci

Dietista e Scienziato Motorio
Laureato in Scienze motorie e in Dietistica, esercita in libera professione attività di tipo ambulatoriale come dietista e personal trainer