Prodotti Biologici: Perché Sceglierli e Controversie
Ultima modifica 09.11.2021
INDICE
  1. Introduzione
  2. Il BIO Fa Bene?
  3. Sostenibilità
  4. Colture Sostenibili
  5. Frodi Alimentari
  6. Bambini e Animali Domestici
  7. Farmaci

Introduzione

Il consumo di prodotti biologici è, ad oggi, in continua espansione.

Questo perché il disciplinare del BIO risulta eticamente più corretto rispetto al tradizionale sposando, in gran parte delle sue caratteristiche, il principio di sostenibilità.

Prodotti Biologici: Perché Sceglierli Shutterstock

Detto ciò, è un dato di fatto che la maggior parte dei consumatori scelga il biologico con irrazionalità, ignorando quelli che sono i reali vantaggi di questo sistema.

Nelle prossime righe cercheremo di analizzare la questione offrendo un punto di vista logico e scientifico, trattando sia "l'impatto salutistico", che quello ecologico, economico e sociale del disciplinare biologico.

Per approfondire: Prodotti Biologici: Requisiti e Normativa

Il BIO Fa Bene?

I prodotti biologici sono più sani e nutrienti?

Biologico o convenzionale che sia, nessun alimento commercializzato in Italia può essere considerato nocivo per la salute dei consumatori.

Questa precisazione è fondamentale, in quanto molti continuano a presumere che biologico significhi "salutare", e che convenzionale significhi "nocivo". Non è così.

Tutti i prodotti chimici usati nel convenzionale hanno dosaggi specifici e periodi di stop dedicati allo smaltimento metabolico delle molecole che, nel prodotto finito, risultano innocue.

Peraltro, certe contaminazioni microbiologiche – meno frequenti nel convenzionale rispetto al BIO – possono determinare l'accumulo di tossine anche molto pericolose per la salute dell'uomo – si pensi alle aflatossine cancerogene prodotte da alcune specie di Aspergillus.

A scanso di equivoci: non stiamo dicendo che il biologico sia inutile o addirittura meno salutare del convenzionale; ma non bisogna nemmeno cadere nell'errore opposto.

Sostenibilità

La sostenibilità non riguarda solo l’ecologia, ma anche l’economia e la società

Il BIO ha sicuramente un intento nobile, ovvero quello di promuovere la sostenibilità di agricoltura e allevamento, migliorando le condizioni di vita delle creature e, al tempo stesso, garantire la salubrità dei prodotti ricavati.

La sostenibilità d'altro canto, non riguarda solo l'ambito ecologico, ma anche quello economico e sociale.

Controversie in termini di sostenibilità del disciplinare biologico

Purtroppo, soprattutto quando si parla di costi e produttività, la maggior parte delle produzioni biologiche non soddisfa appieno i requisiti di sostenibilità - il che non significa che sia secondo al convenzionale; al contrario.

A livello qualitativo, un prodotto biologico dev'essere paragonabile ad uno ottenuto da convenzionale. Non più brutto, più piccolo, più acerbo o più segnato dai parassiti o dalle infezioni.

Anzi, lato consumatore, ci si aspetta che un alimento biologico sia anche più buono e nutriente.

Tuttavia, il biologico è un sistema meno produttivo del convenzionale; questo per diverse ragioni, come ad esempio:

  • Minor resa per superficie imposta dal disciplinare stesso. Ciò riguarda sia l'agricoltura che l'allevamento, perché le piante vanno più distanziate e agli animali si dedica maggior spazio;
  • Maggior suscettibilità ad infezioni e parassitosi; perché non si ammette un impiego considerevole di principi farmacologici.

È quindi "ancora" impensabile che il solo disciplinare biologico possa soddisfare la domanda alimentare della popolazione generale e, soprattutto, che possa rivelarsi concorrenziale sul prezzo.

Come si potrebbe aumentare la produzione, riducendo i costi e abbassando ulteriormente l'impatto ambientale (soprattutto in termini di impronta idrica e produzione di CO2 equivalenti)?

  1. Migliorando ulteriormente le strategie di ottimizzazione; ad oggi sono in uso, ad esempio:
    1. gli avvicendamenti e le rotazioni, applicando il sovescio;
    2. la fertilizzazione con letame o suoi derivati secchi;
    3. contenimento manuale assiduo delle malerbe;
    4. impiego di trappole biologiche e altri prodotti di derivazione naturale, in combinazione tra loro ecc.
  2. Orientandosi su specie vegetali e animali con le seguenti caratteristiche:
    1.  Autoctonicità (molte specie "antiche" e tipiche sono oggi considerate obsolete) - soprattutto per l'agricoltura;
    2. > produttività o tasso di crescita;
    3. < suscettibilità a infezioni e parassiti;
    4. < sensibilità alle malerbe infestanti (per l'agricoltura);
    5. < fabbisogno d'acqua, sia in irrigazione che in lavorazione;
  3. Riducendo la lunghezza di filiera (filiera corta), fino al chilometro zero (Km 0).

Ad oggi, purtroppo, la gran parte (non tutti i prodotti) della frutta, della verdura e degli animali allevati (compresi i pesci) secondo i requisiti BIO, non soddisfa tutti i criteri di sostenibilità.

Colture Sostenibili

Quali sono i frutti sostenibili?

Di seguito una breve lista dei cosiddetti frutti "antichi" che, in realtà, non costituiscono altro che il prodotto di specie selvatiche (o quasi), non indebolite dalla selezione o dal re-incrocio umano con finalità gustative e autonome dal punto di vista idrico.

Alcune di esse sono originare del suolo italiano, altre sono naturalizzate.

Nota: un discorso a parte andrebbe fatto per l'innesto, che più spesso costituisce un mezzo di rafforzamento e non di indebolimento.

Attenzione! Si tenga conto che l'Italia è caratterizzata da territori e condizioni climatiche anche molto diversi. Dove crescono facilmente alcune specie, altre potrebbero risultare altrettanto coltivabili. Ciò valorizza ulteriormente il criterio dell'autoctonicità.

Escludendo volutamente quelli davvero sconosciuti, per cercare di trasmettere più chiaramente il nostro messaggio ai lettori, vediamo alcuni frutti rustici, antichi e molto poco suscettibili sia alle infezioni che alle parassitosi, e con un fabbisogno d'irrigazione pressoché nullo:

  • Mela/pera cotogna (dell'albero cotogno);
  • Sorbola (dell'albero sorbo);
  • Giuggiola (dell'albero giuggiolo);
  • Mora di rovo (del relativo cespuglio spinoso);
  • Mora di gelso (dell'albero di gelso) – origine non italiana;
  • Nespola (dell'albero nespolo italiano);
  • Corbezzolo (dell'albero corbezzolo);
  • Cachi (dell'omonimo albero) – origine non italiana;
  • Susine, come la goccia d'oro (del susino)
  • Fico (dell'albero di fico);
  • Fichi d'India (dell'omonima pianta) – origine non italiana;
  • Nocciole (dell'albero nocciolo);
  • Noci (dell'albero di noce);
  • Mandorle (dell'albero) – origine non italiana;

ecc.

Esistono poi altre specie selvatiche autoctone più sensibili a malattie e parassiti (molti d'oltre oceano), ma soprattutto a causa delle modificazioni umane nei confronti della macchia boschiva e della fauna locale, o della loro forzatura di crescita in ambienti non idonei.

Parliamo soprattutto delle castagne, oggi sensibili alle malattie e alle infezioni, delle nocciole, in alcune zone del Paese completamente divorate dai ghiri, dei pinoli, oggi sensibili ad una cimice estera ecc.

Erbe selvatiche e funghi

Quale popolo dalle origini primitive, noi italiani conserviamo (o dovremmo) una cultura piuttosto vasta di selezione e raccolta delle erbe selvatiche.

Dopo tutto, prima dell'avvento di pomodori, zucchine, melanzane ecc., di quali ortaggi si nutrivano gli indigeni del vecchio continente? Di quelli reperibili in natura, successivamente addomesticati e selezionati.

Sono stati scritti interi libri sul riconoscimento di tutte le erbe e dei funghi eduli disponibili allo stato selvatico; non abbiamo quindi la presunzione di poter riassumere alcunché in poche righe.

D'altro canto, solo per rendere più chiaro il concetto, ricordiamo che sono abbastanza comuni e non troppo difficili da riconoscere:

  • Cicorie selvatiche – delle quali si consumano le foglie giovani;
  • Tarassaco – del quale si consumano le foglie giovani;
  • Ortica – della quale si consumano le foglie giovani;
  • Cardo mariano – del quale si consumano le foglie e il fusto;
  • Piantaggine – della quale si consumano le foglie giovani;
  • Portulaca – della quale si consumano le foglie;
  • Luppolo selvatico – del quale si consumano i germogli;
  • Asparago selvatico – del quale si consumano i germogli;
  • Barba di frate o agretti – della quale si consumano i germogli;

ecc.

Tra i funghi – che vanno raccolti esclusivamente dopo aver seguito un corso di formazione e, anche in quel caso, meglio sottoporli a supervisione di un micologo esperto – citiamo:

  • Pioppino o piopparello (Cyclocybe aegerita);
  • Pleuroti (P. eryngii, cornucopiae, nebrodensis ecc.);
  • Porcino (Boletus edulis);
  • Prataiolo "buono" (Agaricus campestris);
  • Galletto o finferlo (Cantharellus cibarius);
  • Coprino (Coprinus comatus)

ecc.

Orto a zero consumo idrico – nella giusta stagione

Ma, com'è ovvio, non tutti hanno la possibilità di scorrazzare liberamente tra i prati e le macchie boschive – lontano dall'inquinamento localizzato dall'urbanizzazione.

Quindi, chi volesse auto-produrre, o acquistare ortaggi e legumi che (nella giusta stagione) non richiedano un impegno idrico aggiunto, e che si accontentano di tecniche fertilizzanti naturali ed avvicendamenti, potrebbe orientarsi su:

ecc.

Frodi Alimentari

Quando il BIO non è BIO

Chi ci assicura che un biologico sia effettivamente tale? Ovviamente, le autorità competenti e deputate al controllo.

Questi controlli però, vanno fatti prevalentemente "a campione", ovvero non su tutto ciò che viene prodotto – come del resto avviene per il sistema tradizionale.

È quindi logico dedurre che un agricoltore o un allevatore BIO, che si trova a dover fronteggiare un'emergenza infettiva o d'infestazione a pochi giorni dalla raccolta, possa cedere all'utilizzo di sostanze non ammesse.

Dopotutto, il rischio di una sanzione – per quanto salata (si parla di oltre 10 000 euro) – talvolta rappresenta il "male minore" rispetto alla perdita del raccolto o dell'allevamento – anche se, ovviamente, il provvedimento non si ferma ad una semplice multa.

In tal modo però, un biologico può trasformarsi in un prodotto "peggiore" rispetto ad uno da disciplinare convenzionale, perché l'uso di farmaci irrispettoso dei tempi di smaltimento aumenta i rischi di residui.

Col passare del tempo però, anche i sostenitori del biologico hanno imparato ad accettare i compromessi.

Limitando meno e con più ragionevolezza i produttori, si è creato un maggior equilibrio, riducendo anche i casi di frode alimentare.

Leggendo gli articoli del decreto legislativo, possiamo apprezzare diverse "eccezioni" ragionevolmente consentite per permettere ai produttori di allinearsi, senza dover "chiudere baracca".

L'opinione pubblica dice quindi "sì al biologico" … ma possibilmente col portafogli altrui!

Bambini e Animali Domestici

Alimenti e prodotti biologici per bambini

I neo-genitori sono certamente il target più interessante da colpire. Per i propri figli si farebbe di tutto, anche acquistare un omogeneizzato al doppio del prezzo, o meglio acquistare alimenti biologici ed elettrodomestici al fine di autoprodursi alimenti più sani. Di certo ammirevole, ma non sempre utile.

Lo dicevamo sopra, convenzionale e biologico non si distinguono in termini di salubrità. Quindi, in linea di massima, sarebbe inutile prediligere uno o l'altro. Certo è che, dovendo scegliere, prezzo a parte – si fa per dire – sarebbe giusto alimentare una filiera produttiva più nobile.

Il divezzamento con frullati autoprodotti (non sono omogeneizzati) ha invece il grosso vantaggio di abituare il bambino a sapori e consistenze "reali".

Qual è il ruolo del biologico in tutto questo?

Nessuno. Alimenti e prodotti biologici non influiscono nemmeno su questo aspetto.

Alimenti e prodotti biologici per cani e gatti

Le attenzioni per i nostri amici a quattro zampe non sono diverse da quelli per i bambini.

È incredibile – non senza perplessità – osservare come in pochi anni siamo passati dal nutrire di avanzi cani e gatti, all'acquistare cibo biologico per sostenerli al meglio.

Di certo, la nutrizione occasionalmente stabilita dalla cucina di una massaia non tiene molto in considerazione le richieste alimentari del nostro amico a quattro zampe… oppure sì? Dipende.

Ciò che oggi manca soprattutto a cani e gatti sono carne cruda, ossa e frattaglie, nelle percentuali che ovviamente caratterizzerebbero una preda naturale.

Le ossa cotte non vanno bene, soprattutto di volatili – si scheggiano e possono arrecare danno all'animale; crude invece, mantengono un'elasticità superiore e si frantumano diversamente.

D'altro canto, esistono anche ingredienti che – nei carnivori obbligati come il gatto – non dovrebbero comparire; parliamo di cereali, leguminose e derivati. Questo perché la loro tolleranza ai carboidrati è molto basa.

Per di più, la cottura delle carni tende a danneggiare l'amminoacido taurina, essenziale ad esempio per i gatti.

Qual è il ruolo del biologico in tutto questo?

Nessuno.

Il disciplinare non migliora la qualità del cibo, soprattutto se a monte si commettono errori grossolani come nutrire un gatto a croccantini (con o senza purine) o solo a carne cotta, o come rimuovere le ossa da tutti i pasti del cane fin dalla giovane età.

Farmaci

I farmaci biologici non c’entrano nulla con il BIO

La categoria dei "biologici", riferita ad un farmaco, non ha nulla a che vedere con alimenti, cosmetici e integratori alimentari. Si tratta di un grande insieme di medicinali che derivano da – oppure sono ottenuti per mezzo di – organismi viventi o microorganismi. L'aggettivo qualificativo "biologico", in tale contesto, richiama piuttosto la definizione di agente biologico, ovvero "qualsiasi microrganismo, anche se geneticamente modificato, coltura cellulare ed endoparassita umano che potrebbe provocare infezioni, allergie o intossicazioni" – Decreto legislativo 81/2008 (articolo 267). I farmaci biologici (e biosimilari) sono attualmente considerati tra i rimedi più avanzati ed efficaci in circolazione, ma anche difficili da sintetizzare e piuttosto costosi.

Per approfondire: Farmaci Biologici

Quali sono i farmaci biologici più conosciuti?

Ad oggi, i farmaci biologici maggiormente ricercati dalla popolazione sono quelli che interessano le patologie croniche infiammatorie autoimmuni, come la psoriasi – in tutte le sue forme – e l'artrite reumatoide; probabilmente per lo scarso effetto che esercitano le cure tradizionali.

Assolutamente non trascurabile è anche l'applicazione dei farmaci biologici nella terapia oncologica, dove in associazione ad altri trattamenti sembrano offrire ottimi risultati.

Autore

Riccardo Borgacci
Laureato in Scienze motorie e in Dietistica, esercita in libera professione attività di tipo ambulatoriale come dietista e personal trainer