Le informazioni che ruotano intorno al tema della perdita di peso sono numerose e toccano diversi ambiti. Tra gli aspetti maggiormente discussi c'è quello della tempistica dei pasti, con alcuni studiosi convinti che influenzi il processo e altri meno.
Ad animare il dibattito si è aggiunta in questi giorni una nuova ricerca, la cui tesi è che esisterebbe una finestra temporale più idonea di altre per consumare i pasti durante la giornata, per chi ha come obiettivo la perdita di peso, e quindi il dimagrimento.
Nello specifico, gli studiosi che se ne sono occupati sarebbero arrivati alla conclusione che l'ideale sia mangiare relativamente presto e concentrare i momenti dedicati alla nutrizione in un lasso di tempo di dieci ore. Oltre a far dimagrire questo sembrerebbe migliorare i livelli di zucchero nel sangue e colesterolo.
Cosa dice la ricerca
La vita frenetica alla quale quasi tutte le persone sono sottoposte al giorno d'oggi spesso rende impossibile mantenere orari standard relativi ai pasti. I più sacrificati sono la colazione, che molte persone erroneamente non fanno, e la cena, il cui orario tende ad essere sempre più spostato nel tempo.
Quest'ultima abitudine, benché apparentemente innocua non sarebbe tale, e non solo perché mangiare troppo tardi può mettere a dura prova l'intero apparato digerente, ma anche perché spostare in avanti il momento dell'ultimo pasto renderebbe più difficile mantenere il proprio peso e, ancora di più, dimagrire.
Anche se non mancano gli scettici, molti nutrizionisti lo sostengono da tempo e questa nuova ricerca condotta dai ricercatori della Harvard Medical School presso il Brigham and Women's Hospital di Boston potrebbe scrivere la parola fine al dibattito e rappresentare la prova definitiva. Ciò che è emerso, infatti, è che l'ora del giorno in cui si mangia influirebbe non solo su fame e appetito, ma anche sui livelli di energia e su come il corpo immagazzina il grasso.
Oltre a stabilire che mangiare presto potrebbe essere la carta vincente per la salute e i regimi alimentari finalizzati alla perdita di peso, lo studio ha anche reso noto che sarebbe meglio consumare tutti i pasti dell'arco di 10 ore.
Come si è svolto lo studio
Per arrivare a queste conclusioni, i ricercatoti hanno reclutato 16 persone in sovrappeso e dopo averle divise in due gruppi hanno fatto ad ognuno la richiesta specifica di mangiare esattamente le stesse cose in due orari diversi. I partecipanti di uno, ad esempio, dovevano fare colazione alle 9.00, pranzare alle 13.00 e cenare alle 17.00; quelli dell'altro alle 13.00, alle 17.00 e alle 21.00.
Mentre gli studiosi raccoglievano livelli di temperatura, dispendio energetico e valori del sangue, ai partecipanti è stato anche chiesto di fornire informazioni sui loro livelli di appetito e sulle sensazioni generali che avvertivano.
Inoltre, sono state eseguite biopsie del tessuto adiposo, servite a capire come il corpo immagazzina il grasso e a come i livelli dei due modelli alimentari e di espressione genica influenzino i percorsi molecolari coinvolti nell'adipogenesi.
Prima di sottoporsi allo studio, i partecipanti hanno dovuto mantenere per circa due o tre settimane un programma del sonno rigoroso e nei tre giorni strettamente a ridosso seguire orari dei pasti identici.
Gli elementi di novità
«Precedenti ricerche da parte nostra e di altri team hanno dimostrato che mangiare tardi è associato ad un aumento del rischio di obesità e del grasso corporeo e ad un ridotto successo nella perdita di peso. Con questo studio però abbiamo voluto fare un passo in più, testando i meccanismi che potrebbero spiegare perché mangiare tardi aumenta il rischio di obesità», ha spiegato Frank Scheer, autore senior dello studio, nonché professore di medicina alla Harvard Medical School e direttore del programma di cronobiologia medica nella Divisione del sonno e dei disturbi circadiani presso l'istituto Brigham and Women's.
Unendo i risultati di tutti gli esami condotti, ciò che è stato chiaro è che nei partecipanti mangiare tardi aveva aumentato la fame a causa della generazione di livello più bassi di leptina, l'ormone prodotto quando si è sazi, diminuito il dispendio energetico, fatto bruciare calorie a una velocità inferiore e alterato l'espressione genica del tessuto adiposo.
In particolare, come spiega Nina Vujovic, ricercatrice nella divisione dei disturbi del sonno e circadiani al Brigham and Women's Hospital di Boston «a rappresentare un fattore di novità rispetto a molti studi precedenti, l'evidenza del fatto che mangiare di notte provochi un aumento del rapporto tra grelina e leptina nell'arco delle 24 ore, pari al 34%».
Gli studiosi sono riusciti a rilevare i cambiamenti intercorsi nei due gruppi osservati avvalendosi di uno studio incrociato casuale e di fattori comportamentali e ambientali strettamente controllati come postura, sonno, attività fisica ed esposizione alla luce.
Nonostante lo studio abbia fornito indicazioni chiare, ha il limite di essere stato condotto su poche persone e in un ambiente controllato. Per questo i ricercatori che l'hanno portato avanti auspicano di espanderlo presto, prendendo in considerazione altre variabili.