Dieta ed epatite B: cosa mangiare e cosa non si può mangiare
L'epatite B è una malattia infettiva provocata dal virus HBV, che colpisce il fegato in maniera acuta o cronica (la forma cronica è diffusa soprattutto in coloro che contraggono il virus al momento della nascita).
Circa un terzo della popolazione mondiale è stato infettato dal virus HBV, compresi i 240-350 milioni di casi cronici. Ogni anno, muoiono di epatite B oltre 750.000 persone, delle quali circa 300.000 per complicazioni (cancro al fegato).
La malattia è diffusa soprattutto in Asia Orientale ed in Africa Sub Sahariana, dove tra il 5 e il 10% degli adulti cronicizza. Il tasso di incidenza in Europa e Nord America è inferiore al 1% e risulta in calo per l'adozione della profilassi vaccinale obbligatoria (obbligo che in Italia sussiste dal 1991).
Dopo il contagio, nella fase iniziale, molte persone non presentano sintomi mentre altre sviluppano una sintomatologia caratterizzata da: vomito, ittero, stanchezza, urine scure e dolore addominale (per circa due settimane - raramente i disturbi dell'epatite acuta portano al decesso). In fase cronica non esiste alcun sintomo ma si possono sviluppare complicazioni mortali come la cirrosi ed il cancro del fegato (15-25% dei casi cronici).
Il virus HBV viene trasmesso con l'esposizione a sangue o fluidi corporei infetti (sperma, liquido vaginale ecc.), soprattutto al momento della nascita o durante l'infanzia; non avviene tenendosi per mano, condividendo posate, baciandosi, abbracciandosi, con colpi di tosse, starnuti o con l'allattamento al seno. A differenza dell'epatite A e dell'epatite E, l'epatite B non si trasmette attraverso il consumo di acqua o alimenti contaminati da feci infette.
Nelle zone in cui la malattia è rara, le cause più frequenti sono l'uso di droghe per via endovenosa ed il rapporto sessuale non protetto. Altri fattori di rischio includono: i lavori sanitari, le trasfusioni di sangue, la dialisi, la convivenza con una persona infetta, i viaggi in paesi con un tasso di infezione alto e la convivenza negli istituti collettivi.
La diagnosi avviene da 30 a 60 giorni dopo l'esposizione, analizzando il sangue (ricerca di virus e anticorpi).
Dal 1982, la prevenzione è soprattutto vaccinale (raccomandata dall'Organizzazione Mondiale della Sanità fin dal primo giorno di vita).
Obbiettivi nutrizionali
Poiché il fegato svolge moltissime funzioni differenti (pressione oncotica, sintesi di proteine di trasporto, produzione di bile, omeostasi glicemica, metabolismo dei farmaci ecc.), una sua eventuale perdita di funzionalità compromette gravemente l'equilibrio dell'intero organismo.
Dopo l'infezione virale di tipo B è quindi necessario:
- Diminuire le richieste funzionali del corpo;
- Diminuire il carico di lavoro dell'organo;
- Facilitare la remissione dal virus B sostenendo al meglio l'organismo.
Epatite B e dieta
Le regole dietetiche essenziali al ripristino della condizione normale (guarigione o cronicizzazione), possono essere sintetizzate come segue:
- Se presente, rimozione dell'alcool etilico nella dieta. Oltre a nuocere direttamente all'organo epatico, compromette il metabolismo della vitamina B1, ovvero l'unica vitamina che l'organismo non è in grado di immagazzinare.
- Se presente, eliminazione dell'assunzione di farmaci e integratori alimentari non necessari.
- Esclusione degli alimenti e delle bevande non salutari come: snack dolci e salati industriali, patatine fritte, crocchette, frittelle, hamburger e altri fast-food, bevande dolci (gassate e non), caffè americani dolcificati e/o con crema di latte ecc; questi cibi, detti junk-food (alimenti spazzatura), sono ricchi di grassi saturi o idrogenati (con catene in conformazione trans), glucidi raffinati (saccarosio, maltosio, fruttosio granulari aggiunti), additivi alimentari (coloranti, esaltatori di sapidità, conservanti, dolcificanti ecc.) e tossine tipiche della cottura eccessivamente intensa (acrilamide, formaldeide, acroleina, policiclici aromatici ecc.).
- Prediligere gli alimenti freschi (eventualmente congelati) o grezzi, rispetto a quelli lavorati o raffinati. Molti processi, come la sbiancatura e la privazione della crusca dalle farine, o la miscelazione della carne/pesce ad altri ingredienti per creare insaccati o crocchette, utilizzano sistemi di natura chimico fisica che impoveriscono l'alimento. In certi casi, nutrienti e componenti nutrizionali importanti come le fibre, le vitamine ed i minerali si riducono quasi del 80%. Ricordiamo che le vitamine sono fattori coenzimatici indispensabili a vari processi cellulari e che il fegato possiede uno dei tessuti più specializzati dell'intero organismo. Normalmente, il fegato è anche una riserva vitaminica piuttosto importante ma, se compromesso, non ottempera correttamente a questa funzione; in tal caso, l'alimentazione dev'essere costantemente ricca di questi nutrienti per supportare al meglio le necessità dell'organismo.
- Non consumare pasti eccessivamente abbondanti o calorici. L'eccesso energetico (grassi, carboidrati e proteine) provoca sempre un sovraccarico delle funzioni epatiche (neoglucogenesi, glicogenosintesi, lipogenesi ecc), ragion per cui è necessario ridurre il volume dei pasti ed aumentarne il numero.
- Non affrontare digiuni prolungati (oltre le 12-14 ore). Il fegato è normalmente responsabile dell'omeostasi glicemica, pertanto, se non funziona correttamente, l'equilibrio glicemico potrebbe rimanere compromesso. Non solo, tentando di mantenere la glicemia attraverso la neoglucogenesi (produzione di glucosio da amminoacidi ecc), il fegato si troverebbe ad affrontare una mole di lavoro ancora più elevata; in pratica non è detto che, se infettato dal virus B, l'organo sia in grado di svolgere correttamente anche questa funzione.
- In caso di celiachia, è strettamente necessario enfatizzare l'igiene alimentare abolendo meticolosamente anche le tracce di glutine. Questa proteina, tipica del frumento, del farro, della spelta, della segale, dell'orzo, dell'avena e del sorgo, è molto nociva per chi soffre di intolleranza specifica. Tipicamente, una malattia celiaca trascurata aumenta il tasso di infiammazione sistemica e può peggiorare un quadro clinico di epatite B.
- Non bere acqua non potabile e non assumere cibi o bevande potenzialmente contaminati. Ricordiamo nuovamente che, in caso di epatite B, il fegato perde una percentuale della sua funzionalità e non sarebbe in grado di metabolizzare correttamente residui nocivi come tracce chimiche, farmaci ecc.
- Favorire il consumo di frutta e verdura. Questi alimenti sono ricchi di nutrienti ed elementi nutrizionali (vitaminici, salini, fenolici ecc) che possono aiutare a combattere l'infiammazione. Frutta e verdura devono essere consumate giornalmente in 4-5 porzioni complessive da 150-300g ognuna, avendo cura di posizionare la frutta nei pasti secondari e/o a colazione (per non aumentare eccessivamente il carico glicemico di quelli principali, già ricchi di cereali, legumi e patate).
- Aumentare l'assunzione di nutrienti benefici per il fegato. Oltre ai fattori vitaminici, salini e fenolici di cui sopra, sono molto utili anche certi fitoelementi che svolgono un ruolo epato-protettore, come la cinarina e la silimarina del carciofo e del cardo mariano.
- Enfatizzare l'apporto di acidi grassi polinsaturi a discapito di quelli saturi, sia in proporzione, sia in termini quantitativi. E' particolarmente consigliabile incrementare il contenuto dietetico in acidi grassi essenziali omega 3 e non troppo quello di omega 6. Gli omega 3 (ALA, EPA e DHA – vedi articolo: Acidi Grassi Omega 3 e Omega 6) sono precursori antinfiammatori e possono aiutare l'organismo a ridurre la flogosi generale; l'acido arachidonico (un derivato degli omega 6) esercita invece l'effetto contrario. Gli alimenti più idonei sono: il pesce azzurro (sgombro, maccarello, palamita, alici, sarde ecc.), alcuni semi oleosi (mandorle, sesamo ecc.) ed alcuni oli vegetali spremuti a freddo (extravergine di oliva, di semi di lino, di noce ecc.).