Conservazione Sott'Olio
Ultima modifica 22.01.2020

L'olio è un conservante efficace?

L'olio è un agente di conservazione naturale blandamente antisettico e particolarmente utile se impiegato nella conservazione degli alimenti. Il principio della conservazione sott'olio è quello di isolare l'alimento (quindi il substrato) dall'aria atmosferica, limitando:

  1. La contaminazione dei batteri volatili
  2. La disponibilità di ossigeno ai germi aerobi.

Ovviamente, la conservazione sott'olio a crudo NON ha alcun effetto sui batteri ANAerobi, cioè quelli che per vivere e riprodursi non hanno bisogno e non tollerano l'ossigeno; pertanto, a fini prettamente igienici ed organolettici, è opportuno svolgere un adeguato trattamento termico (prima e/o dopo l'immersione in olio) in modo da limitare il più possibile il rischio di contaminazione anaerobica, soprattutto da Clostridium Botulinum (batterio responsabile della tossinfezione/intossicazione alimentare nota come Botulismo) e da muffe.
NB. Oltre al trattamento termico degli alimenti da conservare sott'olio, in alcuni casi può essere necessario utilizzare la cottura in aceto e/o in acqua salata, o l'essiccazione.

VIDEO RICETTA: MELANZANE SOTT'OLIO FATTE IN CASA

Accorgimenti importanti e consigli per preparare melanzane sott'olio in casa, buone ma soprattutto sicure dal punto di vista microbiologico.




Melanzane Sott'olio - Come Conservare le Melanzane

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Rischio botulismo

Conservazione sott'olio e botulismo

Generalità

Il botulismo è una tossinfezione/intossicazione alimentare dovuta all'ingestione del Clostridium Botulinum (un batterio sporigeno Gram+ di natura ANAerobica) e soprattutto delle sue ESOtossine (tossine prodotte dal suo metabolismo).
Il botulismo è la patologia da contaminazione alimentare più famosa e conosciuta, soprattutto a causa della gravità e del decorso patologico frequentemente infausto; è possibile contrarre il botulismo soprattutto mangiando alimenti mal conservati (in particolare sott'olio, conserve vegetali ed insaccati), a volte (ma non sempre!) riconoscibili per l'abbondante produzione di gas e il forte odore di acido butirrico (rancido). Questa peculiarità è indotta dall'azione metabolica del Botulino il quale, al contrario della maggior parte dei batteri, si nutre prevalentemente di lipidi.

Purtroppo, le spore del botulino sono molto resistenti al calore.

  • La semplice bollitura (raggiungimento dei 100°C) dell'alimento prima dell'immersione in olio non è sufficiente ad uccidere le spore (a meno che non venga prolungata per almeno 4/5 ore), anzi, può addirittura avere un effetto controproducente. 5-10 minuti di bollitura sono comunque considerati sufficienti per disattivare le tossine botuliniche; se il prodotto viene consumato subito dopo la bollitura può quindi considerarsi sicuro, mentre nel caso venga conservato non si può essere certi al 100% della sua sicurezza.
  • Per essere efficace, il trattamento termico deve avvenire a 121°C per almeno 3 minuti; simili temperature sono raggiungibili solo attraverso l'utilizzo di autoclavi a livello industriale; secondo le linee guida del Ministero della Salute per la corretta preparazione delle conserve alimentari in ambito domestico, l'uso della pentola a pressione non garantisce il raggiungimento delle pressioni, quindi delle temperature, idonee alla distruzione delle spore resistenti al calore.
  • Anche se la bollitura non garantisce la salubrità dell'alimento, vi sono altri interventi in grado di rendere sicura una conserva. Ad esempio non permettono lo sviluppo del botulino le condizioni di forte acidità (per esempio la passata di pomodoro e i sott’aceto), le alte concentrazioni di zucchero (marmellate e confetture) e le alte concentrazioni di sale (conserve alimentari in salamoia). A tal proposito, si consiglia quindi di utilizzare un liquido di cottura al 10-15% di cloruro di sodio (sale da cucina - NaCl) e/o contenente più del 2% di acido acetico (mediante l'addizione di aceto alimentare, facendo gli opportuni calcoli in base a quanto riportato in etichetta). Nelle marmellate, invece, è importante che la percentuale di zucchero raggiunga almeno il 50/60%.
  • PER APPROFONDIRE: leggi l'articolo dedicato e impara a prevenire il rischio botulino nelle conserve sott'olio fatte in casa

Sintomi e patogenicità

L'intossicazione da botulino (più frequente detta tossinfezione, in quanto il batterio cresce con difficoltà nell'organismo a causa della temperatura troppo alta), generalmente si manifesta a 12-48 ore dal consumo dei cibi; i sintomi precoci sono nausea, vomito, diarrea, stato di prostrazione, offuscamento della visione, vertigini, secchezza delle fauci, difficoltà delle deglutizione, lesione delle corde vocali e pupille dilatate. La tossina del botulino è una neurotossina che ostacola la trasmissione nervosa ponendosi tra la sinapsi e la membrana post-sinaptica; ne deriva che, se non trattato adeguatamente, il botulismo può sfociare in: paralisi ghiandolare e paralisi motoria. Per alcuni ceppi di botulino la mortalità raggiunge il 60-70%, soprattutto conseguente a paralisi respiratoria dei muscoli toracici e del diaframma.

LINEE GUIDA DEL MINISTERO DELLA SALUTE SUI VEGETALI SOTT'OLIO

Dopo averli selezionati, lavati ed eventualmente tagliati, i vegetali devono essere sbollentati per qualche minuto in una soluzione di acqua e aceto in parti uguali. In questo modo, oltre a cuocere, essi verranno acidicati e si conserveranno in sicurezza. Si consiglia di utilizzare aceto di vino con acidità pari o superiore al 6%. Se si utilizza un aceto non di vino, con acidità pari al 5% è consigliabile non diluirlo in acqua, ma utilizzarlo tal quale.
La cottura dei vegetali non deve essere prolungata, essi devono risultare "al dente" altrimenti durante le fasi di conservazione perderanno completamente consistenza. Se oltre ai vegetali si utilizzano anche spezie e erbe aromatiche, anche queste devono essere sbollentate in acqua e aceto. Terminata la cottura devono essere scolati grossolanamente e lasciati rareddare ed asciugare su un panno asciutto e pulito, quindi inseriti nel contenitore facendo attenzione a colmare tutti gli spazi vuoti, senza però schiacciarli troppo.
A riempimento avvenuto, ricoprire completamente con l'olio e cercare di togliere l'eventuale aria ancora rimasta intrappolata nell'alimento, aiutandosi con una spatola di plastica. Collocare quindi un distanziatore e chiudere il barattolo. Procedere con la pastorizzazione che durerà tanto più a lungo quanto più grande è il contenitore e varierà anche in funzione della tipologia di prodotto preparato.
Se nella ricetta non sono fornite indicazioni diverse, è consigliabile lasciare riposare le conserve per almeno mezza giornata prima di collocarle in dispensa. Potrebbero infatti assorbire olio e quindi potrebbe essere necessario un rabbocco. È assolutamente indispensabile considerare che, nel caso si procedesse con il rabbocco dell'olio, le conserve dovranno essere nuovamente pastorizzate.
Nei 10-15 giorni successivi alla preparazione può essere utile controllare la conserva riposta in dispensa. Se dovessero comparire segni di alterazione come bollicine di aria che dal fondo salgono verso il tappo, oppure l'olio dovesse diventare opalescente è segno che la conserva si sta alterando e potrebbe non essere idonea al consumo.

È importante ribadire che, anche al solo sospetto di alterazione, la conserva non va assaggiata né consumata.
Per poter apprezzarne meglio il gusto, le conserve, dovrebbero essere consumate almeno 2-3 mesi dopo la preparazione. Comunque, se le modalità di preparazione sono state svolte correttamente, i tempi di conservazione possono essere molto lunghi, anche un anno e mezzo.

Deterioramento NON microbico

Dopo aver trattato a grandi linee l'aspetto microbiologico, vediamo di chiarire quale sia l'aspetto "gustativo" del trattamento termico nella conservazione sott'olio.
Ammesso e non concesso che sia possibile sterilizzare un alimento senza sottoporlo a cottura, a livello cellulare i processi di deterioramento molecolare possono avvenire per cause indipendenti dai batteri o dalle muffe. Si tratta di alterazioni per lo più INNOCUE, di carattere esclusivamente organolettico e derivanti dalla PROPRIA azione enzimatica cellulare. I microorganismi, si sa, agiscono sugli alimenti sfruttando i principi nutritivi e producendo scarti molecolari a volte tossici (le tossine); tuttavia, ciò che spesso non si considera è che essi, per potersi nutrire, sfruttano l'azione combinata dei propri enzimi digestivi. Ebbene, spesso catalizzatori simili o addirittura analoghi sono già presenti (in quantità decisamente minori) nelle cellule eucariote degli animali e delle piante, quindi anche negli alimenti crudi. Ne deriva che, pur prescindendo da qualsiasi contaminazione, un tessuto cellulare e/o un substrato nutrizionale sono comunque destinati ad una degradazione enzimatica PROPRIA e SPONTANEA (particolarmente attiva nei crostacei, nei molluschi e nel pesce). Si tratta di processi più lenti rispetto a quelli batterici ma anch'essi estremamente influenzati da numerose variabili: luce, ossigeno, agenti chimici inibitori (altri gas, acidi, sali...) e temperatura; infatti, anche la degradazione enzimatica può accelerare o rallentare in base al clima o essere inibita-denaturata termicamente.
Cuocendo i cibi prima di sottoporli a conservazione sott'olio è possibile inattivare sia la degradazione batterica/micotica che quella enzimatica.
NB. Oltre ai due suddetti meccanismi, è possibile riconoscerne un terzo: l'ossidazione e/o la perossidazione. Questi processi risultano spontanei ed indipendenti sia dai microbi che dagli enzimi degli alimenti, ed avvengono in maniera più o meno intensa sulla base della presenza di ossigeno, di luce e della giusta temperatura.

Tipi di olio per conservare

Come già esposto, la protezione dagli agenti patogeni e dalla degradazione enzimatica avviene soprattutto grazie ai trattamenti effettuati sul cibo PRIMA dell'immersione in olio (eventualmente supportata da un riscaldamento post-confezionamento), in quanto la copertura lipidica ha soprattutto la funzione di bloccare la proliferazione dei batteri aerobi.
A questo punto subentra un ulteriore problematica; è vero che l'olio è utile alla conservazione degli alimenti... ma l'olio non è certo un alimento immune al deterioramento! Esso deve possedere caratteristiche ben determinate, tra le quali una spiccata tendenza alla STABILITA' chimica o resistenza ossidativa.
In particolare, l'olio extravergine d'oliva (al confronto con altri oli PURI E NON ADDIZIONATI) sembra possedere un insieme di proprietà che lo rendono estremamente indicato alla conservazione degli alimenti. E' pur vero che gli oli extravergine non sono tutti uguali, così come non lo sono le diverse produzioni alimentari; pertanto, la conservabilità finale (shelf life) di un prodotto sott'olio subisce l'azione di alcune variabili. Ad esempio:

  1. Presenza di molecole PRO-conservanti, soprattutto antiossidanti come i tocoferoli (vit. E) e polifenoli
  2. Tipo di tecnologie utilizzate per la conservazione POST copertura: la pastorizzazione e la sterilizzazione determinano una riduzione degli antiossidanti dell'olio stesso.

A tal proposito, l'olio extravergine d'oliva, oltre a contenere un'ottima porzione di antiossidanti, si distingue per l'eccellente stabilità termica che ne favorisce l'integrità anche dopo il trattamento di sterilizzazione. Questo aspetto lo rende particolarmente adatto alla conservazione degli alimenti pastorizzati e/o sterilizzati dopo la copertura. Inoltre, l'olio extravergine d'oliva si caratterizza per una modesta porzione di acidi grassi polinsaturi rispetto a quella di monoinsaturi. Questi ultimi, pur NON essendo essenziali, si caratterizzano per una maggior stabilità ossidativa e termica, e contribuiscono a determinare le proprietà chimiche conservative dell'olio extravergine d'oliva; al contrario, gli oli di semi (con le dovute differenze) non posseggono caratteristiche altrettanto eccelse, essendo molto più ricchi di acidi grassi polinsaturi suscettibili all'ossidazione.
NB. Si consiglia di scegliere accuratamente il tipo di olio extravergine d'oliva da utilizzare in base al tipo di alimento conservato. Per cibi grassi dal gusto deciso è consigliabile un olio gustativamente debole ma ricco in antiossidanti, mentre per ortaggi o altri alimenti dal sapore meno accentuato sarebbe opportuno scegliere un olio forte e possibilmente dal retrogusto amarognolo e piccantino.


Bibliografia:

  • Manuale pratico di igiene – U. Sasso – Piccin – pag 139
  • L'olio extravergine d'olivva – V. Sciancalepore - Hoepli

Autore

Riccardo Borgacci

Riccardo Borgacci

Dietista e Scienziato Motorio
Laureato in Scienze motorie e in Dietistica, esercita in libera professione attività di tipo ambulatoriale come dietista e personal trainer