Cos'è l'Acroleina
L'acroleina è un'ALDEIDE volatile, epato-tossica ed irritante per tutte le mucose dell'organismo; sinonimi di acroleina sono acrilaldeide o 2-propenale.
Produzione
L'acroleina deriva dal catabolismo del GLICEROLO [esterificato con acidi grassi nei trigliceridi (lipidi)] ed è prodotta in maniera significativa durante:
- Il superamento termico del "punto di fumo" dei grassi e degli oli alimentari durante la cottura
- La combustione della sigaretta (tabagismo)
- La fermentazione errata del mosto in ambito vinicolo; questa reazione è catalizzata dagli enzimi dei batteri lattici (in caso di errore di lavorazione) che, a partire dalla GLICERINA contenuta nel mosto, liberano acroleina.
NB. E' anche possibile riprodurre CHIMICAMENTE la disidratazione del glicerolo in acroleina mediante la Sintesi di Skraup1.
Tossicità
L'acroleina è un contaminante fortemente inquinante e nocivo per l'uomo; costituisce il 5% delle aldeidi atmosferiche2 e, più della FORMALDEIDE (50% del TOT), rappresenta la molecola più pericolosa. Alcuni studi condotti da Kane Alare nel 1978 hanno dimostrato che l'acroleina e la formaldeide agiscono sinergicamente come AGONISTI COMPETITIVI, pertanto la produzione e la gravità delle irritazioni alle mucose dovute all'esposizione atmosferica sono da imputare SOPRATTUTTO alla LORO concentrazione (acroleina + formaldeide) piuttosto che dalla presenza totale di aldeidi volatili.
Pur essendo quantitativamente meno presente della formaldeide, l'acroleina vanta un potenziale irritante sensibilmente superiore; essa, anche a basse concentrazioni, provoca infiammazioni alle mucose congiuntive degli occhi ed alle mucose delle vie aeree. L'esposizione continuativa all'acroleina determina:
- PEGGIORAMENTO dell'irritazione mucosa
- Riduzione della frequenza respiratoria
- Broncocostrizione indotta dalla stimolazione sul riflesso colinergico
- Squilibri enzimatici riconducibili a sofferenza epatica: aumento della fosfatasi alcalina + aumento delle transaminasi = incremento delle secrezioni di cortisolo (feed-back ipofisi-surrene)
NB. Se presente in circolo, l'acroleina risulta potenzialmente tossica ANCHE per il rene e di sicuro fortemente irritante per la mucosa della vescica e dell'uretere. Questa irritazione può evolvere in sfoghi di tipo eritematoso3.
Tutela professionale
Una ricerca del 2008 svolta da Lupoping et al. ha dimostrato che la formaldeide (ma di certo anche l'acroleina) risulta una molecola potenzialmente cancerogena sia per la mucosa nasale che per quella esofagea, oltre ad essere probabilmente responsabile di leucocemie. In virtù dei risultati ottenuti, l'Associazione Italiana Ricerca sul Cancro (AIRC) ha classificato queste molecole come "NOCIVE per l'esposizione professionale" (vedi figure lavorative a contatto con formaldeide ed acroleina).
Acroleina nell'olio per friggere
Gli alimenti ad elevato contenuto di acroleina sono soprattutto quelli fritti oppure cotti violentemente sulla piastra o in padella. L'acroleina si accumula negli oli stra-utilizzati e spesso già esauriti, pertanto, la fonte alimentare più ricca di acroleina è costituita INDUBBIAMENTE dai cibi FRITTI e serviti nella ristorazione collettiva (rosticcerie, ristoranti e fast-food).
La formazione di acroleina negli alimenti è determinata dal superamento del punto di fumo, cioè della temperatura oltre la quale l'olio comincia a:
- Liberare fumo grigio
- Perdere i suoi valori nutrizionali
- Sprigionare cataboliti TOSSICI
Superato il punto di fumo, la produzione di acroleina è maggiore negli oli vegetali a prevalenza insatura, in particolar modo in quelli che presentano un buon quantitativo di acidi grassi polinsaturi (soia, lino, vinaccioli, noce ecc. per questo sconsigliati per la frittura).
L'olio che sprigiona meno acroleina in cottura è senz'altro l'olio di ARACHIDE, perché contiene il 35% di grassi polinsaturi, seguito da quello di semi di girasole (55%). NB. I semi di girasole destinati alla produzione dell'olio vengono mutati geneticamente per incrementare le concentrazioni di acido oleico, elevandone di conseguenza il punto di fumo; pertanto l'olio di semi di girasole è un potenziale Organismo geneticamente Modificato (OGM - Skoric D. et al., Can J Physiol Pharmacol 2008)!
Tuttavia, ciò che è necessario specificare è che tutti gli oli di semi (compreso quello di arachide) subiscono una liberazione significativa di acroleina già dopo una sola frittura, pertanto NON dovrebbero essere utilizzati più volte. Al contrario, l'olio vergine (o extravergine) d'oliva si distingue anch'esso per un buon punto di fumo (grazie alla prevalenza di acidi grassi monoinsaturi) e sembra poter resistere anche a 2-3 fritture consecutive; questa caratteristica è giustificata dall'elevato contenuto in antiossidanti che limitano fortemente la presenza di acroleina nell'olio.
NB. Gli oli di semi NON contengono le stesse quantità di antiossidanti perché durante la lavorazione industriale vengono trattati con solventi chimici, quali esano, butano, propano ecc. (Indart A et al. Free Radic Res 2002).
In definitiva è consigliabile limitare al minimo la frequenza di consumo degli alimenti fritti, soprattutto se ACQUISTATI altrove; inoltre, per prevenire la formazione di acroleina a livello casalingo è consigliabile:
- Rispettare il punto di fumo
- Se si utilizza olio di arachide o di girasole, utilizzarlo per una singola frittura
- Prediligere l'olio vergine o extravergine d'oliva
Bibliografia:
- Chimica dei composti eterociclici farmacologicamente attivi – D. Sica, F. Zolfo – Piccin - pag-81:83
- Trattato di medicina legale e scienze affini – G. Giusti – pag 151-152
- Medicina oncologica – G. Bonadonna, G. Robustelli Della Cuna, P. Valagussa –Elsevier Masson - pag 1764.