Consumo di alimenti processati con grassi e sale, carni rosse e lavorate e il rischio di cancro

Ultima modifica 11.01.2023
Siamo arrivati al terzo appuntamento dedicato al tema della prevenzione oncologica attraverso l'alimentazione. Io sono Giorgia Arosio, sono una biologa nutrizionista, ed in questi video vorrei condividere con voi i legami che ci sono tra alimentazione e cancro, facendo un po' di chiarezza sugli aspetti più dibattuti e cercando di darvi degli spunti per seguire con facilità un'alimentazione preventiva.
 
Nello scorso video abbiamo visto quale dovrebbe essere la base costituente di un'alimentazione che ci aiuti a ridurre il rischio di cancro. Oggi invece vedremo i principali alimenti che, in un'ottica di prevenzione oncologica, sarebbe meglio consumare in modo più moderato: si tratta di alimenti altamente processati, carni rosse e carni lavorate.
 
Con alimenti altamente processati si intendono quei prodotti alimentari pronti all'uso o da consumare solo previo riscaldamento, i quali hanno subito delle importanti lavorazioni tecnologiche a livello industriale. Si tratta ad esempio di cornetti, biscotti e altri prodotti da forno industriali, snack dolci e salati, piatti pronti a base di carne, pesce o verdure, carni processate come crocchette, hot dog e hamburger, bastoncini di pesce e pesci affumicati, o ancora zuppe in scatola. Secondo il Fondo Mondiale per la Ricerca sul Cancro il loro consumo andrebbe limitato al minimo possibile, e il motivo di questa raccomandazione si ritrova in diverse caratteristiche che rendono poco salutari questo tipo di alimenti.
 
Per prima cosa, si tratta in genere di alimenti ricchi di grassi di bassa qualità, cioè sbilanciati verso gli acidi grassi saturi e trans, i quali hanno un effetto proinfiammatorio sul nostro organismo, favorendo gli errori di replicazione cellulare.
 
Oltre a questo, gli alimenti altamente processati sono quasi sempre molto ricchi di sale. Dalla revisione degli studi condotti sul sale in relazione al rischio di cancro è emerso un forte legame tra l'aumento del suo consumo e l'aumento del rischio di cancro a livello dello stomaco.
Per prevenire i rischi legati ad un consumo eccessivo di sale -che non riguardano solo il cancro, ma anche ad esempio tutti i rischi cardiovascolari- si dovrebbero consumare circa 3-4 grammi di sale al giorno, e non bisognerebbe superare i 5 grammi.
 
Questo limite non è riferito al solo sale che aggiungiamo sui nostri piatti o che usiamo per cucinare, ma a tutto il sale che assumiamo attraverso l'alimentazione, dunque considerando anche il sale che si trova naturalmente contenuto negli alimenti e anche quello aggiunto dalle industrie alimentari agli alimenti processati. 
 
Gli italiani purtroppo hanno un consumo medio pro capite di sale che è più del triplo rispetto a quanto sarebbe consigliato. Solo un decimo del consumo proviene dal sale contenuto naturalmente negli alimenti, circa un terzo proviene dal sale che viene aggiunto in cucina o a tavola e tutto il resto del consumo deriva dal sale che gli italiani assumono ogni giorno attraverso i prodotti trasformati e nei consumi fuori casa.
 
Per darvi un esempio di come si potrebbe tornare ad un consumo adeguato di sale, il sale contenuto naturalmente negli alimenti abbinato a quello contenuto nelle quantità consigliate di pane che fanno parte della nostra dieta mediterranea basterebbe per colmare in nostro fabbisogno di questo minerale, e tutto il resto del sale aggiunto in cucina o negli alimenti industriali rappresenterebbe un extra.
 
Essendo ricchi di grassi, amidi raffinati e zuccheri, e al tempo stesso poveri di fibre alimentari e acqua, gli alimenti altamente processati sono molto concentrati in energia e, complici anche il sale e gli additivi ad essi aggiunti, sono molto palatabili. Queste caratteristiche aiutano i cibi processati ad aggirare i naturali sensi di fame e sazietà, e questo porta ad assumere più energia dai pasti rispetto a quella che sarebbe necessaria per l'organismo.
 
Questa tentazione all'utilizzo degli alimenti industriali è ulteriormente rafforzata dal fatto che sono economici, pratici per il consumo e sempre disponibili, non solo nei supermercati ma anche ad esempio nelle macchinette in ufficio o in università, dove è molto più comune trovare una merendina rispetto ad un frutto o un pacchetto di frutta secca al naturale. 
 
Viviamo a tutti gli effetti in un ambiente obesogeno e questo, come abbiamo visto nel primo video, ad oggi è considerato il maggiore fattore di rischio nutrizionale per l'insorgenza del cancro. È importante prenderne consapevolezza per poter adottare delle strategie di prevenzione vincenti, come ad esempio quella di portarsi lo spuntino da casa invece di acquistarlo alla macchinetta dell'ufficio.
 
I grassi di bassa qualità assunti al di fuori degli alimenti processati sono più facilmente contenibili, sopratutto se in cucina si preferisce l'uso dell'olio extravergine d'oliva a quello dei grassi animali e vegetali ricchi di grassi saturi e anche all'uso di quegli oli vegetali che si alterano rapidamente con la cottura, aumentando il proprio effetto proinfiammatorio. L'altra buona abitudine per non eccedere con i grassi di minore qualità è quella di preferire le varietà più magre di carni e formaggi.
 
Quella di limitare il consumo di carne rossa e carne lavorata è un'altra delle principali raccomandazioni del Fondo Mondiale per la Ricerca sul Cancro, e deriva dal fatto che il loro consumo è stato associato ad un aumentato rischio di cancro a livello del colon-retto. I possibili elementi alla base di questa correlazione sono da ricercare nell'alto contenuto di grassi saturi nella media delle carni rosse e nella formazione in queste carni di molecole cancerogene quali ammine eterocicliche e idrocarburi policiclici aromatici che avviene durante la loro cottura alla griglia o su fiamma. 
 
Nelle carni lavorate -cioè tutte quelle carni trasformate attraverso salatura, stagionatura, fermentazione, affumicatura o altri processi attuati per esaltarne il sapore o migliorarne la conservazione- al problema dei composti cancerogeni formati in cottura e dei grassi saturi si aggiungono il fattore di rischio dell'alto contenuto in sale e la maggiore presenza di nitrati e nitriti, molecole che possono favorire il danno ossidativo del nostro DNA
 
Per tutte queste ragioni, il consiglio degli esperti per prevenire il rischio di cancro correlato a questi alimenti è quello di minimizzare o meglio ancora evitare il consumo delle carni lavorate e non superare il limite di 350-500 grammi a cotto per le carni rosse fresche. Considerare un limite di consumo inferiore, che si mantenga entro i 100g di carne rossa a settimana, a favore di un maggiore consumo di fonti proteiche vegetali quali i legumi ed i loro derivati, permetterebbe di seguire un'alimentazione non solo nutrizionalmente bilanciata, ma anche più sostenibile per l'ambiente.
 

Autore

Giorgia Arosio

Giorgia Arosio

Biologa nutrizionista
Biologa Nutrizionista di Milano, la dr.ssa Arosio lavora come libera professionista sia nel suo studio a Milano sia attraverso i consulti a distanza. Specializzata in nutrizione clinica, nutrizione sportiva e counseling alimentare, segue un approccio improntato sull’ascolto attivo e sulla massima personalizzazione dei percorsi nutrizionali, per aiutare persone dall’adolescenza fino all’età senile, in salute o in condizioni patologiche, a ritrovare il proprio equilibrio alimentare e la migliore condizione fisica