Ultima modifica 28.02.2020

In questa video-lezione continuiamo a parlare del papilloma virus umano (conosciuto anche con la sigla HPV). Nelle precedenti lezioni abbiamo visto le possibili conseguenze dell'infezione, soprattutto per quanto riguarda il tumore del collo dell'utero; inoltre, sul fronte della prevenzione, abbiamo scoperto che grazie al pap test e al più moderno HPV test è possibile identificare sul nascere le lesioni associate all'infezione, per poi trattarle efficacemente prima che degenerino in tumore. Oggi, invece, affrontiamo un’altra importante strategia sul fronte della prevenzione, rappresentata dalla vaccinazione contro il papilloma virus umano.

Da qualche anno, sono disponibili due vaccini, uno bivalente ed uno tetravalente, chiamati rispettivamente Cervarix e Gardasil. Entrambi i vaccini sono in grado di prevenire, nella quasi totalità dei casi, l’infezione persistente da parte di due ceppi di papilloma virus ad alto rischio oncogeno; in particolare, questi vaccini proteggono dagli HPV 16 e 18, che da soli sono responsabili del 70% dei casi di tumore alla cervice uterina. Inoltre, soltanto il vaccino tetravalente, quindi il Gardasil, protegge anche dai genotipi 6 e 11, che sono associati ad alterazioni benigne dette condilomi o verruche genitali.
Come ogni altro vaccino, Cervarix e Gardasil agiscono stimolando le difese immunitarie dell’organismo, al fine di indurre una protezione immunitaria dall'infezione. In questo modo, contribuiscono significativamente alla prevenzione del tumore al collo dell’utero. È bene sottolineare, quindi, che il vaccino ha uno scopo preventivo, non curativo. Inoltre, la vaccinazione è meno efficace nelle donne che hanno già contratto l’infezione da HPV, che è molto frequente nelle persone sessualmente attive.

Il vaccino contro il papilloma virus umano non è obbligatorio, ma è comunque raccomandato dal Ministero della Salute. L’offerta gratuita del vaccino è prevista per le adolescenti che entrano nel 12º anno di età, ovvero di 11 anni compiuti. Questo poiché a tale età si presume che la maggioranza delle ragazze non abbia ancora iniziato un’attività sessuale. Inoltre, alcuni studi hanno provato che nelle adolescenti la risposta immunitaria è maggiore rispetto a quella delle giovani donne. Occorre poi sottolineare come alcune Regioni offrano gratuitamente la vaccinazione anche a fasce più ampie della popolazione, al di sotto dei 26 anni.
La vaccinazione può comunque essere effettuata a pagamento anche dalle donne al di fuori da queste fasce d’età, previa indicazione e prescrizione del proprio medico. Prima, però, nel caso la donna abbia già avuto rapporti sessuali, in genere, le viene consigliato di eseguire il test HPV. In linea generale, infatti, la massima protezione si ottiene se il vaccino viene effettuato prima di un’eventuale esposizione al virus, quindi prima di avere dei rapporti sessuali. Inoltre, recenti ricerche hanno sollevato la possibilità di sottoporre alla vaccinazione anche i maschi.

Il vaccino viene somministrato con un’iniezione nel muscolo deltoide, cioè nella parte alta del braccio. Il programma di vaccinazione prevede che si eseguano tre diverse iniezioni ad intervalli stabiliti, quindi avremo una dose iniziale e due successivi richiami, entro 6 mesi dalla prima. Per ottenere una protezione idonea, è molto importante che vengano somministrate tutte e tre le dosi.
La vaccinazione, in genere, è ben tollerata. Gli effetti collaterali che possono eventualmente manifestarsi in seguito alla somministrazione del vaccino, comprendono dolore, arrossamento, gonfiore e prurito nella sede dell’iniezione. Queste reazioni locali al vaccino sono, in genere, lievi e comunque transitorie, e si risolvono spontaneamente entro pochi giorni. Altre reazioni avverse conseguenti alla vaccinazione sono la comparsa di febbre, orticaria e, solo per il bivalente, mal di testa, nausea, dolore addominale, muscolare o articolare.

Una dose di vaccino è composta da particelle simil-virali (dette VLP), prodotte con la tecnologia DNA-ricombinante, mediante la quale si ottengono gli antigeni virali purificati. In parole semplici, si riproduce in laboratorio il guscio vuoto dei virus HPV 6, 11, 16 e 18; tale guscio è vuoto poiché non contiene né DNA, né altre proteine virali. Proprio perché non contiene acidi nucleici virali, non c’è alcuna possibilità che il vaccino provochi l’infezione. Le particelle iniettate non sono, di conseguenza, né infettanti né oncogene,
ma conservano la capacità di stimolare una significativa risposta anticorpale. Così, nel caso di un eventuale contatto futuro con il papilloma virus, l’organismo sarà in grado di contrastare l’infezione. Non si potranno, quindi, verificare i cambiamenti precancerosi cervicali, né la conseguente evoluzione in tumore.


Attenzione però, il vaccino non deve indurre ad abbassare la guardia contro i pericoli associati alle infezioni da papilloma virus. In altre parole, anche le donne vaccinate dovranno sottoporsi allo screening periodico previsto per il tumore del collo dell’utero. Infatti, come abbiamo visto, il vaccino protegge solo dai ceppi 16 e 18, mentre non garantisce una copertura altrettanto efficace nei confronti di altri HPV a potenziale oncogeno. Anche dopo l’eventuale vaccinazione, quindi, è molto importante continuare a sottoporsi regolarmente al Pap-test o all'HPV test.