Ultima modifica 01.04.2020

Oggi parleremo del tumore del colon-retto, che in Italia rappresenta la seconda neoplasia più frequente e anche la seconda causa di morte per tumore. In questo primo video vedremo insieme di cosa si tratta e quali fattori possono favorirne l’insorgenza. Nella prossima puntata analizzeremo invece gli esami per la diagnosi e le possibilità di trattamento.

Il tumore del colon-retto coinvolge l’ultima parte dell’intestino, chiamata intestino crasso o grosso intestino. Vi ricordo brevemente che l’intestino crasso è l’ultimo tratto dell’apparato digerente. Il suo aspetto è quello di un grosso tubo, che inizia dall’intestino cieco, si continua nel colon, termina nel retto e si apre all'esterno attraverso l’ano. Volendo essere precisi, intestino crasso e colon non sono quindi esattamente sinonimi, dato che il colon è solo una porzione, seppur predominante, dell'intestino crasso. La principale funzione dell'intestino crasso è quella di riassorbire sali minerali, acqua e vitamine prodotte dalla flora batterica locale. Inoltre, favorisce la progressione delle feci e il loro accumulo nell'ampolla rettale prima dell'espulsione all'esterno. Il tumore del colon-retto insorge a causa di una proliferazione incontrollata di alcune cellule che compongono la superficie mucosa dell'organo. Stiamo quindi parlando del rivestimento più interno della parete intestinale, quello, per intenderci, a diretto contatto con le feci. Nella gran parte dei casi, questo tumore origina a partire da un polipo intestinale preesistente. Il rischio che un polipo degeneri in tumore è generalmente basso, ma aumenta sensibilmente per alcune tipologie di polipi e per polipi di grosse dimensioni.

Come accorgersi di un tumore al colon retto? Purtroppo, come molti altri tumori, anche quello del grosso intestino tende a non dare segni di sé per parecchio tempo. I campanelli d’allarme a cui prestare attenzione sono la perdita di sangue con le feci e la modificazione persistente delle abitudini intestinali; in pratica un controllo medico diventa opportuno quando insorge un lungo periodo di inspiegabile stitichezza o se si alternano periodi di stipsi e diarrea. Per evitare inutili allarmismi ricordo che tracce di sangue nella carta igienica sono generalmente un segno di ragadi anali o emorroidi, che rappresentano disturbi assai più diffusi e comuni rispetto al cancro al colon. Anche la modifica delle abitudini intestinali può riconoscere altre cause d'origine che nulla hanno a che fare con il tumore. Ad ogni modo, è bene non sottovalutare tutti questi sintomi. Quando il tumore del colon-retto entra in uno stadio avanzato, i sintomi si fanno più specifici. Possono manifestarsi dolori addominali di tipo colico, nausea e vomito, evacuazione di abbondante muco con le feci e tenesmo, ovvero uno stimolo continuo all’evacuazione. Inoltre, si può osservare anemia, una rapida perdita di peso o l'emissione di feci dure e nastriformi, quindi molto sottili. Come altri tumori, anche quello del colon-retto può dare origine a metastasi; significa che la malattia può estendersi anche in sedi diverse dal colon per disseminazione delle cellule neoplastiche. Le metastasi del tumore al colon-retto si verificano per lo più a livello del fegato, dato il collegamento dei due organi attraverso la vena porta. Il tumore del colon-retto colpisce in egual misura gli uomini e le donne; secondo gli ultimi dati forniti dall'associazione italiana registro tumori, occupa il terzo posto per incidenza nell’uomo, dopo il tumore della prostata e del polmone, e il secondo posto nelle donne dopo il tumore della mammella. In Italia, le cifre sono quindi impressionanti; grossomodo vengono diagnosticati circa 38.000 nuovi casi di tumori del colon-retto ogni anno. Essendo spesso associato all'invecchiamento, l'aumento dell'incidenza registrato negli ultimi anni si spiega in gran parte con l'aumento generalizzato dell'età media della popolazione; inoltre, va sottolineato un aumento della sensibilità verso il problema con esecuzione di ampi programmi di screening generalizzati. Un altro dato molto importante è che negli ultimi anni si è registrata una diminuzione della mortalità. Un contributo efficace, in tal senso, è dato soprattutto da un’informazione adeguata, dagli interventi preventivi e dalla diagnosi precoce. Si registrano progressi anche per quanto riguarda il campo della terapia: circa il 60% dei pazienti a cui è diagnosticato il tumore del colon-retto è infatti in vita a 5 anni dalla diagnosi. I tumori del colon-retto, infatti, dal punto di vista biologico, sono generalmente neoplasie a basso potenziale maligno. Il trattamento, quindi, se applicato in fase precoce, è generalmente curativo.

Abbiamo anticipato che la maggior parte dei tumori del colon-retto si sviluppa dalla trasformazione in senso neoplastico di lesioni pre-esistenti, i cosiddetti polipi intestinali. Si tratta di piccole estroflessioni della mucosa, dovute ad una proliferazione cellulare alterata, ma inizialmente benigna. Tra i diversi tipi di polipi, i più pericolosi sono quelli adenomatosi, poiché, se lasciati in sede, hanno buone probabilità di evolvere entro breve tempo verso forme maligne. I test di screening, come ad esempio la ricerca di tracce di sangue occulto nelle feci e la colonscopia, possono aiutare nell’individuare precocemente i polipi, in modo da asportarli e prevenire così la formazione di tumori maligni. C’è da aggiungere che oggi è ormai nota la cosiddetta “sequenza adenoma-carcinoma”; si tratta di tutte quelle fasi che da una cellula normale della mucosa dell’intestino, passando attraverso la formazione di polipi, portano all’insorgenza del tumore. Senza scendere troppo nei dettagli, la progressione della malattia è dovuta all’accumularsi di una serie di modificazioni a livello genico, che si possono evidenziare attraverso specifiche indagini diagnostiche. Per quanto riguarda le cause vere e proprie, queste non sono ancora chiarite del tutto. Probabilmente non esiste un'unica causa; piuttosto, il tumore deriverebbe dall'interazione tra fattori genetici, scritti nel nostro DNA, e specifici fattori ambientali. Sappiamo, ad esempio, che le probabilità di ammalarsi di tumore del colon-retto crescono in presenza di altre condizioni patologiche, come le malattie infiammatorie croniche dell’intestino. Le persone affette da colite ulcerosa o morbo di Crohn, infatti, presentano un alto rischio di sviluppare una neoplasia maligna intestinale; in particolare, tale rischio aumenta soprattutto all'aumentare della durata della malattia. Come accennato, è possibile ereditare la predisposizione ad ammalarsi di tumore al colon-retto dai genitori; per questo, se nella famiglia di origine sono presenti casi di patologie dovute a specifiche alterazioni genetiche, è bene prestare massima attenzione e sottoporsi a regolari esami di screening. Tra queste patologie, sono da segnalare la poliposi adenomatosa familiare, la sindrome di Lynch e la sindrome di Gardner. Sempre in termini di predisposizione genetica, è stato accertato che la probabilità di sviluppare il tumore del colon-retto aumenta se si hanno casi di parenti di primo grado - quindi genitori, fratelli o figli - colpiti da questa stessa neoplasia.

Passando ai fattori ambientali, si ritiene che la dieta sia il fattore di rischio più importante. Diversi studi scientifici suggeriscono, in particolare, che una dieta ipercalorica, ricca di grassi animali e carni rosse, ma povera di fibre, possa aumentare il rischio di sviluppare questo tumore. Al contrario, un’alimentazione ricca di frutta, vegetali e cereali integrali sembra svolgere un ruolo protettivo. Occorre però precisare che difficilmente le errate abitudini alimentari rappresentano l’unica causa di tumore del colon-retto; sicuramente possono comunque contribuire, in senso negativo, in presenza di altri fattori predisponenti. Tra questi ricordiamo anche il fumo, l’obesità, la scarsa attività fisica e l’abuso di alcol. Come per altri tumori, il rischio di ammalarsi aumenta con l’età. Nonostante il tumore del colon-retto possa insorgere a qualsiasi età, la malattia è rara tra i giovani e diventa più frequente dai 50 anni in poi. A partire da questa età, infatti, vengono generalmente raccomandate misure di prevenzione, come la ricerca del sangue occulto nelle feci e la colonscopia. La prima è consigliata una volta all'anno o ogni due, mentre la seconda, sicuramente meno gradita ma più attendibile, può essere ripetuta anche una sola volta ogni 10 anni.