Reflusso gastroesofageo - Video: Cause, Sintomi, Cure

Ultima modifica 19.02.2020

Il reflusso gastroesofageo è un disturbo caratterizzato dalla risalita involontaria del contenuto acido dello stomaco, verso l'alto, quindi nell’esofago. Entro certi limiti si tratta di un fenomeno fisiologico, quindi normale; tuttavia, quando diviene troppo intenso e frequente provoca tutta una serie di disturbi al paziente, sconfinando quindi nel patologico. In questi casi si parla più correttamente di malattia da reflusso gastroesofageo. Quando mangiamo, il cibo ingerito passa dall’esofago allo stomaco, per poi continuare il ciclo della digestione. Tra l'esofago e lo stomaco esiste una sorta di valvola che regola il passaggio del cibo, chiamata sfintere gastroesofageo e appartenente al cardias. Questa valvola si apre per far passare il cibo dopo la deglutizione e si chiude immediatamente dopo; in questo modo, impedisce al contenuto acido dello stomaco di risalire nell'esofago e di danneggiarlo con la sua acidità. Nelle persone con malattia da reflusso gastroesofageo questa valvola non funziona bene, cioè si apre quando non dovrebbe. Di conseguenza, il cibo e i succhi gastrici possono refluire indietro verso l’esofago provocando una sgradevole sensazione di bruciore alla bocca dello stomaco, rigurgito acido, alito cattivo o salivazione eccessiva. Questi “umori” acidi possono arrivare addirittura in gola, causando anche in questa sede sintomi quali tosse e bruciore. Il reflusso gastroesofageo può essere un disturbo passeggero, ma può anche diventare una vera e propria malattia soggetta a complicazioni anche gravi. Nelle forme più lievi, si può intervenire con successo cambiando semplicemente alimentazione e stile di vita. Nei casi più gravi, invece, queste regole devono essere integrate da uno specifico trattamento farmacologico.

Le cause del reflusso gastroesofageo possono essere diverse. Abbiamo già detto che alla base del problema troviamo l'incontinenza della valvola che separa lo stomaco dall’esofago, la quale, non chiudendosi a dovere, lascia risalire il contenuto gastrico.
I motivi per cui la valvola non si chiude come dovrebbe sono numerosi. Tra i maggiori ricordiamo l’assunzione di alcuni farmaci, la sindrome del colon irritabile o la presenza di un’ernia iatale. Anche la gravidanza, l'obesità, lo stress, il fumo di sigaretta e la prolungata permanenza di cibo nello stomaco possono favorire la comparsa dei sintomi. Altre possibili cause sono da attribuire alle scorrette abitudini alimentari e a stili di vita non salutari, come coricarsi subito dopo i pasti o l’abitudine a mangiare in fretta masticando poco. Come abbiamo già sottolineato, il reflusso gastroesofageo tende a verificarsi in modo saltuario in tutte le persone, soprattutto nei neonati e negli anziani, e normalmente non ce ne rendiamo nemmeno conto. Altre volte, invece, il reflusso diviene così frequente e fastidioso da diventare una vera e propria patologia, tanto che si parla di malattia da reflusso gastroesofageo. In tal caso, è meglio rivolgersi subito a un medico che possa dare indicazioni sul da farsi. Purtroppo, proprio perché i disturbi di acidità sono comunissimi tra la popolazione, spesso il paziente si rivolge al medico solo dopo anni di convivenza con la malattia. Si tratta ovviamente di un comportamento sbagliato, poiché sottovalutare i campanelli d'allarme può causare complicanze anche serie.

I sintomi caratteristici del reflusso gastroesofageo sono la pirosi e il rigurgito. La pirosi non è altro che una fastidiosa sensazione di bruciore a livello retrosternale, mentre il rigurgito è il ritorno verso la gola o in bocca del materiale acido contenuto nello stomaco. Molto frequente è anche il dolore toracico e la salivazione eccessiva. Oltre a questi sintomi frequenti, ne possono essere presenti anche altri meno comuni, detti atipici, che comprendono difficoltà a deglutire, nausea, vomito, gonfiore gastrico, singhiozzo, disturbi dell'apparato respiratorio con tosse cronica, raucedine, laringiti e addirittura asma. I sintomi si possono presentare in modo continuativo durante la giornata oppure in modo intermittente. Ad esempio, il reflusso può verificarsi al risveglio, dopo i pasti e durante la notte oppure presentarsi solo in posizione sdraiata e mentre ci si piega in avanti, ad esempio, mentre ci si allaccia le scarpe. È ovvio che questi sintomi, oltre a compromettere la salute, incidono molto sulla qualità della vita, condizionando negativamente anche il riposo notturno.

Per quanto riguarda le complicazioni cui abbiamo più volte accennato, se non viene opportunamente trattata, la malattia da reflusso gastroesofageo può danneggiare la mucosa dell'esofago provocando esofagite, ulcerazioni, emorragie e stenosi; inoltre, i ripetuti insulti acidi possono provocare delle alterazioni cellulari dell'esofago dando vita a lesioni precancerose, tra cui l'esofago di Barrett.

Sebbene la presenza frequente di bruciore dietro il petto e rigurgito acido indichino chiaramente la presenza del reflusso, è comunque necessario eseguire degli esami per confermare la diagnosi. A tal proposito, sono disponibili diverse opzioni strumentali; vediamo insieme le principali.
Tra gli esami che contribuiscono alla diagnosi certa della malattia da reflusso, citiamo ad esempio la misurazione del pH esofageo. La metodica prevede l'introduzione di un sottile sondino che, passando attraverso il naso, viene portato fino a livello del “passaggio esofago-stomaco”. La sonda è poi collegata ad un “registratore” in grado di analizzare le variazioni di acidità, durante un periodo di 24 ore, sia a livello esofageo, che faringo-laringeo. La pH-metria consente di misurare, quindi, il numero di episodi di reflusso, la quantità di materiale refluito, l’eventuale correlazione con la posizione del paziente e con l'assunzione del cibo. L'esame più comune e conosciuto rimane comunque l'endoscopia esofago-gastrica, detta più semplicemente gastroscopia, basata sull’uso di uno strumento flessibile, introdotto dalla bocca. L’esame consente di diagnosticare l'esofagite dovuta al reflusso patologico. In altre parole, l'indagine informa sulla presenza di un’infiammazione della mucosa esofagea e sulla possibile esistenza di altre patologie concomitanti, quali ernia iatale, gastrite, ulcera e neoplasie. Oltre a permettere l'esame visivo di questi organi, infatti la gastroscopia consente anche il prelievo di piccoli frammenti di mucosa da sottoporre ad esame istologico. Un altra indagine disponibile è la manometria gastroesofagea, utile per valutare se ci sono anomalie della motilità dell'esofago e la continenza del cardias. L'esame radiologico delle prime vie digerenti, invece, è indicato soprattutto quando si sospetta una malformazione di tipo anatomico, come nel caso, ad esempio, di un restringimento del lume esofageo, di un’ernia iatale o di altre lesioni ostruttive.

La terapia medica del reflusso gastroesofageo si avvale principalmente di farmaci in grado di abbattere la secrezione acida gastrica. A tal proposito, è previsto l'uso di inibitori della pompa protonica, come l’omeprazolo o il pantoprazolo, o di antagonisti del recettore H2 dell’istamina, come la famotidina e la ranitidina. Altri farmaci particolarmente utili sono i cosiddetti procinetici, i quali agiscono accelerando lo svuotamento gastrico; in questo modo impediscono il reflusso e stimolano la motilità dell'apparato digerente. Un ruolo minore rispetto al passato hanno gli antiacidi, che neutralizzano l'acido nello stomaco, senza però garantire un risultato terapeutico significativo. Questi farmaci possono comunque essere associati ad altre terapie, come rimedio sintomatico. Infine, in casi fortunatamente rari può essere indicato un intervento chirurgico per impedire il reflusso stesso. Questa misura “estrema” è riservata a pazienti che non rispondono ai farmaci e che presentano contemporanei problemi anatomici, come ernie iatali di grado severo.

Prima di pensare ai farmaci, e comunque in associazione ad essi, è fondamentale mettere in atto specifici accorgimenti alimentari e comportamentali che possono alleviare i sintomi del reflusso gastroesofageo. Per quanto riguarda l’alimentazione, i pasti dovrebbero essere di facile digestione e non troppo copiosi. Andrebbero quindi ridotti al minimo gli alimenti ricchi di grassi, come molti insaccati, e le fritture, che ritardano lo svuotamento gastrico. Inoltre, vanno assolutamente evitati alcuni cibi che potrebbero peggiorare l'acidità, come cioccolata, caffè, alcolici, menta, condimenti piccanti e quelli a base di aceto e limone. Occorre poi limitare l'assunzione di agrumi e pomodori, nonché dei relativi succhi. Un prezioso consiglio è chiaramente quello di mangiare lentamente, masticando bene ogni boccone, possibilmente in un ambiente rilassante. Si consiglia, inoltre, di evitare di assumere la posizione orizzontale immediatamente dopo aver mangiato. Prima di sdraiarsi, sarebbe invece opportuno aspettare almeno 2-3 ore. Oltre a tutto ciò, se è presente una condizione di sovrappeso, è importante ridurre gradualmente il peso e la circonferenza addominale tramite una dieta leggermente ipocalorica associataregolare attività motoria. Un’altra misura preventiva utile è sicuramente quella di smettere di fumare; il fumo, infatti, favorisce il rilasciamento dello sfintere esofageo, favorendo il reflusso. Per migliorare i sintomi del reflusso gastroesofageo e la qualità del sonno, è possibile anche alzare la testiera del letto di circa 15 cm, in modo da dormire con il capo e il busto leggermente sollevati; vanno invece evitate pile di cuscini troppo alte che farebbero aumentare la pressione intra-addominale. Come ultimo consiglio, è importante rinunciare a cinture o indumenti troppo stretti in vita, perché tendono a far aumentare la pressione addominale.