Ultima modifica 27.11.2019

Nel precedente video abbiamo iniziato a conoscere il papilloma virus umano, noto anche come HPV. Abbiamo visto come esso sia responsabile di condilomi e verruche genitali benigne, ma anche di lesioni che possono evolvere in diverse forme tumorali. In particolare, abbiamo evidenziato come l’infezione genitale da papilloma virus rappresenti la principale causa di tumore del collo dell’utero, o della cervice uterina che dir si voglia. Le infezioni da HPV sono estremamente diffuse e il contagio avviene principalmente attraverso l’attività sessuale, ma risulta possibile anche per contatto intimo pelle contro pelle. Nei casi in cui il sistema immunitario non riesce a superare l'infezione, questa malattia evolve lentamente fino alla formazione di lesioni pre-cancerose, chiamate displasie. Fortunatamente, se individuate in tempo, queste lesioni possono essere efficacemente trattate e risolte, prima che evolvano ulteriormente verso il tumore. Le armi più efficaci contro il papilloma virus sono quindi due: da un lato abbiamo quella nuova, che è la vaccinazione preventiva, dall'altro quella classica, che consente di identificare in tempo le alterazioni precancerose tramite Pap-test, di cui parleremo oggi.

Nel precedente video, abbiamo anche visto che esistono più di 100 differenti tipi di HPV. Tra tutti questi virus, circa 15 genotipi sono considerati oncogeni “ad alto rischio”, cioè fortemente associati ai carcinomi del collo dell'utero. Per essere precisi, ad essere considerati più pericolosi sono in particolare i virus HPV 16 e HPV 18, che sono responsabili, da soli, di circa il 70% dei casi di cancro alla cervice uterina. È importante ricordare che sono necessari molti anni prima che le lesioni provocate dall’HPV si trasformino in tumore. Inoltre, sia le infezioni che le lesioni pretumorali, sono spesso asintomatiche, quindi la donna non si accorge della loro presenza. Per tutti questi motivi è importante che la donna giochi per così dire d’anticipo eseguendo regolarmente specifici esami di screening in grado di individuare eventuali lesioni. Tra questi rientra il Pap-test o test di Papanikolaou, dal nome del medico greco-americano che l’ha ideato.

Ricorrendo ai test di screening, non solo è possibile identificare precocemente anomalie tissutali, ma è offerta anche la possibilità di trattarle e risolverle in maniera adeguata prima che degenerino. Il Pap-test è il classico esame di screening per il tumore della cervice uterina. La sua introduzione ha contribuito in modo significativo alla riduzione della mortalità associata a questo tipo di tumore, oggi molto bassa nei paesi industrializzati ma ancora elevatissima in quelli in via di sviluppo, dove quello al collo dell'utero rappresenta il tumore più frequente tra le donne. Per questo motivo, il pap-test andrebbe eseguito regolarmente da tutte le donne (anche asintomatiche), a partire dai 25 anni di età e ripetuto ogni tre anni. Salvo diversa indicazione medica, sottoporsi al Pap-test una volta all'anno è oggi considerato non solo inutile, ma addirittura dannoso poiché aumenta il rischio di trattamenti inutili. La frequenza ideale con cui ripetere il test è quindi una volta ogni tre anni.


L’esecuzione del Pap-test è piuttosto semplice, non dolorosa, né traumatica. Il medico inserisce un piccolo divaricatore, chiamato speculum, nella vagina, in modo da favorire il prelievo. Poi, con una speciale spatolina e un tampone, raccoglie delicatamente alcune cellule dagli strati più superficiali del collo dell’utero e del canale cervicale. Le cellule prelevate sono poi strisciate su un vetrino, cosparse di reagente e inviate al laboratorio. L’analisi al microscopio del campione permette di individuare eventuali cellule con caratteristiche pre-tumorali o tumorali e, sulla base del loro grado di atipicità, di stimare il livello di danno tissutale. Prima di sottoporsi all’esame, è necessario sospendere eventuali trattamenti con ovuli o candelette vaginali almeno nei due giorni precedenti. Allo stesso modo occorre evitare lavande vaginali interne, bagno in vasca e rapporti sessuali nelle 24 ore precedenti. Il Pap-test, inoltre, non può essere eseguito durante il periodo mestruale. Quando il Pap-test non evidenzia lesioni, si dice che l'esame ha esito negativo e la donna viene invitata a ripetere l’esame dopo tre anni. Quando, invece, il Pap-test risulta positivo significa che l’esame citologico ha riscontrato la presenza di cellule anomale; in questi casi è prevista l’esecuzione di esami di approfondimento. In particolare, per prima cosa, la donna è invitata a sottoporsi ad una colposcopia. Il ginecologo usa un apposito strumento, chiamato colposcopio, che permette di illuminare il collo dell’utero e di vederlo ingrandito. In tal modo, è in grado di confermare la presenza di lesioni, valutarne l’estensione ed eseguire un esame bioptico. La biopsia consiste in un piccolo prelievo di tessuto dal collo dell’utero, da sottoporre all’esame istologico di conferma. In altre parole, conferma definitivamente le caratteristiche esatte delle lesioni sospette.

Oltre al Pap-test, oggi è disponibile un altro esame di screening, chiamato HPV test
, che permette di individuare la presenza del DNA del papilloma virus nelle cellule cervicali. Rispetto al Pap-test, quindi, si scopre se la donna ha contratto un virus potenzialmente oncogeno, ancor prima che si sviluppino eventuali lesioni. In altre parole, questo esame può individuare le donne con la predisposizione al tumore del collo dell’utero.
L'HPV test si esegue con modalità analoghe a quelle del Pap-test. Consiste, infatti, nel prelievo di una piccola quantità di cellule dal collo dell’utero. Il materiale prelevato, però, non verrà letto al microscopio, ma sottoposto ad un esame di laboratorio per la ricerca del virus. L’HPV test è stato introdotto come esame di completamento al Pap-test, utile soprattutto per le donne con risultati leggermente anormali. Oggi, però, sappiamo che a partire dai 35 anni può essere eseguito al posto del Pap-test, come esame di screening primario. Tutto ciò grazie agli indubbi vantaggi in termini di sensibilità. Infatti, l'HPV test è in grado di riconoscere anche quei casi che sfuggono al Pap-test ed ha quindi una maggiore capacità di prevenzione del carcinoma della cervice uterina. Un HPV test negativo significa che nelle cellule della cervice uterina non è stato identificato materiale genico del papilloma virus, quindi la donna non è a rischio e può essere esclusa da ulteriori accertamenti. Al contrario, un esito positivo conferma la presenza del DNA virale. Un HPV test positivo non deve comunque mettere ansia, perché non significa necessariamente che sia presente un tumore o che questo si svilupperà in futuro. Questo perché il test HPV è in grado di individuare, anche infezioni che potrebbero regredire spontaneamente. Per questa ragione, l’esame è raccomandato per le donne sopra i 30-35 anni, dato che al di sotto di questa età sono comuni le infezioni destinate a regredire spontaneamente. Inoltre, a differenza del test di Papanikolaou, in caso di negatività l'HPV test viene ripetuto non ogni tre, ma ogni 5 anni.