Osteoporosi - Video: Cause, Sintomi, Cure

Ultima modifica 27.09.2021

L’osteoporosi è una malattia delle ossa, che le rende più fragili e soggette a fratture. In una persona colpita da osteoporosi il tessuto osseo si presenta rarefatto e la massa ossea è inferiore alla norma. Entro certi limiti, nell'anziano questa perdita di tessuto osseo è un fenomeno normale, che accompagna il processo di invecchiamento. Vi sono però numerosi fattori che possono accelerare la comparsa di osteoporosi; ad esempio, è noto che un momento critico per le donne è rappresentato dall'ingresso in menopausa. Anche per questo, in media il sesso femminile è colpito da osteoporosi 4 volte di più rispetto a quello maschile. Una caratteristica importante dell'osteoporosi è di essere una “malattia silenziosa”. Con l'aggettivo silenzioso si intende sottolineare la generale assenza di sintomi, almeno nelle fasi precoci. Inizialmente, infatti, la perdita ossea non provoca sintomi o disturbi al paziente, che spesso si accorge del problema solo in seguito a fratture causate dalla fragilità ossea. Anca, femore, polso e vertebre sono le sedi più soggette a fratture di natura osteoporotica. Per questo motivo è importante controllare periodicamente la salute delle proprie ossa, attraverso esami diagnostici mirati, come la Mineralometria Ossea Computerizzata. Come vedremo meglio nel prossimo video, infatti, l’osteoporosi può essere prevenuta e trattata; quindi, grazie ad una diagnosi precoce e ad un trattamento appropriato è possibile rallentarne la progressione e ridurre il rischio di incorrere in una frattura.

Per capire bene cosa succede in un osso colpito da osteoporosi, occorre anzitutto ricordare alcuni aspetti relativi all’anatomia e alla funzione del sistema scheletrico. Lo scheletro, che rappresenta l’impalcatura del nostro corpo, è formato da ossa e tessuto cartilagineo. Questa struttura scheletrica svolge molteplici funzioni, sostiene ad esempio il corpo, interagisce con l’apparato muscolare consentendo il movimento e protegge organi vitali come il cervello, il midollo spinale, il cuore e i polmoni. Inoltre, le ossa rappresentano una riserva di sali minerali, in particolare di calcio e fosforo, e di altre sostanze, a cui l’organismo attinge in particolari condizioni patologiche o di carenze alimentari. Da quanto avrete capito, l’osso è un tessuto un po’ particolare. L’organizzazione di base del tessuto osseo è costituita per circa un terzo da sostanza organica e da due terzi da sostanza inorganica, quindi da sali minerali. La componente organica forma una specie di intelaiatura costituita da proteine di vario tipo, come il collagene, che conferiscono elasticità e coesione alle ossa. La componente inorganica, formata per lo più da idrossiapatite, conferisce invece durezza e resistenza allo scheletro. Questa particolare struttura conferisce all’osso proprietà veramente eccezionali. Ne risulta, infatti, una struttura robusta, dotata di notevole resistenza meccanica, ma nel contempo elastica e flessibile.

Contrariamente a quanto molti credono, anche l’osso è un tessuto “vivo” del nostro corpo. Basti pensare, ad esempio, ai cambiamenti che subisce nel corso della crescita e dello sviluppo, o al fatto che lo scheletro si rinnovi completamente ogni 8-10 anni. Il tessuto osseo, infatti, viene sottoposto ad un continuo processo di rinnovamento, che dura tutta la vita. Questo processo, chiamato rimodellamento osseo, avviene attraverso particolari meccanismi di distruzione e ricostruzione, operati da cellule specializzate chiamate osteoblasti e osteoclasti. Entrambe queste cellule lavorano incessantemente per controllare e mantenere il giusto livello di mineralizzazione ossea, ma lo fanno con meccanismi opposti tra loro. Gli osteoclasti, infatti, demoliscono piccole aree di osso vecchio o danneggiato, mentre gli osteoblasti ricostruiscono le nuove parti strutturali dell’osso, riempiendo le microscopiche lacune lasciate dagli osteoclasti. Dunque, ricapitolando, gli osteoclasti distruggono, mentre gli osteoblasti costruiscono, lavorando in equilibrio tra loro. Nel corso della vita, tuttavia, possono crearsi delle condizioni in cui la quantità di osso riassorbita dagli osteoclasti è maggiore di quella prodotta dagli osteoblasti. In pratica, la quantità di osso neoformato è insufficiente per sostituire quello demolito durante la fase di riassorbimento. Se tale squilibrio perdura a lungo, il tessuto osseo si impoverisce e insorge l’osteoporosi.

Abbiamo già detto che la principale complicanza dell’osteoporosi è rappresentata dalle fratture. Il tessuto osseo, diventando più fragile, non riesce a sopportare le normali sollecitazioni fisiologiche. Le ossa, quindi, possono fratturarsi anche per traumi banali, se non addirittura spontaneamente. Non solo. L’assottigliamento e la fragilità ossea predispongono anche ad alterazioni dell’architettura scheletrica. Ciò significa che possono comparire, ad esempio, deviazioni o schiacciamenti della colonna vertebrale, che si possono accompagnare a dolori, come il mal di schiena, e a difficoltà nello stare in piedi. Nell'osteoporosi, la riduzione della massa ossea può essere generalizzata e coinvolgere quindi tutto lo scheletro, oppure interessare solo o soprattutto alcuni segmenti ossei. L’osteoporosi interessa più frequentemente la colonna vertebrale e le ossa lunghe, il bacino e altre sedi, provocando fratture soprattutto a carico delle vertebre, del femore, del polso e dell’omero.

Oltre all'osteoporosi senile, quindi legata all'invecchiamento, la malattia può esistere sotto diverse forme. A tal proposito, una semplice classificazione consiste nel dividere le osteoporosi primitive da quelle secondarie. L’osteoporosi primitiva comprende la forma post-menopausale, quindi successiva alla menopausa, e quella senile. L’osteoporosi secondaria, invece, deriva da altre condizioni mediche o dall’impiego protratto di alcuni farmaci, in grado di contribuire alla perdita della massa ossea. Vediamo ora un pochino più nel dettaglio le forme più comuni di osteoporosi. L’osteoporosi post-menopausale è legata al naturale calo degli estrogeni, che si verifica appunto in menopausa. Questi ormoni sessuali, infatti, sono necessari anche per il normale metabolismo osseo, per cui una loro carenza predispone all'osteoporosi. Non sorprende dunque come le donne che entrano precocemente in menopausa, quindi prima dei 40 anni, siano più esposte al pericolo di osteoporosi. Dell'osteoporosi senile, invece, abbiamo già parlato dicendo che si presenta in età avanzata, dopo i 65-70 anni. Interessa entrambi i sessi, ma per quanto appena visto predilige quello femminile. Entro certi limiti rappresenta inoltre un processo fisiologico, in quanto anche il tessuto osseo è destinato ad invecchiare, e con il passare degli anni va incontro ad una progressiva riduzione quantitativa e qualitativa. Passando all'osteoporosi secondaria, questa è spesso conseguente a terapie mediche prolungate che prevedono l'assunzione di corticosteroidi, quindi di cortisone e derivati. Anche altri farmaci, come gli anti-epilettici, gli immunosoppressori e gli ormoni tiroidei, potrebbero favorire la comparsa di problemi osteoporotici. Tra le patologie che possono favorire l’insorgenza dell’osteoporosi ricordiamo prima di tutto alcune malattie endocrine, come ad esempio il morbo di Cushing, l’ipertiroidismo e l’ipogonadismo. Anche alcune malattie dell’apparato gastro-intestinale, come le sindromi da malassorbimento, la celiachia e il morbo di Crohn, possono tuttavia impoverire il tessuto osseo. Inoltre, va ricordato che l’osteoporosi può riscontrarsi anche in caso di immobilizzazione prolungata, ad esempio dopo una frattura, in presenza di deficit di calcio, di malattie croniche ostruttive dei bronchi e polmoni, di mieloma multiplo, di artrite reumatoide o di alcune neoplasie maligne. Infine, ma non meno importante, il ruolo dello stile di vita, che può pesantemente influenzare il rischio di sviluppare un'osteoporosi. Per esempio, una dieta povera di calcio e la sedentarietà favoriscono la debolezza delle ossa. Altri fattori che aumentano la possibilità di sviluppo dell’osteoporosi sono la predisposizione genetica, la magrezza eccessiva, l’abuso di alcolici e il fumo di sigaretta.