Malattia infiammatoria pelvica - Video: Cause Sintomi Cure

Ultima modifica 25.02.2020

In questa video-lezione conosceremo più da vicino una malattia che abbiamo nominato spesso tra le possibili complicanze di alcune infezioni sessualmente trasmesse trascurate o non opportunamente trattate. Sto parlando della malattia infiammatoria pelvica, più semplicemente nota come PID.

La malattia infiammatoria pelvica è un’infiammazione che colpisce il tratto genitale superiore della donna e i tessuti adiacenti. Spesso, interessa dunque le tube di Falloppio, l’utero, le ovaie, la cervice uterina e il peritoneo circostante. In presenza di una malattia infiammatoria pelvica, tutti questi tessuti diventano infiammati, irritati e gonfi. A lungo andare, il persistere del processo infiammatorio può danneggiare gravemente gli organi riproduttivi, fino ad essere addirittura responsabile della sterilità della donna. Per questo motivo, al primo sospetto è fondamentale un intervento medico immediato. In caso contrario, cioè se la malattia infiammatoria pelvica viene lasciata incurata, le ulteriori complicazioni possono essere molto serie.

La maggior parte dei casi di malattia infiammatoria pelvica sono la conseguenza di un’infezione ascendente. In pratica dalla vagina l'infezione si estende verso l'alto, attraversando la cervice uterina e raggiungendo gli organi pelvici. I fattori che possono contribuire allo sviluppo della malattia infiammatoria pelvica sono numerosi. Questi includono, ad esempio, la promiscuità sessuale, la presenza di una vaginosi batterica o di una malattia sessualmente trasmessa, l’interruzione di gravidanza e l’inserimento di un dispositivo intrauterino, come la spirale contraccettiva. Molti agenti infettivi possono avere un ruolo nel determinare l’insorgenza della malattia infiammatoria pelvica. Tuttavia, la maggior parte dei casi è provocata dai batteri responsabili di 2 tra le più comuni infezioni sessualmente trasmesse. Questi batteri sono la Chlamydia trachomatis e la Neisseria gonorrhoeae. Bisogna inoltre considerare che il danno epiteliale provocato durante le fasi iniziali dell'infezione favorisce a sua volta il sommarsi di ulteriori infezioni, sostenute da patogeni opportunisti come il Micoplasma, batteri di origine intestinale, anaerobi, streptococchi e stafilococchi. Infine, per completezza, occorre ricordare che - seppur assai raramente - la malattia infiammatoria pelvica può anche essere il risultato di un processo che non origina a livello dei genitali, ma raggiunge l’apparato riproduttivo per via ematica, linfatica o per contiguità dagli organi vicini.

Per quanto riguarda i sintomi, la malattia infiammatoria pelvica può essere sintomatica o asintomatica, anche in relazione alle fasi in cui si trova. Inoltre, anche quando sono presenti, le manifestazioni cliniche possono essere così aspecifiche da rendere difficile la formulazione della diagnosi. Il sintomo più comune della malattia infiammatoria pelvica è comunque il dolore addominale, spesso costante e di forte intensità. Elementi caratteristici della malattia infiammatoria pelvica includono anche dolore alla parte inferiore della schiena, rapporti sessuali dolorosi, perdite vaginali anomale per quanto riguarda colore, consistenza o odore, sanguinamento mestruale abbondante o irregolare, febbre, debolezza, nausea e sintomi urinari.

Quando la malattia infiammatoria pelvica si protrae per lungo tempo, tende a cronicizzare. In tal caso, le complicazioni possono essere davvero molto serie ed aumentano le possibilità di dolore pelvico cronico, infezioni genitali ricorrenti e sterilità per occlusione delle tube. Com’è possibile vedere dalla figura, se non si ricorre ad un adeguato trattamento, la malattia infiammatoria pelvica porta alla formazione di tessuto cicatriziale, aderenze ed ascessi all’interno delle tube di Falloppio. Di conseguenza, si assiste ad una ostruzione o deformazione delle tube. Per questo motivo, la malattia infiammatoria pelvica rappresenta la principale causa di gravidanza extrauterina. Infatti, a causa dell'ostruzione cui abbiamo accennato, la cellula uovo fecondata, non potendo raggiungere l’utero, s’impianta a livello delle tube. Naturalmente, la struttura delle tube di Falloppio non è adatta ad accogliere il sacco gestazionale; pertanto, in presenza di gravidanza ectopica si andrà inevitabilmente incontro all’aborto o alla rottura tubarica; quest’ultima evenienza è particolarmente pericolosa e può mettere a repentaglio la vita stessa della paziente. Un'altra complicanza della malattia infiammatoria pelvica è l'estensione dell’infezione al peritoneo. Ciò determina un’infiammazione, chiamata sindrome Fitz-Hugh-Curtis, caratterizzata dalla formazione di tessuto cicatriziale sulla superficie esterna del fegato.

Passiamo ora alla diagnosi. A tal proposito, la malattia infiammatoria pelvica può essere diagnosticata a partire dall’esame pelvico. Durante la visita, il ginecologo controllerà la presenza di secrezioni anomale a livello della vagina o della cervice. Inoltre, indagherà le possibili cause del dolore pelvico, alle tube e associato ai movimenti del collo uterino. L’esame colturale della secrezione cervico-vaginale e del tampone uretrale consente di determinare gli agenti infettivi responsabili, e, soprattutto, di confermare o escludere la presenza della Chlamydia trachomatis e della Neisseria gonorrhoeae. La laparoscopia è considerata il migliore test diagnostico, ma chiaramente è una procedura piuttosto invasiva, perciò non è raccomandata come esame di routine. Nel porre una diagnosi, possono, inoltre, essere d’aiuto l’ecografia e la biopsia endometriale. Quest’ultima, in particolare, consiste nel prelievo di un piccolo campione di endometrio, cioè del tessuto che riveste internamente la cavità uterina. Per quanto riguarda gli esami del sangue, in presenza di malattia infiammatoria pelvica si registra l’aumento della conta dei globuli bianchi e di alcuni indici aspecifici di infiammazione, come la velocità di eritrosedimentazione (VES) e la proteina C-reattiva.

La malattia infiammatoria pelvica può essere curata con antibiotici, eventualmente associati ad antidolorifici. Per ridurre l’infiammazione, invece, possono essere prescritti dei farmaci anti-infiammatori, come il cortisone e i derivati. Nei casi più gravi può rendersi necessario il ricovero in ospedale e il ricorso alla somministrazione di antibiotici per endovena. Fondamentale è la valutazione e l’eventuale trattamento anche del partner, così come l’astensione dai rapporti sessuali per tutta la durata della terapia. Nei casi ancor più gravi, ad esempio quando l’infezione si propaga più in profondità nell’addome o forma un ascesso, può essere necessario un intervento chirurgico. Prima di concludere, dal punto di vista della prevenzione, la possibilità di contrarre la malattia infiammatoria pelvica può essere ridotta evitando comportamenti sessuali rischiosi. In particolare, per ridurre i rischi è consigliato usare il profilattico durante i rapporti sessuali, limitare il numero di partners e sottoporsi a regolari esami di screening, soprattutto per escludere la clamidia e la gonorrea.