In questa puntata
continuiamo a parlare di ictus, vedendo insieme quali sono i sintomi che
dovrebbero metterci in allarme e come possiamo intervenire anche a livello
preventivo.
Brevemente, Vi ricordo che l’ictus
è causato da un’improvvisa mancanza di sangue in un'area più o meno estesa del
cervello; a causare questo deficit di sangue può essere la rottura di un vaso
sanguigno cerebrale
oppure la
presenza di un tappo – quindi di un embolo o di un trombo – che lo occlude. Nel
primo caso, quello della rottura, si parla di ictus emorragico; nel secondo
caso, dov'è coinvolta l'ostruzione da parte di un trombo o di un embolo, si
parla invece di ictus ischemico.
Qualunque sia la causa, se vengono
private del necessario apporto di ossigeno e nutrienti, le cellule del cervello
(chiamate neuroni) muoiono e le parti del corpo che sono sotto il loro
controllo smettono di funzionare. Per questo motivo, riconoscere i segni
premonitori tipici dell’ictus è fondamentale. Esistono, infatti, dei
trattamenti specifici che permettono di limitare conseguenze gravi e
permanenti, se non fatali; tuttavia, affinché questi farmaci siano efficaci, devono
necessariamente essere somministrati a breve distanza dall’esordio dei sintomi
I sintomi dell’ictus variano
in base alla localizzazione e all’estensione dell’area di cervello danneggiata.
Una loro caratteristica, che li differenza dai sintomi di altri disturbi
neurologici, è quella di insorgere bruscamente e senza preavviso.
La manifestazione più frequente
è la comparsa di un’improvvisa difficoltà a muovere un braccio, una gamba o un
lato del viso. Di solito, il disturbo interessa un solo lato del corpo, dalla parte opposta rispetto
alla lesione cerebrale. Spesso, a questo segno si associa una difficoltà a trovare le parole o a capire
ciò che stanno dicendo gli altri.
In altri termini, vengono compromesse le funzioni del linguaggio e la
possibilità di comunicare.
Durante l’ictus, inoltre, potrebbero
verificarsi disturbi improvvisi alla vista a uno o a entrambi gli occhi, mal di
testa lancinante, confusione, perdita di sensibilità, senso di vertigine, problemi
di deambulazione o di coordinazione.
Gli effetti dell’ictus
possono limitarsi ai sintomi iniziali oppure intensificarsi e divenire più
gravi nel corso di poche ore o giorni. Ad esempio, se una persona avverte prima
un intorpidimento ad una mano, potrebbe poi avvertire l’estensione del torpore
al braccio e alla spalla. Nei casi più gravi, la persona colpita può addirittura
perdere la coscienza. Ciò si verifica più spesso negli ictus emorragici, dove
il sangue può raccogliersi nel cervello ed esercitare una pressione sui vasi limitrofi,
interessando un’area più ampia.
Se si riconosce uno o più
dei sintomi elencati, occorre recarsi al Pronto Soccorso il più velocemente
possibile.
Innanzitutto, per impostare
una cura adeguata è fondamentale stabilire se si tratta di un ictus ischemico o
emorragico. Durante la fase acuta, quindi, si ricorre ad indagini specifiche,
come la TAC e la risonanza magnetica (RM). La TAC cerebrale, in particolare,
viene eseguita con urgenza, dopo l’arrivo in pronto soccorso. Oltre a consentire
di distinguere tra ictus ischemico e ictus emorragico, questo esame permette di
riscontrare eventuali segni di sofferenza ischemica. La TAC, in genere, viene poi
ripetuta a distanza di 48 ore.
Per la corretta valutazione,
è molto importante eseguire anche un ecocardiogramma, per evidenziare la presenza
di un’embolia cardiaca. Altri esami che potrebbero essere richiesti per
comprendere le cause dell’ictus sono l’angiografia cerebrale e l’ecodoppler
carotideo.
Se l’ictus è di natura
ischemica, esiste una terapia farmacologica che - a patto venga somministrata
nelle prime ore dopo l’evento - permette di limitare i danni dell’ictus. Questa
terapia, chiamata trombolisi, prevede la somministrazione per via endovenosa di
un farmaco trombolitico, che ha la capacità di sciogliere il trombo e
ripristinare così il flusso di sangue nell’area interessata. Il farmaco in
questione è l'attivatore tissutale del plasminogeno di origine ricombinante.
Come detto, questa cura va
effettuata il più precocemente possibile: più passano le ore, meno cellule
cerebrali si salvano e più aumenta il rischio di complicanze. I trombolitici
sono più efficaci se somministrati entro 3 ore dall’inizio dei sintomi, meglio non
oltre le 4-5 ore; dopo 6 ore questi farmaci divengono del tutto inefficaci.
In alternativa ai farmaci,
in determinate circostanze i medici possono ricorrere alla rimozione meccanica
del trombo che ha causato l’ictus, introducendo uno speciale catetere nell’arteria
cerebrale.
Altre volte, se la carotide,
cioè la grande arteria del collo che porta il sangue al cervello, presenta una
grave aterosclerosi, è necessario un intervento volto alla “pulizia” del vaso
arterioso dalle placche aterosclerotiche.
In
alternativa, è possibile anche procedere ad un’angioplastica con posizionamento
di uno stent, che permette all’arteria di riaprirsi.
Per quanto riguarda l’ictus
emorragico, la trombolisi non è efficace. Tuttavia, anche in questo caso, è
fondamentale agire il prima possibile per controllare il sanguinamento e
ridurre la pressione intracranica.
In caso di emorragia è
possibile somministrare per endovena mannitolo o glicerolo, sostanze in grado
di facilitare il riassorbimento dei liquidi dai tessuti interessati. In caso di
emorragie importanti, invece, il neurochirurgo può intervenire chirurgicamente
per bloccare la perdita di sangue e favorire il drenaggio.
Una volta gestita la fase
acuta dell’ictus con terapie di emergenza, il trattamento è mirato a recuperare
quanto più possibile le funzioni cerebrali danneggiate. Un’attenzione
particolare andrà posta alla terapia farmacologica. Un primo tipo di terapia prevede
farmaci antiaggreganti, come l'aspirina o il clopidogrel. Questi impediscono
alle piastrine di aggregarsi, quindi servono a mantenere fluida la circolazione
del sangue e a prevenire la formazione di eventuali trombi.
In altri
casi, invece, è indicata una terapia anticoagulante, generalmente con warfarin.
Gli anticoagulanti come il coumadin rallentano la normale attività di
coagulazione del sangue, impedendo la formazione di coaguli. Questo regime
terapeutico è instaurato soprattutto per i pazienti che hanno avuto un’embolia
originata dal cuore.
Alle dimissioni viene
pianificata anche una terapia riabilitativa, che prevede programmi di fisioterapia,
logopedia e terapia occupazionale.
Com'è noto, purtroppo, in
alcuni casi l’ictus è mortale o lascia disabilità permanenti.
È
possibile cercare di prevenire l’ictus tenendo sotto controllo alcuni fattori di rischio.
Innanzitutto, in presenza di
malattie specifiche, come diabete, ipercolesterolemia, fibrillazione atriale, ipertensione
arteriosa e alcune cardiopatie, è essenziale attenersi
alle indicazioni del medico e sottoporsi ad accertamenti periodici.
Fondamentale
è anche l’attenzione verso lo stile di vita. Il primo consiglio è quello di
abolire il fumo. Come abbiamo ricordato, il fumo è nemico della circolazione
del sangue, facilita la formazione di placche all’interno delle arterie,
danneggia le pareti dei vasi e facilita l’aggregazione piastrinica.
Per
la prevenzione dell’ictus è poi molto importante che la dieta sia equilibrata e
sana. La dieta
generalmente consigliata è a base di cibi semplici e poco grassi, preferendo
cereali
integrali, pesce, frutta e verdura e, come condimento, olio extravergine d’oliva. Occorre evitare l’eccesso di
sale e limitare il consumo di alcolici e dolci.
Un’attenzione
particolare va rivolta anche all’attività fisica, la quale riveste un ruolo protettivo nei
confronti dell’ictus, purché sia svolta regolarmente. È
dimostrato, infatti, che la sedentarietà favorisce molti altri fattori di
rischio cardiovascolare, oltre a peggiorare la circolazione.


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