Ictus: Sintomi, Diagnosi e Trattamento

Ultima modifica 13.12.2019

In questa puntata continuiamo a parlare di ictus, vedendo insieme quali sono i sintomi che dovrebbero metterci in allarme e come possiamo intervenire anche a livello preventivo.

Brevemente, Vi ricordo che l’ictus è causato da un’improvvisa mancanza di sangue in un'area più o meno estesa del cervello; a causare questo deficit di sangue può essere la rottura di un vaso sanguigno cerebrale oppure la presenza di un tappo – quindi di un embolo o di un trombo – che lo occlude. Nel primo caso, quello della rottura, si parla di ictus emorragico; nel secondo caso, dov'è coinvolta l'ostruzione da parte di un trombo o di un embolo, si parla invece di ictus ischemico. Qualunque sia la causa, se vengono private del necessario apporto di ossigeno e nutrienti, le cellule del cervello (chiamate neuroni) muoiono e le parti del corpo che sono sotto il loro controllo smettono di funzionare. Per questo motivo, riconoscere i segni premonitori tipici dell’ictus è fondamentale. Esistono, infatti, dei trattamenti specifici che permettono di limitare conseguenze gravi e permanenti, se non fatali; tuttavia, affinché questi farmaci siano efficaci, devono necessariamente essere somministrati a breve distanza dall’esordio dei sintomi

I sintomi dell’ictus variano in base alla localizzazione e all’estensione dell’area di cervello danneggiata. Una loro caratteristica, che li differenza dai sintomi di altri disturbi neurologici, è quella di insorgere bruscamente e senza preavviso.
La manifestazione più frequente è la comparsa di un’improvvisa difficoltà a muovere un braccio, una gamba o un lato del viso. Di solito, il disturbo interessa un solo lato del corpo, dalla parte opposta rispetto alla lesione cerebrale. Spesso, a questo segno si associa una difficoltà a trovare le parole o a capire ciò che stanno dicendo gli altri. In altri termini, vengono compromesse le funzioni del linguaggio e la possibilità di comunicare. Durante l’ictus, inoltre, potrebbero verificarsi disturbi improvvisi alla vista a uno o a entrambi gli occhi, mal di testa lancinante, confusione, perdita di sensibilità, senso di vertigine, problemi di deambulazione o di coordinazione. Gli effetti dell’ictus possono limitarsi ai sintomi iniziali oppure intensificarsi e divenire più gravi nel corso di poche ore o giorni. Ad esempio, se una persona avverte prima un intorpidimento ad una mano, potrebbe poi avvertire l’estensione del torpore al braccio e alla spalla. Nei casi più gravi, la persona colpita può addirittura perdere la coscienza. Ciò si verifica più spesso negli ictus emorragici, dove il sangue può raccogliersi nel cervello ed esercitare una pressione sui vasi limitrofi, interessando un’area più ampia. Se si riconosce uno o più dei sintomi elencati, occorre recarsi al Pronto Soccorso il più velocemente possibile.

Innanzitutto, per impostare una cura adeguata è fondamentale stabilire se si tratta di un ictus ischemico o emorragico. Durante la fase acuta, quindi, si ricorre ad indagini specifiche, come la TAC e la risonanza magnetica (RM). La TAC cerebrale, in particolare, viene eseguita con urgenza, dopo l’arrivo in pronto soccorso. Oltre a consentire di distinguere tra ictus ischemico e ictus emorragico, questo esame permette di riscontrare eventuali segni di sofferenza ischemica. La TAC, in genere, viene poi ripetuta a distanza di 48 ore. Per la corretta valutazione, è molto importante eseguire anche un ecocardiogramma, per evidenziare la presenza di un’embolia cardiaca. Altri esami che potrebbero essere richiesti per comprendere le cause dell’ictus sono l’angiografia cerebrale e l’ecodoppler carotideo. Se l’ictus è di natura ischemica, esiste una terapia farmacologica che - a patto venga somministrata nelle prime ore dopo l’evento - permette di limitare i danni dell’ictus. Questa terapia, chiamata trombolisi, prevede la somministrazione per via endovenosa di un farmaco trombolitico, che ha la capacità di sciogliere il trombo e ripristinare così il flusso di sangue nell’area interessata. Il farmaco in questione è l'attivatore tissutale del plasminogeno di origine ricombinante. Come detto, questa cura va effettuata il più precocemente possibile: più passano le ore, meno cellule cerebrali si salvano e più aumenta il rischio di complicanze. I trombolitici sono più efficaci se somministrati entro 3 ore dall’inizio dei sintomi, meglio non oltre le 4-5 ore; dopo 6 ore questi farmaci divengono del tutto inefficaci. In alternativa ai farmaci, in determinate circostanze i medici possono ricorrere alla rimozione meccanica del trombo che ha causato l’ictus, introducendo uno speciale catetere nell’arteria cerebrale. Altre volte, se la carotide, cioè la grande arteria del collo che porta il sangue al cervello, presenta una grave aterosclerosi, è necessario un intervento volto alla “pulizia” del vaso arterioso dalle placche aterosclerotiche. In alternativa, è possibile anche procedere ad un’angioplastica con posizionamento di uno stent, che permette all’arteria di riaprirsi.

Per quanto riguarda l’ictus emorragico, la trombolisi non è efficace. Tuttavia, anche in questo caso, è fondamentale agire il prima possibile per controllare il sanguinamento e ridurre la pressione intracranica. In caso di emorragia è possibile somministrare per endovena mannitolo o glicerolo, sostanze in grado di facilitare il riassorbimento dei liquidi dai tessuti interessati. In caso di emorragie importanti, invece, il neurochirurgo può intervenire chirurgicamente per bloccare la perdita di sangue e favorire il drenaggio. Una volta gestita la fase acuta dell’ictus con terapie di emergenza, il trattamento è mirato a recuperare quanto più possibile le funzioni cerebrali danneggiate. Un’attenzione particolare andrà posta alla terapia farmacologica. Un primo tipo di terapia prevede farmaci antiaggreganti, come l'aspirina o il clopidogrel. Questi impediscono alle piastrine di aggregarsi, quindi servono a mantenere fluida la circolazione del sangue e a prevenire la formazione di eventuali trombi. In altri casi, invece, è indicata una terapia anticoagulante, generalmente con warfarin. Gli anticoagulanti come il coumadin rallentano la normale attività di coagulazione del sangue, impedendo la formazione di coaguli. Questo regime terapeutico è instaurato soprattutto per i pazienti che hanno avuto un’embolia originata dal cuore. Alle dimissioni viene pianificata anche una terapia riabilitativa, che prevede programmi di fisioterapia, logopedia e terapia occupazionale. Com'è noto, purtroppo, in alcuni casi l’ictus è mortale o lascia disabilità permanenti.

È possibile cercare di prevenire l’ictus tenendo sotto controllo alcuni fattori di rischio. Innanzitutto, in presenza di malattie specifiche, come diabete, ipercolesterolemia, fibrillazione atriale, ipertensione arteriosa e alcune cardiopatie, è essenziale attenersi alle indicazioni del medico e sottoporsi ad accertamenti periodici. Fondamentale è anche l’attenzione verso lo stile di vita. Il primo consiglio è quello di abolire il fumo. Come abbiamo ricordato, il fumo è nemico della circolazione del sangue, facilita la formazione di placche all’interno delle arterie, danneggia le pareti dei vasi e facilita l’aggregazione piastrinica. Per la prevenzione dell’ictus è poi molto importante che la dieta sia equilibrata e sana. La dieta generalmente consigliata è a base di cibi semplici e poco grassi, preferendo cereali integrali, pesce, frutta e verdura e, come condimento, olio extravergine d’oliva. Occorre evitare l’eccesso di sale e limitare il consumo di alcolici e dolci. Un’attenzione particolare va rivolta anche all’attività fisica, la quale riveste un ruolo protettivo nei confronti dell’ictus, purché sia svolta regolarmente. È dimostrato, infatti, che la sedentarietà favorisce molti altri fattori di rischio cardiovascolare, oltre a peggiorare la circolazione.