Ultima modifica 01.04.2020

In questa puntata parliamo di esofagite, un disturbo piuttosto comune soprattutto tra chi soffre di bruciori di stomaco e problemi di reflusso gastroesofageo. Ma anzitutto, che cos'è l'esofagite? Come ci ricorda il suffisso -ite, si tratta di un'infiammazione dell'esofago, in particolare del suo rivestimento più interno, chiamato mucosa esofagea. Prima di procedere, Vi ricordo brevemente che l’esofago è un tubo, un canale muscolare, lungo circa 25 cm e largo 2. Si estende dalla faringe, quindi dalla gola, alla bocca dello stomaco ed ha il compito di portare il cibo ingerito proprio nello stomaco. Come vedremo, le cause dell’esofagite possono essere di varia natura. Il più delle volte questo processo infiammatorio è associato al reflusso gastro-esofageo, quindi alla risalita frequente in esofago dei succhi acidi prodotti dallo stomaco. I sintomi principali dell'esofagite sono rappresentati dalle difficoltà nel deglutire e dai bruciori dietro lo sterno, in corrispondenza della cosiddetta “bocca dello stomaco”. Il trattamento dell’esofagite si basa sull'utilizzo di farmaci specifici, supportati da eventuali correzioni della dieta e dello stile di vita. Tra i farmaci più utilizzati ci sono gli inibitori della pompa protonica, che bloccano la secrezione acida, e i farmaci procinetici, che accelerano lo svuotamento gastrico. Ma procediamo con ordine e vediamo anzitutto per quali motivi può insorgere l’esofagite.

La forma più comune di esofagite è la cosiddetta esofagite da reflusso; come ricorda il nome, si tratta di una frequente complicanza della malattia da reflusso gastroesofageo. Brevemente, vi ricordo che questa malattia è caratterizzata dalla frequente risalita del contenuto acido dello stomaco verso l'esofago. Di norma, tale risalita è impedita dalla presenza di una sorta di valvola nel punto di passaggio dall'esofago allo stomaco; questa valvola si apre solo per consentire l'ingresso del cibo nello stomaco, dopodiché si chiude impedendo il reflusso.
Quando questo meccanismo non funziona a dovere, il contenuto acido dello stomaco può risalire in esofago danneggiandone le pareti interne. Se questo fenomeno si presenta occasionalmente, non crea problemi rilevanti. Tuttavia, quando il reflusso diviene troppo frequente i ripetuti insulti acidi finiscono col danneggiare ed infiammare la mucosa dell'esofago. Compare così l'esofagite. Il reflusso gastroesofageo è favorito dall’obesità, dal fumo di sigaretta, dallo stress e da alcune abitudini dietetiche e comportamentali errate; tra queste ricordiamo le diete troppo ricche di grassi e di alimenti di difficile digestione, l'abuso di alcool, la masticazione insufficiente del cibo e l'abitudine di coricarsi subito dopo i pasti. Oltre ai casi di esofagite correlati a problemi di reflusso, ne esistono altri legati a cause d'origine differenti. L'infiammazione dell'esofago può ad esempio essere la conseguenza di un utilizzo prolungato di certi farmaci, come alcuni antinfiammatori non steroidei. Esistono inoltre forme di esofagite dovute a infezioni di origine batterica, fungina o virale; ad esempio le esofagiti da candida, che sono in genere prerogativa di pazienti gravemente immunocompromessi. Infine ricordiamo i casi di esofagite legati all'esposizione a radiazioni ionizzanti, a fenomeni allergici o all'ingestione di sostanze chimiche corrosive o di corpi estranei.

Un soggetto colpito da esofagite lamenta sintomi abbastanza tipici, come frequenti rigurgiti acidi che possono giungere sino in bocca, bruciori retrosternali e difficoltà nel deglutire. Il bruciore peggiora dopo i pasti, soprattutto dopo aver consumato alimenti grassi, molto speziati o piccanti, o dopo aver bevuto alcolici e bevande gassate. In alcuni casi l'esofagite può presentarsi anche con altri sintomi, come un dolore toracico che può essere confuso per un infarto oppure tosse e raucedine fino alla comparsa di crisi asmatiche.


In assenza di un trattamento adeguato, l’esofagite può provocare delle lesioni ulcerative dell'esofago. Si tratta di vere e proprie erosioni che a seconda della profondità possono degenerare in emorragie più o meno gravi. Il sanguinamento cronico della mucosa esofagea può portare ad anemia e, in un secondo tempo, ad alterazioni strutturali dell'organo come le stenosi esofagee. La crescita di tessuto cicatriziale per la riparazione delle ulcere può infatti provocare il restringimento del lume dell'esofago, che nel linguaggio medico viene definito appunto stenosi esofagea. Un'altra complicanza particolarmente nota e temuta dell’esofagite è il cosiddetto esofago di Barrett. Si tratta di una vera e propria trasformazione strutturale delle cellule dell'esofago, che si adattano per meglio sopportare gli insulti acidi provocati dal reflusso. Purtroppo, anche se potrebbe sembrare favorevole, quest'alterazione cellulare può favorire la comparsa di un tumore dell’esofago.
L’esofagite viene diagnosticata mediante un esame endoscopico, spesso esteso anche allo stomaco. Mi riferisco alla famosa gastroscopia. Durante l'esame, uno strumento flessibile, munito di telecamera all’estremità, viene introdotto dalla bocca del paziente fino all’esofago. In questo modo le immagini della telecamera proiettate nello schermo permettono di valutare l’entità e l’estensione delle lesioni esofagee. Inoltre, durante l'esame il medico può anche effettuare una biopsia, che consiste nel prelievo di piccoli campioni di mucosa. Questi campioni vengono poi analizzati in laboratorio per definire meglio le cause e le eventuali complicazioni dell'esofagite, come l'esofago di Barrett. Oltre alla gastroscopia, il medico può avvalersi anche di altri esami strumentali. Tra questi ricordiamo l’esecuzione di una radiografia con pasto di bario, la manometria gastroesofagea e la pH-metria.

Il trattamento dell'esofagite è ovviamente relazionato alle cause d'origine. Nell’esofagite da reflusso si utilizzano farmaci che riducono le secrezioni acide dello stomaco; in questo modo, si dà all'esofago il tempo necessario per la regressione del processo infiammatorio. Tra questi farmaci ricordiamo gli antiacidi e soprattutto gli inibitori della pompa protonica, come l'omeprazolo o il lansoprazolo; questi farmaci possono essere affiancati da principi attivi ad azione procinetica, in grado cioè di favorire lo svuotamento dello stomaco. Se l’esofagite è dovuta all’assunzione di particolari farmaci, come ad esempio l'aspirina, il medico ne suggerirà la sospensione e il ricorso a terapie farmacologiche alternative. Nei casi di esofagite infettiva occorre intervenire con antibiotici, antivirali o antimicotici per debellare l’agente patogeno responsabile. Infine, se l’esofagite è determinata da una allergia, è necessario limitare il contatto con la sostanza che provoca la reazione allergica, ricorrendo eventualmente a farmaci antiallergici ed antinfiammatori non gastrolesivi. Solo nei casi più gravi, appurata l'inefficacia dei farmaci, si rende necessario intervenire chirurgicamente.

In presenza di un'esofagite da reflusso, la modifica degli stili di vita e delle cattive abitudini alimentari è importantissima. Andrebbero ad esempio evitati cibi grassi, acidi o speziati, fritture, bevande gassate, alcolici, caffè, menta e cioccolato, soprattutto nel pasto serale. Molto utile è anche la riduzione del peso corporeo nei soggetti obesi o in sovrappeso. Abbiamo poi già sottolineato l'importanza di evitare di sdraiarsi subito dopo mangiato, e di eliminare l’uso del tabacco e dell’alcol. Sono utili anche misure a carattere temporaneo, come sollevare la testata del letto di qualche centimetro, non troppo mi raccomando, ed evitare indumenti troppo stretti in vita.