In
questo video continuiamo
a parlare di emorroidi. Oggi, in particolare, vedremo insieme com’è possibile
riconoscere, risolvere e prevenire la loro infiammazione.
Prima di procedere, però, è
importante ripassare alcuni punti chiave relativi al disturbo.
Nella precedente puntata
abbiamo visto che le emorroidi sono dei cuscinetti di tessuto riccamente vascolarizzato, prevalentemente a sangue
venoso. Si collocano all'interno del canale anale e giocano un ruolo importante nel meccanismo della continenza:
gonfiandosi contribuiscono a trattenere feci, liquidi e gas, mentre svuotandosi
agevolano l'evacuazione.
Quando le emorroidi subiscono delle alterazioni e
vengono irritate, possono aumentare di volume, sanguinare e protrudere all’esterno dell’ano, producendo così i sintomi
caratteristici della malattia emorroidaria.
A tal proposito abbiamo visto
che non esiste una sola causa, ma più fattori predisponenti. Solo per fare qualche
esempio, il disturbo si può sviluppare a causa della stitichezza cronica, delle
eccessive spinte per evacuare, di una lunga permanenza accovacciati sul water, di
una dieta non equilibrata e povera di fibre o ancora della gravidanza. Tra le
condizioni patologiche si ricordano la cirrosi epatica, alcune neoplasie
pelviche e l'ipertrofia prostatica.
Tutti questi fattori
favoriscono la congestione delle emorroidi; in pratica, queste si riempiono di
sangue, dilatandosi. La dilatazione favorisce da un lato la lesione delle
pareti dei vasi e dall'altro, il cedimento dei tessuti della parete ano-rettale
che si trovano costretti a sostenere un peso maggiore dato dal sangue
accumulato. Come risultato, le vene emorroidarie sanguinano e tendono a cadere
verso il basso, quindi a prolassare trascinando con sé la mucosa che le ricopre.
Vediamo ora insieme come si
presenta e sviluppa la malattia emorroidaria.
Per prima cosa, è opportuno
osservare che i sintomi sono diversi a seconda che si tratti di emorroidi
interne o esterne.
Le emorroidi interne
aumentano di volume dentro l’ano e danno segno di sé tipicamente al momento
della defecazione. Il sintomo più allarmante è il sanguinamento. Questa
emorragia può presentarsi come delle tracce di sangue rosso vivo sulla carta igienica
o come perdite dopo il passaggio delle feci. Altre volte, il sangue gocciola nel
water in quantità abbondante, sotto forma di emorragia. Il dolore, invece, è
tendenzialmente assente negli stadi iniziali ed è più spesso legato a problemi
di ragadi anali.
Insieme alla perdita di
sangue, il prolasso è il segno più caratteristico delle emorroidi patologiche.
Col passare del tempo, infatti,
i cuscinetti emorroidari interni possono protrudere all’esterno dell’ano; dapprima
lo fanno solo durante la defecazione o altri sforzi e rientrano spontaneamente subito dopo;
in seguito, richiedono l’aiuto delle dita per poter rientrare. Infine, nel
quarto ed ultimo stadio le emorroidi prolassano permanentemente provocando disagio
anale e dolore, aggravati dalla contrattura dello sfintere anale. Altri sintomi
degli stadi più gravi sono la perdita di muco associata ad una fastidiosa
sensazione di bagnato, il forte prurito anale, il bruciore e lo stimolo ad
evacuazioni ripetute con perdita di feci.
Emorroidi permanentemente prolassate
possono inoltre complicarsi con la formazione di coaguli al loro interno. Si
verifica, così, la trombosi emorroidaria, un’infiammazione acuta molto dolorosa.
Altre complicanze sono lo strozzamento delle emorroidi esterne, dovuto alla
contrazione dello sfintere anale, la formazione di ascessi anali o perianali, l’anemia
e l’incontinenza fecale.
Prima di concludere questa
breve carrellata sui sintomi, c’è da aggiungere che il disturbo tende spesso a
recidivare; i pazienti, infatti, sperimentano l’alternanza tra crisi acute e
periodi di relativo sollievo più o meno lunghi.
La frequenza dei sintomi è
un fattore importante per pianificare la strategia terapeutica più adeguata al
caso. Quando gli intervalli di benessere sono sempre più rari nonostante tutte
le attenzioni dietetiche, igieniche ed i presidi farmacologici, è ad esempio
necessario prendere in considerazione l'intervento chirurgico.
La diagnosi della malattia
emorroidaria si ottiene attraverso un’accurata visita proctologica che, oltre a
porre attenzione alla storia clinica del paziente, prevede l’ispezione anale, l’esplorazione
rettale e l’esecuzione di esami strumentali.
L'ispezione visiva consente
di diagnosticare emorroidi prolassate, ragadi, fistole, segni di infezione o
ascessi in atto e la presenza di marische, cioè di esiti cicatriziali di
precedenti eventi traumatici. L'esplorazione digitale, invece, si effettua
introducendo il dito indice ben lubrificato nel retto; in questo modo si può
valutare il tono dello sfintere anale, apprezzare eventuali masse o indurimenti
anomali e valutare la salute della prostata nell'uomo e problemi di rettocele
nella donna.
In generale, è molto importante arrivare ad una diagnosi
corretta che escluda altre patologie dai sintomi simili, ad esempio ragadi
anali, fistole, ascessi o tumori del colon-retto. Per questo motivo, la valutazione
diagnostica prevede l’esame del canale anale attraverso l'anoscopia, o
del retto e del sigma attraverso la rettosigmoidoscopia. Questi esami permettono di stabilire l’entità del
prolasso delle emorroidi interne; inoltre, permettono di escludere altre
patologie anorettali o neoplasie del grosso intestino. Per questo motivo, lo
studio completo del colon mediante colonscopia o dei suoi tratti terminali
mediante retto-sigmoidoscopia, è indicato per i pazienti con più di 50 anni e
patologia emorroidaria in corso; questi esami, inoltre, possono essere indicati
anche in età più precoce, intorno ai 40-45 anni, in caso di predisposizione
familiare per i carcinomi del colon-retto.
Per quanto riguarda i
possibili interventi terapeutici, occorre sottolineare che i sintomi delle
emorroidi possono essere alleviati agendo innanzitutto sui fattori igienico-alimentari
e sulle abitudini di vita. Questi provvedimenti generali costituiscono la base
di ogni trattamento, farmacologico, chirurgico o fitoterapico che sia; quindi le
correzioni della dieta e dello stile di vita devono essere sempre messe in
atto, indipendentemente da eventuali trattamenti aggiuntivi.
Tra questi trattamenti, nei
casi più lievi, esistono dei farmaci da applicare localmente sotto forma di unguenti,
pomate e supposte; simili prodotti non “curano” le emorroidi, ma possono
comunque alleviare dolore, fastidio e prurito. Vengono utilizzati soprattutto
cortisonici in pomata, che hanno l’effetto di attenuare l’infiammazione,
l'edema e il prurito, mentre gli anestetici locali, come la lidocaina, aiutano
a mitigare bruciore, dolore e prurito. Questi preparati, però, dovrebbero
essere usati solo per brevi periodi, poiché possono causare irritazioni della
zona anale; inoltre, è bene ribardirlo, non devono mai essere disgiunti dai
provvedimenti dietetico comportamentali che vedremo tra poco.
Alcuni medici possono prescrivere
anche dei farmaci fleboprotettori da assumere ciclicamente per via orale. Ne
sono esempi gli estratti di vite rossa, di amamelide, di rusco o pungitopo, di
meliloto, di ippocastano, di mirtillo e l'esperidina. Gli stessi estratti sono
presenti anche in specifiche formulazioni per l'applicazione topica, quindi in
pomate da applicare a livello anale. Teoricamente utili anche la vitamina C e
gli integratori di collagene, che favoriscono il trofismo dei tessuti
connettivi di sostegno che mantengono le emorroidi ancorate all'interno del
canale anale.
Lavaggi con acqua tiepida (intorno
ai 40° C) sono molto efficaci nel lenire sintomi locali, mentre va evitata
l'acqua fredda che potrebbe portare allo strozzamento delle emorroidi
prolassate per spasmo anale.
La soluzione concreta alle
recidive e all’aggravamento progressivo della patologia emorroidaria è
chirurgica. Simili interventi vanno presi in considerazione in caso di
fallimento ripetuto dei provvedimenti dietetico-comportamentali e
farmacologici.
Negli stadi iniziali della
malattia sintomatica è possibile ricorrere a trattamenti ambulatoriali, che
generalmente non provocano dolore, ma la cui efficacia è a volte parziale o
transitoria. Tra gli interventi più comuni ci sono la legatura elastica e la
scleroterapia iniettiva.
La legatura elastica consiste
nel posizionamento di un laccio elastico di gomma alla base delle emorroidi,
ottenendone lo strangolamento. Ne consegue la necrosi per l’arresto dell’apporto
ematico e, dopo qualche giorno, l’eliminazione spontanea del tessuto legato e
dell'elastico. La cicatrice e le aderenze che si formano alla base della parte
trattata, inoltre, sono utili per impedire nuovi prolassi.
In alternativa alla legatura
elastica, può essere utilizzata la scleroterapia. La metodica prevede delle
iniezioni con sostanze sclerosanti, al fine di ottenere una cicatrice fibrosa;
lo stesso risultato si può ottenere mediante coagulazione ad infrarossi,
sfruttando il calore generato da un raggio laser. La cicatrizzazione riduce
l'afflusso di sangue all'area prolassata e crea delle aderenze che fissano la
mucosa emorroidale agli strati sottostanti, prevenendone il prolasso.
Se invece le emorroidi sono
presenti in forma più grave e complicata, è necessario ricorrere a tecniche
chirurgiche più complesse in anestesia generale o regionale. Quelle
tradizionali prevedono l'emorroidectomia, cioè l’asportazione delle emorroidi
fuoriuscite all’esterno. Se l’intervento viene eseguito in modo corretto, è
efficace e risolutivo; tuttavia, il decorso post-operatorio è notoriamente
molto doloroso e sussiste il rischio di incontinenza.
Una tecnica più recente, definita
metodo Longo, prevede il riposizionamento delle emorroidi prolassate nella loro
posizione originale, senza quindi asportarle; ciò permette di limitare sensibilmente il dolore post-operatorio ed accelerare
il recupero dall'intervento. Lo stesso scopo viene perseguito dalla tecnica di
dearterilalizzazione (più nota come metodo THD). Anche questi interventi
innovativi presentano comunque alcuni rischi, per cui la scelta del trattamento
più idoneo dev'essere effettuata in base alle caratteristiche del paziente e
all'esperienza del chirurgo.
Abbiamo più volte
sottolineato quanto sia importante la prevenzione, basata soprattutto sulla
modifica dello stile di vita e sull’adozione di alcune semplici abitudini. Un’alimentazione
sana ed equilibrata, ed una regolare attività fisica, sono infatti elementi fondamentali
per contrastare lo sfiancamento delle mucose che contengono i cuscinetti
emorroidari.
Per mantenere regolare la
funzione intestinale è necessario bere almeno 1,5 - 2 litri di acqua durante il
giorno, masticare lentamente e puntare su una dieta ricca di fibre, alimenti
integrali, frutta e verdura. Andrebbero,
invece, evitate le bevande alcoliche,
l’abuso di caffè e gli alimenti irritanti, come spezie,
insaccati, fritture e cioccolato, che accentuano anche la sintomatologia in caso
di patologia emorroidaria in atto.
Oltre a stimolare la
funzionalità dell’intestino e a correggere la stipsi - che rappresenta un fattore
aggravante delle emorroidi - un maggior apporto di fibre e di liquidi è utile anche
per mantenere le feci morbide. Allo stesso scopo, su consiglio medico, la dieta
può essere arricchita con integratori di fibre, come gomma guar, semi di
psillio e glucomannani.
Inoltre, è importante
ricordare che nell’atto dell’evacuazione bisogna sempre seguire e assecondare
lo stimolo, senza sforzarsi troppo. Ad esempio, nei pazienti colpiti da
emorroidi è comune la sensazione di pienezza e di incompleto svuotamento dopo
la defecazione; in questi casi il paziente può avvertire il bisogno di dover svuotare ulteriormente
l'intestino. È tuttavia importante resistere a questo stimolo per evitare
sforzi eccessivi e improduttivi che potrebbero aggravare il disturbo.
Non bisogna poi restare troppo
a lungo in piedi o seduti, dato che in questo modo si favorisce il ristagno del
sangue venoso.
Molto utile anche la pratica di una regolare attività fisica per
massaggiare l'intestino, stimolandone la funzionalità e prevenendo così la
stitichezza.


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