Emorroidi: Diagnosi e Trattamento

Ultima modifica 18.03.2020

In questo video continuiamo a parlare di emorroidi. Oggi, in particolare, vedremo insieme com’è possibile riconoscere, risolvere e prevenire la loro infiammazione. Prima di procedere, però, è importante ripassare alcuni punti chiave relativi al disturbo.

Nella precedente puntata abbiamo visto che le emorroidi sono dei cuscinetti di tessuto riccamente vascolarizzato, prevalentemente a sangue venoso. Si collocano all'interno del canale anale e giocano un ruolo importante nel meccanismo della continenza: gonfiandosi contribuiscono a trattenere feci, liquidi e gas, mentre svuotandosi agevolano l'evacuazione. Quando le emorroidi subiscono delle alterazioni e vengono irritate, possono aumentare di volume, sanguinare e protrudere all’esterno dell’ano, producendo così i sintomi caratteristici della malattia emorroidaria. A tal proposito abbiamo visto che non esiste una sola causa, ma più fattori predisponenti. Solo per fare qualche esempio, il disturbo si può sviluppare a causa della stitichezza cronica, delle eccessive spinte per evacuare, di una lunga permanenza accovacciati sul water, di una dieta non equilibrata e povera di fibre o ancora della gravidanza. Tra le condizioni patologiche si ricordano la cirrosi epatica, alcune neoplasie pelviche e l'ipertrofia prostatica. Tutti questi fattori favoriscono la congestione delle emorroidi; in pratica, queste si riempiono di sangue, dilatandosi. La dilatazione favorisce da un lato la lesione delle pareti dei vasi e dall'altro, il cedimento dei tessuti della parete ano-rettale che si trovano costretti a sostenere un peso maggiore dato dal sangue accumulato. Come risultato, le vene emorroidarie sanguinano e tendono a cadere verso il basso, quindi a prolassare trascinando con sé la mucosa che le ricopre.

Vediamo ora insieme come si presenta e sviluppa la malattia emorroidaria.
Per prima cosa, è opportuno osservare che i sintomi sono diversi a seconda che si tratti di emorroidi interne o esterne. Le emorroidi interne aumentano di volume dentro l’ano e danno segno di sé tipicamente al momento della defecazione. Il sintomo più allarmante è il sanguinamento. Questa emorragia può presentarsi come delle tracce di sangue rosso vivo sulla carta igienica o come perdite dopo il passaggio delle feci. Altre volte, il sangue gocciola nel water in quantità abbondante, sotto forma di emorragia. Il dolore, invece, è tendenzialmente assente negli stadi iniziali ed è più spesso legato a problemi di ragadi anali. Insieme alla perdita di sangue, il prolasso è il segno più caratteristico delle emorroidi patologiche. Col passare del tempo, infatti, i cuscinetti emorroidari interni possono protrudere all’esterno dell’ano; dapprima lo fanno solo durante la defecazione o altri sforzi e rientrano spontaneamente subito dopo; in seguito, richiedono l’aiuto delle dita per poter rientrare. Infine, nel quarto ed ultimo stadio le emorroidi prolassano permanentemente provocando disagio anale e dolore, aggravati dalla contrattura dello sfintere anale. Altri sintomi degli stadi più gravi sono la perdita di muco associata ad una fastidiosa sensazione di bagnato, il forte prurito anale, il bruciore e lo stimolo ad evacuazioni ripetute con perdita di feci. Emorroidi permanentemente prolassate possono inoltre complicarsi con la formazione di coaguli al loro interno. Si verifica, così, la trombosi emorroidaria, un’infiammazione acuta molto dolorosa. Altre complicanze sono lo strozzamento delle emorroidi esterne, dovuto alla contrazione dello sfintere anale, la formazione di ascessi anali o perianali, l’anemia e l’incontinenza fecale. Prima di concludere questa breve carrellata sui sintomi, c’è da aggiungere che il disturbo tende spesso a recidivare; i pazienti, infatti, sperimentano l’alternanza tra crisi acute e periodi di relativo sollievo più o meno lunghi. La frequenza dei sintomi è un fattore importante per pianificare la strategia terapeutica più adeguata al caso. Quando gli intervalli di benessere sono sempre più rari nonostante tutte le attenzioni dietetiche, igieniche ed i presidi farmacologici, è ad esempio necessario prendere in considerazione l'intervento chirurgico.

La diagnosi della malattia emorroidaria si ottiene attraverso un’accurata visita proctologica che, oltre a porre attenzione alla storia clinica del paziente, prevede l’ispezione anale, l’esplorazione rettale e l’esecuzione di esami strumentali. L'ispezione visiva consente di diagnosticare emorroidi prolassate, ragadi, fistole, segni di infezione o ascessi in atto e la presenza di marische, cioè di esiti cicatriziali di precedenti eventi traumatici. L'esplorazione digitale, invece, si effettua introducendo il dito indice ben lubrificato nel retto; in questo modo si può valutare il tono dello sfintere anale, apprezzare eventuali masse o indurimenti anomali e valutare la salute della prostata nell'uomo e problemi di rettocele nella donna. In generale, è molto importante arrivare ad una diagnosi corretta che escluda altre patologie dai sintomi simili, ad esempio ragadi anali, fistole, ascessi o tumori del colon-retto. Per questo motivo, la valutazione diagnostica prevede l’esame del canale anale attraverso l'anoscopia, o del retto e del sigma attraverso la rettosigmoidoscopia. Questi esami permettono di stabilire l’entità del prolasso delle emorroidi interne; inoltre, permettono di escludere altre patologie anorettali o neoplasie del grosso intestino. Per questo motivo, lo studio completo del colon mediante colonscopia o dei suoi tratti terminali mediante retto-sigmoidoscopia, è indicato per i pazienti con più di 50 anni e patologia emorroidaria in corso; questi esami, inoltre, possono essere indicati anche in età più precoce, intorno ai 40-45 anni, in caso di predisposizione familiare per i carcinomi del colon-retto.

Per quanto riguarda i possibili interventi terapeutici, occorre sottolineare che i sintomi delle emorroidi possono essere alleviati agendo innanzitutto sui fattori igienico-alimentari e sulle abitudini di vita. Questi provvedimenti generali costituiscono la base di ogni trattamento, farmacologico, chirurgico o fitoterapico che sia; quindi le correzioni della dieta e dello stile di vita devono essere sempre messe in atto, indipendentemente da eventuali trattamenti aggiuntivi. Tra questi trattamenti, nei casi più lievi, esistono dei farmaci da applicare localmente sotto forma di unguenti, pomate e supposte; simili prodotti non “curano” le emorroidi, ma possono comunque alleviare dolore, fastidio e prurito. Vengono utilizzati soprattutto cortisonici in pomata, che hanno l’effetto di attenuare l’infiammazione, l'edema e il prurito, mentre gli anestetici locali, come la lidocaina, aiutano a mitigare bruciore, dolore e prurito. Questi preparati, però, dovrebbero essere usati solo per brevi periodi, poiché possono causare irritazioni della zona anale; inoltre, è bene ribardirlo, non devono mai essere disgiunti dai provvedimenti dietetico comportamentali che vedremo tra poco. Alcuni medici possono prescrivere anche dei farmaci fleboprotettori da assumere ciclicamente per via orale. Ne sono esempi gli estratti di vite rossa, di amamelide, di rusco o pungitopo, di meliloto, di ippocastano, di mirtillo e l'esperidina. Gli stessi estratti sono presenti anche in specifiche formulazioni per l'applicazione topica, quindi in pomate da applicare a livello anale. Teoricamente utili anche la vitamina C e gli integratori di collagene, che favoriscono il trofismo dei tessuti connettivi di sostegno che mantengono le emorroidi ancorate all'interno del canale anale. Lavaggi con acqua tiepida (intorno ai 40° C) sono molto efficaci nel lenire sintomi locali, mentre va evitata l'acqua fredda che potrebbe portare allo strozzamento delle emorroidi prolassate per spasmo anale.

La soluzione concreta alle recidive e all’aggravamento progressivo della patologia emorroidaria è chirurgica. Simili interventi vanno presi in considerazione in caso di fallimento ripetuto dei provvedimenti dietetico-comportamentali e farmacologici. Negli stadi iniziali della malattia sintomatica è possibile ricorrere a trattamenti ambulatoriali, che generalmente non provocano dolore, ma la cui efficacia è a volte parziale o transitoria. Tra gli interventi più comuni ci sono la legatura elastica e la scleroterapia iniettiva. La legatura elastica consiste nel posizionamento di un laccio elastico di gomma alla base delle emorroidi, ottenendone lo strangolamento. Ne consegue la necrosi per l’arresto dell’apporto ematico e, dopo qualche giorno, l’eliminazione spontanea del tessuto legato e dell'elastico. La cicatrice e le aderenze che si formano alla base della parte trattata, inoltre, sono utili per impedire nuovi prolassi. In alternativa alla legatura elastica, può essere utilizzata la scleroterapia. La metodica prevede delle iniezioni con sostanze sclerosanti, al fine di ottenere una cicatrice fibrosa; lo stesso risultato si può ottenere mediante coagulazione ad infrarossi, sfruttando il calore generato da un raggio laser. La cicatrizzazione riduce l'afflusso di sangue all'area prolassata e crea delle aderenze che fissano la mucosa emorroidale agli strati sottostanti, prevenendone il prolasso. Se invece le emorroidi sono presenti in forma più grave e complicata, è necessario ricorrere a tecniche chirurgiche più complesse in anestesia generale o regionale. Quelle tradizionali prevedono l'emorroidectomia, cioè l’asportazione delle emorroidi fuoriuscite all’esterno. Se l’intervento viene eseguito in modo corretto, è efficace e risolutivo; tuttavia, il decorso post-operatorio è notoriamente molto doloroso e sussiste il rischio di incontinenza. Una tecnica più recente, definita metodo Longo, prevede il riposizionamento delle emorroidi prolassate nella loro posizione originale, senza quindi asportarle; ciò permette di limitare sensibilmente il dolore post-operatorio ed accelerare il recupero dall'intervento. Lo stesso scopo viene perseguito dalla tecnica di dearterilalizzazione (più nota come metodo THD). Anche questi interventi innovativi presentano comunque alcuni rischi, per cui la scelta del trattamento più idoneo dev'essere effettuata in base alle caratteristiche del paziente e all'esperienza del chirurgo.

Abbiamo più volte sottolineato quanto sia importante la prevenzione, basata soprattutto sulla modifica dello stile di vita e sull’adozione di alcune semplici abitudini. Un’alimentazione sana ed equilibrata, ed una regolare attività fisica, sono infatti elementi fondamentali per contrastare lo sfiancamento delle mucose che contengono i cuscinetti emorroidari. Per mantenere regolare la funzione intestinale è necessario bere almeno 1,5 - 2 litri di acqua durante il giorno, masticare lentamente e puntare su una dieta ricca di fibre, alimenti integrali, frutta e verdura. Andrebbero, invece, evitate le bevande alcoliche, l’abuso di caffè e gli alimenti irritanti, come spezie, insaccati, fritture e cioccolato, che accentuano anche la sintomatologia in caso di patologia emorroidaria in atto. Oltre a stimolare la funzionalità dell’intestino e a correggere la stipsi - che rappresenta un fattore aggravante delle emorroidi - un maggior apporto di fibre e di liquidi è utile anche per mantenere le feci morbide. Allo stesso scopo, su consiglio medico, la dieta può essere arricchita con integratori di fibre, come gomma guar, semi di psillio e glucomannani. Inoltre, è importante ricordare che nell’atto dell’evacuazione bisogna sempre seguire e assecondare lo stimolo, senza sforzarsi troppo. Ad esempio, nei pazienti colpiti da emorroidi è comune la sensazione di pienezza e di incompleto svuotamento dopo la defecazione; in questi casi il paziente può avvertire il bisogno di dover svuotare ulteriormente l'intestino. È tuttavia importante resistere a questo stimolo per evitare sforzi eccessivi e improduttivi che potrebbero aggravare il disturbo. Non bisogna poi restare troppo a lungo in piedi o seduti, dato che in questo modo si favorisce il ristagno del sangue venoso. Molto utile anche la pratica di una regolare attività fisica per massaggiare l'intestino, stimolandone la funzionalità e prevenendo così la stitichezza.