Calcoli Renali: Sintomi, Diagnosi e Trattamento
Abbiamo
visto che cosa sono i calcoli renali e perché si formano. Oggi, approfondiremo insieme
i sintomi della calcolosi renale e le soluzioni disponibili per diagnosticarla,
curarla e prevenire le recidive.
Vi ricordo brevemente che i calcoli renali sono dei “sassolini”, dalle
dimensioni variabili, che si formano dall'aggregazione di una o più sostanze
presenti nelle urine, come, ad esempio, sali minerali (come il calcio) o
composti organici (come l'acido urico).
Com'è
facile immaginare, questi sassolini possono sia ostacolare il normale deflusso
delle urine, sia provocare lesioni lungo il decorso delle vie urinarie. Nel caso più grave, il calcolo
continua invece a crescere, occupando completamente la cavità renale in cui si
trova e compromettendo così la funzionalità stessa del rene.
Quando un calcolo, spinto
dall'urina, migra dal rene all’uretere e lo ostruisce in maniera più o meno
completa, compaiono le cosiddette
coliche renali. Queste coliche sono notoriamente caratterizzate da episodi di
forte dolore ad un fianco, che spesso si estende anche alla regione addominale
e genitale. Di norma, le coliche si
presentano all’improvviso. Il dolore della colica renale ha un carattere
tipicamente spasmodico, intenso e dura svariati minuti. La gravità del dolore è
tale dall'essere descritta come simile o addirittura superiore a quella di un
parto, ed è una causa comune che spinge i pazienti a rivolgersi al pronto
soccorso.
Se invece il flusso delle urine
riesce ad espellerle il calcolo, è comunque possibile che durante il passaggio
nelle vie urinarie il sassolino provochi delle lesioni causando la comparsa di
sangue nelle urine.
Oltre al dolore colico, talvolta,
la presenza dei calcoli renali può essere associata ad altri sintomi, come
difficoltà ad urinare, urgenza minzionale, nausea e vomito. La presenza di
febbre, in genere, suggerisce un’infezione del tratto urinario. Vi ricordo comunque che i calcoli renali di piccole dimensioni, quindi non ostruenti,
possono anche essere asintomatici ed eliminati spontaneamente senza creare
alcun disturbo.
Per quanto riguarda la
diagnosi, l’esame delle urine e l’ecografia del rene sono, di norma,
sufficienti per individuare una calcolosi.
L'analisi delle urine è in
grado di evidenziare tracce di sangue non visibili ad occhio nudo, e permette
di analizzare la composizione dell'urina. In particolare, l'esame comprende la
valutazione del volume e del pH urinario e può stabilire la concentrazione di sostanze
come calcio, fosforo, sodio, acido urico, ossalato, citrato, cistina e
creatinina. A tale scopo è richiesta l'analisi di almeno due campioni raccolti
in 24 ore.
Infine, per completare la
valutazione metabolica, sono importanti anche l’emocromo completo e l’urinocoltura
in caso di infezioni urinarie. Le analisi del sangue possono evidenziare elevati
livelli di azotemia e creatinina, che a loro volta possono indicare uno disidratazione
o la presenza di un calcolo ostruttivo.
Un altro esame molto
importante, utile soprattutto per stabilire il protocollo terapeutico più
adeguato, è l’analisi della composizione chimica del calcolo renale.
Passando alle indagini
strumentali, la valutazione iniziale deve includere un’ecografia renale. Questo esame fornisce
informazioni sufficientemente dettagliate senza esporre il paziente a
radiazioni. In particolare, l'ecografia
renale è in grado
di identificare possibili dilatazioni del rene e delle vie urinarie o la
presenza stessa dei calcoli nelle cavità renali.
Il medico può ricorrere
anche ad altre tecniche diagnostiche, quali la radiografia standard dell’addome
o la TAC senza contrasto.
La radiografia dell’addome consente di
stabilire il numero, le dimensioni e la localizzazione dei calcoli. Consente
soprattutto di valutare i
calcoli costituiti da ossalato di calcio e quelli di fosfato di calcio, perché
sono radio-opachi. Non è efficace, invece, in caso di vicinanza dei calcoli con l’apparato
scheletrico o nelle aggregazioni di acido urico o cistina, poiché questi
calcoli sono
invisibili ai raggi X,
cioè radiotrasparenti. Tali calcoli possono comunque essere evidenziati
con la TAC.
La terapia dei calcoli
renali prevede da un lato la gestione della colica renale, per mitigare il
dolore, e dall'altro il ricorso ad un trattamento farmacologico o chirurgico
per sciogliere o eliminare il calcolo.
Abbiamo già visto come i
calcoli più piccoli possano essere espulsi spontaneamente, a volte in maniera
asintomatica. Per favorirne l'espulsione, è anzitutto previsto il riposo, associato
alla modifica del regime dietetico e ad un aumento dell’apporto giornaliero di
liquidi. Quest’ultimo approccio prevede l’assunzione di elevate quantità di
acqua oligominerale o minimamente mineralizzata, per causare un’escrezione di
urine superiore ai 2 litri nell’arco di 24 ore. Questo tipo di terapia, basata
sull'aumento dell'assunzione d'acqua, è detta idropinica e va praticata solo se
consigliata dal medico, dato che in alcuni casi potrebbe rivelarsi piuttosto pericolosa.
La terapia idropinica si
basa su un concetto piuttosto semplice: aumentando
il volume delle urine si favorisce l'espulsione spontanea dei piccoli calcoli
renali e si ostacola il loro progressivo accrescimento. In genere, nel caso di calcoli
di piccole dimensioni, fino a 5-7 mm, il processo di espulsione spontanea
può richiedere indicativamente dai 2 ai 15 giorni.
Se il calcolo non ostruisce le
vie urinarie, la terapia farmacologica si basa sull’uso di diuretici e
disinfettanti delle vie urinarie per scongiurare eventuali infezioni.
I calcoli renali di acido urico
presentano la caratteristica favorevole di sciogliersi completamente
alcalinizzando le urine, cioè aumentandone il pH. Questo risultato si ottiene
attraverso una terapia medica a base di citrati e bicarbonati da assumere per
via orale.
I calcoli di cistina, invece,
spesso causano formazioni complesse e voluminose, molto dure e difficili da
trattare.
La terapia farmacologica è
utile anche per il controllo
del dolore causato dalla colica renale.
Considerata l'intensità del dolore, in regime ospedaliero si somministrano analgesici ed antispastici per via endovenosa, attendendo
l’espulsione spontanea del calcolo, che dall’uretere deve spostarsi in vescica. La somministrazione di
antispastici ha lo scopo di ridurre la contrattilità della muscolatura liscia,
agevolando quindi la progressione del calcolo dall'uretere verso l’esterno.
Se l’espulsione spontanea non è
possibile e i farmaci si rivelano inefficaci, si procede con l’asportazione dei
calcoli renali o con la loro frantumazione mediante onde d'urto.
Per eliminare un calcolo
testardo, che non ne vuole sapere di essere espulso, si può ricorrere a
tecniche diverse. La scelta dell'intervento più appropriato dipende
naturalmente dalle caratteristiche, dalle dimensioni, dalla localizzazione e dal
numero di calcoli. Vi sono poi delle condizioni che rendono controindicate
determinate procedure; ad esempio, la litotrissia extracorporea, che vedremo
tra poco, non è indicata nella donna gravida o in caso di aneurismi aortici.
Tra le opzioni di trattamento è
quindi inclusa la litotrissia
renale. Questa
tecnica consiste in un letterale bombardamento del calcolo tramite un fascio di
onde d’urto, che ha lo scopo di frantumarlo in piccoli frammenti che vengono poi
espulsi spontaneamente.
La sonda che genera queste onde d'urto sonore, può essere posizionata
all'esterno oppure all'interno del corpo.
La litotrissia extracorporea è indicata per
la frammentazione di calcoli di piccole
dimensioni. Si
tratta di un metodo terapeutico chiaramente poco invasivo, utilizzato soprattutto
per alcuni calcoli di ossalato di calcio, calcoli di struvite e calcoli di
acido urico.
Se invece il calcolo è molto
grande o di consistenza dura, come ad esempio quelli di cistina o di ossalato
di calcio monoidrato, la litrossia extracorporea offre ben poche speranze di
successo. Pertanto, in questi casi, è necessario bombardare i calcoli dall'interno
tramite litotrissia percutanea o transuretrale. La tecnica percutanea, che
significa attraverso la cute, prevede la pratica di un'incisione nel fianco,
sotto le coste; tramite questo forellino viene inserito uno strumento che,
sotto guida ecografica, consente di raggiungere il rene, aprire, un varco,
frantumare il calcolo e asportarne i frammenti. Si tratta quindi di un
intervento chirurgico, seppur mini-invasivo.
La litrossia transuretrale,
detta anche uretrolitotrissia, è invece una tecnica endoscopica. In pratica,
attraverso l’uretra, vengono inserite delle sottili sonde fatte risalire fino al
punto in cui si è arrestato il calcolo; a questo punto le sonde possono emettere
delle onde acustiche o dei raggi laser che frantumano il calcolo. I frammenti che
ne derivano possono essere quindi eliminati assieme alle urine o rimossi con
piccole pinze o “cestelli”.
In casi tanto complessi da rendere
sconsigliato l’approccio endoscopico o percutaneo può essere necessario ricorrere alla chirurgia a cielo aperto,
che comporta l’apertura
dell’addome.
Per quanto riguarda la
prevenzione dei calcoli renali, si raccomanda di fare attenzione all’idratazione,
bevendo a sufficienza in particolare nel periodo estivo e in presenza di attività
fisica.
Attenzione anche alla dieta, in quanto la
composizione delle urine è direttamente correlata all’alimentazione. Il piano
alimentare deve essere personalizzato e pianificato insieme a uno specialista,
perché va adattato alla tipologia di calcolosi a cui è soggetto il paziente. Gli
aspetti da prendere in considerazione sono molteplici e comprendono il consumo
di proteine, di verdure, di latticini, di alcool, di sale e il pH urinario.