Calcoli Renali: Sintomi, Diagnosi e Trattamento

Ultima modifica 18.03.2019

Abbiamo visto che cosa sono i calcoli renali e perché si formano. Oggi, approfondiremo insieme i sintomi della calcolosi renale e le soluzioni disponibili per diagnosticarla, curarla e prevenire le recidive.

Vi ricordo brevemente che i calcoli renali sono dei “sassolini”, dalle dimensioni variabili, che si formano dall'aggregazione di una o più sostanze presenti nelle urine, come, ad esempio, sali minerali (come il calcio) o composti organici (come l'acido urico).
Com'è facile immaginare, questi sassolini possono sia ostacolare il normale deflusso delle urine, sia provocare lesioni lungo il decorso delle vie urinarie. Nel caso più grave, il calcolo continua invece a crescere, occupando completamente la cavità renale in cui si trova e compromettendo così la funzionalità stessa del rene. Quando un calcolo, spinto dall'urina, migra dal rene all’uretere e lo ostruisce in maniera più o meno completa, compaiono le cosiddette coliche renali. Queste coliche sono notoriamente caratterizzate da episodi di forte dolore ad un fianco, che spesso si estende anche alla regione addominale e genitale. Di norma, le coliche si presentano all’improvviso. Il dolore della colica renale ha un carattere tipicamente spasmodico, intenso e dura svariati minuti. La gravità del dolore è tale dall'essere descritta come simile o addirittura superiore a quella di un parto, ed è una causa comune che spinge i pazienti a rivolgersi al pronto soccorso. Se invece il flusso delle urine riesce ad espellerle il calcolo, è comunque possibile che durante il passaggio nelle vie urinarie il sassolino provochi delle lesioni causando la comparsa di sangue nelle urine. Oltre al dolore colico, talvolta, la presenza dei calcoli renali può essere associata ad altri sintomi, come difficoltà ad urinare, urgenza minzionale, nausea e vomito. La presenza di febbre, in genere, suggerisce un’infezione del tratto urinario. Vi ricordo comunque che i calcoli renali di piccole dimensioni, quindi non ostruenti, possono anche essere asintomatici ed eliminati spontaneamente senza creare alcun disturbo.

Per quanto riguarda la diagnosi, l’esame delle urine e l’ecografia del rene sono, di norma, sufficienti per individuare una calcolosi. L'analisi delle urine è in grado di evidenziare tracce di sangue non visibili ad occhio nudo, e permette di analizzare la composizione dell'urina. In particolare, l'esame comprende la valutazione del volume e del pH urinario e può stabilire la concentrazione di sostanze come calcio, fosforo, sodio, acido urico, ossalato, citrato, cistina e creatinina. A tale scopo è richiesta l'analisi di almeno due campioni raccolti in 24 ore. Infine, per completare la valutazione metabolica, sono importanti anche l’emocromo completo e l’urinocoltura in caso di infezioni urinarie. Le analisi del sangue possono evidenziare elevati livelli di azotemia e creatinina, che a loro volta possono indicare uno disidratazione o la presenza di un calcolo ostruttivo. Un altro esame molto importante, utile soprattutto per stabilire il protocollo terapeutico più adeguato, è l’analisi della composizione chimica del calcolo renale. Passando alle indagini strumentali, la valutazione iniziale deve includere un’ecografia renale. Questo esame fornisce informazioni sufficientemente dettagliate senza esporre il paziente a radiazioni. In particolare, l'ecografia renale è in grado di identificare possibili dilatazioni del rene e delle vie urinarie o la presenza stessa dei calcoli nelle cavità renali. Il medico può ricorrere anche ad altre tecniche diagnostiche, quali la radiografia standard dell’addome o la TAC senza contrasto. La radiografia dell’addome consente di stabilire il numero, le dimensioni e la localizzazione dei calcoli. Consente soprattutto di valutare i calcoli costituiti da ossalato di calcio e quelli di fosfato di calcio, perché sono radio-opachi. Non è efficace, invece, in caso di vicinanza dei calcoli con l’apparato scheletrico o nelle aggregazioni di acido urico o cistina, poiché questi calcoli sono invisibili ai raggi X, cioè radiotrasparenti. Tali calcoli possono comunque essere evidenziati con la TAC.

La terapia dei calcoli renali prevede da un lato la gestione della colica renale, per mitigare il dolore, e dall'altro il ricorso ad un trattamento farmacologico o chirurgico per sciogliere o eliminare il calcolo. Abbiamo già visto come i calcoli più piccoli possano essere espulsi spontaneamente, a volte in maniera asintomatica. Per favorirne l'espulsione, è anzitutto previsto il riposo, associato alla modifica del regime dietetico e ad un aumento dell’apporto giornaliero di liquidi. Quest’ultimo approccio prevede l’assunzione di elevate quantità di acqua oligominerale o minimamente mineralizzata, per causare un’escrezione di urine superiore ai 2 litri nell’arco di 24 ore. Questo tipo di terapia, basata sull'aumento dell'assunzione d'acqua, è detta idropinica e va praticata solo se consigliata dal medico, dato che in alcuni casi potrebbe rivelarsi piuttosto pericolosa. La terapia idropinica si basa su un concetto piuttosto semplice: aumentando il volume delle urine si favorisce l'espulsione spontanea dei piccoli calcoli renali e si ostacola il loro progressivo accrescimento. In genere, nel caso di calcoli di piccole dimensioni, fino a 5-7 mm, il processo di espulsione spontanea può richiedere indicativamente dai 2 ai 15 giorni.

Se il calcolo non ostruisce le vie urinarie, la terapia farmacologica si basa sull’uso di diuretici e disinfettanti delle vie urinarie per scongiurare eventuali infezioni. I calcoli renali di acido urico presentano la caratteristica favorevole di sciogliersi completamente alcalinizzando le urine, cioè aumentandone il pH. Questo risultato si ottiene attraverso una terapia medica a base di citrati e bicarbonati da assumere per via orale. I calcoli di cistina, invece, spesso causano formazioni complesse e voluminose, molto dure e difficili da trattare. La terapia farmacologica è utile anche per il controllo del dolore causato dalla colica renale. Considerata l'intensità del dolore, in regime ospedaliero si somministrano analgesici ed antispastici per via endovenosa, attendendo l’espulsione spontanea del calcolo, che dall’uretere deve spostarsi in vescica. La somministrazione di antispastici ha lo scopo di ridurre la contrattilità della muscolatura liscia, agevolando quindi la progressione del calcolo dall'uretere verso l’esterno. Se l’espulsione spontanea non è possibile e i farmaci si rivelano inefficaci, si procede con l’asportazione dei calcoli renali o con la loro frantumazione mediante onde d'urto.

Per eliminare un calcolo testardo, che non ne vuole sapere di essere espulso, si può ricorrere a tecniche diverse. La scelta dell'intervento più appropriato dipende naturalmente dalle caratteristiche, dalle dimensioni, dalla localizzazione e dal numero di calcoli. Vi sono poi delle condizioni che rendono controindicate determinate procedure; ad esempio, la litotrissia extracorporea, che vedremo tra poco, non è indicata nella donna gravida o in caso di aneurismi aortici. Tra le opzioni di trattamento è quindi inclusa la litotrissia renale. Questa tecnica consiste in un letterale bombardamento del calcolo tramite un fascio di onde d’urto, che ha lo scopo di frantumarlo in piccoli frammenti che vengono poi espulsi spontaneamente. La sonda che genera queste onde d'urto sonore, può essere posizionata all'esterno oppure all'interno del corpo. La litotrissia extracorporea è indicata per la frammentazione di calcoli di piccole dimensioni. Si tratta di un metodo terapeutico chiaramente poco invasivo, utilizzato soprattutto per alcuni calcoli di ossalato di calcio, calcoli di struvite e calcoli di acido urico. Se invece il calcolo è molto grande o di consistenza dura, come ad esempio quelli di cistina o di ossalato di calcio monoidrato, la litrossia extracorporea offre ben poche speranze di successo. Pertanto, in questi casi, è necessario bombardare i calcoli dall'interno tramite litotrissia percutanea o transuretrale. La tecnica percutanea, che significa attraverso la cute, prevede la pratica di un'incisione nel fianco, sotto le coste; tramite questo forellino viene inserito uno strumento che, sotto guida ecografica, consente di raggiungere il rene, aprire, un varco, frantumare il calcolo e asportarne i frammenti. Si tratta quindi di un intervento chirurgico, seppur mini-invasivo. La litrossia transuretrale, detta anche uretrolitotrissia, è invece una tecnica endoscopica. In pratica, attraverso l’uretra, vengono inserite delle sottili sonde fatte risalire fino al punto in cui si è arrestato il calcolo; a questo punto le sonde possono emettere delle onde acustiche o dei raggi laser che frantumano il calcolo. I frammenti che ne derivano possono essere quindi eliminati assieme alle urine o rimossi con piccole pinze o “cestelli”. In casi tanto complessi da rendere sconsigliato l’approccio endoscopico o percutaneo può essere necessario ricorrere alla chirurgia a cielo aperto, che comporta l’apertura dell’addome.

Per quanto riguarda la prevenzione dei calcoli renali, si raccomanda di fare attenzione all’idratazione, bevendo a sufficienza in particolare nel periodo estivo e in presenza di attività fisica.
Attenzione anche alla dieta, in quanto la composizione delle urine è direttamente correlata all’alimentazione. Il piano alimentare deve essere personalizzato e pianificato insieme a uno specialista, perché va adattato alla tipologia di calcolosi a cui è soggetto il paziente. Gli aspetti da prendere in considerazione sono molteplici e comprendono il consumo di proteine, di verdure, di latticini, di alcool, di sale e il pH urinario.

Autore

Dott.ssa Giulia Bertelli

Dott.ssa Giulia Bertelli

Biotecnologa Medico-Farmaceutica
Laureata in Biotecnologie Medico-Farmaceutiche, ha prestato attività lavorativa in qualità di Addetto alla Ricerca e Sviluppo in aziende di Integratori Alimentari e Alimenti Dietetici