Calcoli Biliari - Video: Cause, Sintomi, Cure
In questo video conosceremo più
da vicino la calcolosi biliare, detta anche colelitiasi. Si tratta di una malattia
piuttosto comune, che dipende dalla presenza di calcoli all’interno della
cistifellea e più in generale delle vie biliari.
I calcoli biliari sono delle
raccolte di materiale solido, simili a piccoli “sassolini”; questi aggregati si
formano all'interno
della cistifellea
o dei dotti biliari
quando la
bile è troppo ricca di alcune sostanze, come colesterolo, sali di calcio,
bilirubina ed altri pigmenti biliari.
Per capire meglio, partiamo
come sempre da un breve ripasso anatomico.
La cistifellea, detta anche
colecisti, è un organo a forma di pera posto appena al di sotto del fegato. La funzione
primaria della cistifellea consiste nell'immagazzinare e concentrare la bile
prodotta dal fegato.
La bile è un liquido denso, di colore marrone-verdastro,
costituito per lo più da acqua, colesterolo, sali biliari e bilirubina. Come abbiamo
visto, la bile viene dunque prodotta dal fegato, accumulata e concentrata nella
colecisti tra un pasto e l'altro, ed infine riversata nell'intestino dove
ricopre una funzione digestiva; in particolare, la bile ha lo scopo di
facilitare la digestione e l’assorbimento dei grassi alimentari. Tutto ciò è
permesso da una fitta rete di canali deputati al trasporto della bile dalle
cellule del fegato che l'hanno prodotta, alla cistifellea e all'intestino; nel
complesso questi canali di trasporto della bile prendono il nome di vie biliari
o dotti biliari.
I calcoli si sviluppano per
effetto della sedimentazione di alcune sostanze normalmente presenti nella bile.
Tale evento si può verificare quando la normale
composizione biliare viene alterata, oppure quando la cistifellea non si svuota completamente e
la bile ristagna così al suo interno. In simili frangenti cominciano a formarsi
dei piccoli cristalli insolubili, derivati dalla precipitazione e
dall'aggregazione di alcuni componenti biliari. A poco a poco, su questi nuclei
si depositano altri sali e lipidi, dando così origine dapprima alla sabbia biliare, poi
ai calcoli veri e propri.
I calcoli biliari possono
avere dimensioni variabili da pochi millimetri a qualche centimetro, e si distinguono
in base alla loro composizione chimica.
Nella maggior parte dei
casi, questi sassolini sono composti da aggregazioni di solo colesterolo. Più
rari sono invece i cosiddetti calcoli pigmentari, costituiti da sali di calcio
e cristalli di bilirubina; quest'ultima è una sostanza prodotta dalla
degradazione dell’emoglobina del sangue e metabolizzata dal fegato.
Il problema principale dei calcoli
è che questi possono occludere i dotti biliari, ostacolando così il normale deflusso
della bile dal fegato alla cistifellea e all'intestino. La bile, di conseguenza, si
accumula, producendo un duplice insulto, di natura chimica e pressoria. Infatti,
la bile spinge contro le pareti dei dotti biliari e li danneggia, anche a causa
di alcune sue componenti chimiche.
L’effetto finale è un’infiammazione
della cistifellea, dei dotti biliari e, talvolta, del fegato, con sintomi
dolorosi e conseguenze anche gravi.
La calcolosi biliare è abbastanza
comune nella popolazione adulta e l’incidenza aumenta con l’avanzare degli anni. Affligge
circa il 15% degli ultraquarantenni e preferisce colpire le donne rispetto agli
uomini. A conti fatti, i calcoli biliari sono 4 volte più frequenti nelle
donne, in particolare durante la gravidanza o in caso di assunzione della
pillola anticoncezionale o della terapia ormonale sostitutiva.
Oltre
a questi elementi, esistono altri fattori che possono incrementare il rischio di calcoli biliari, sia
nell'uomo che nella donna. Questi fattori sono ad esempio l’obesità,
il digiuno e persino un dimagrimento troppo rapido.
Se si saltano i pasti, infatti, la
cistifellea rimane inattiva e non si contrae per molte ore; di conseguenza, la
bile ristagna al suo interno ed alcune sue componenti possono precipitare ed
aggregarsi.
Infine,
altri fattori
predisponenti sembrano essere la familiarità per la patologia, una dieta con troppi grassi
e povera di fibre, e l’uso di alcuni farmaci.
Fino a quando i calcoli biliari
rimangono di dimensioni sufficientemente piccole da poter passare attraverso i dotti
biliari ed essere escreti, la calcolosi non rappresenta un grosso problema. In
questi casi, i pazienti non avvertono sintomi importanti; tutt'al più
possono lamentare leggeri disturbi, come gonfiore addominale, difficoltà nella
digestione, flatulenza, bruciore
e senso di peso allo stomaco.
I problemi, quelli veri, insorgono
quando uno o più
di questi sassolini arrivano
ad occludere i dotti biliari o ad impedire il deflusso della bile dalla cistifellea. In
simili circostanze, la cistifellea inizia
a contrarsi ripetutamente, per cercare di espellere il calcolo. Inizia in
questo modo la cosiddetta e temutissima “colica biliare”,
caratterizzata da un dolore fortissimo localizzato nella parte alta dell’addome, ed irradiato verso il fianco destro
e la schiena. Questo dolore insorge all’improvviso,
sotto forma di fitte che durano da poche decine di minuti, fino ad
alcune ore. Le coliche biliari possono
associarsi anche a nausea, vomito e
febbre.
L’ostruzione
dei dotti biliari e il conseguente ristagno della bile possono determinare anche
un ittero ostruttivo, che tinge la pelle e il bianco degli occhi di un colore
giallastro. Di pari passo, le feci diventano pallide, mentre le urine assumono
un colore scuro, simile al tè.
Tra i rischi maggiori che si
possono presentare in caso di calcoli biliari c’è anche la colecistite, cioè l’infiammazione
della cistifellea; se questa condizione non viene
tempestivamente curata, il processo infiammatorio può estendersi al pancreas
determinando un grave pancreatite. Altre possibili complicanze includono le
infezioni dei dotti biliari e la cirrosi biliare.
La presenza dei calcoli biliari
viene comunemente rilevata mediante un'ecografia o una TAC addominale. Nei casi
di calcolosi difficili da diagnosticare, è possibile avvalersi di metodiche più
sofisticate, come un particolare tipo di risonanza magnetica o la colangio-pancreatografia
retrograda endoscopica (ERCP). Quest’ultima procedura, entro certi limiti, permette di procedere anche alla rimozione dei
calcoli nel corso dello stesso esame diagnostico.
In
molti casi, i calcoli biliari non causano disturbi, quindi non è necessario alcun
trattamento. Tuttavia, quando una persona è soggetta alla continua formazione
di calcoli biliari o va incontro a possibili complicanze, i medici spesso
ritengono più opportuno asportare la cistifellea, tramite un intervento
chiamato colecistectomia. Si tratta di un intervento chirurgico abbastanza semplice,
generalmente mini-invasivo, perché effettuato in laparoscopia praticando
piccoli tagli sull’addome del paziente; in questo modo l'intervento di
asportazione della cistifellea si risolve con una degenza ospedaliera molto
breve. In seguito, il paziente potrà condurre una vita pressoché normale, poiché
il fegato continuerà a produrre la bile
normalmente, riversandola però direttamente nell’intestino tenue. I problemi
digestivi saranno dunque minimi e tutt'al più potrà esservi un'iniziale
intolleranza ai cibi molto grassi. Anche per questo, dopo la colecistectomia è
raccomandata una dieta povera di grassi e ricca di fibre, che aiuti il fegato a
riprendere la sua normale funzionalità, senza affaticarlo.
Come
alternativa all'intervento chirurgico, in alcuni casi è possibile ricorrere alla
litotrissia extracorporea; questo intervento, molto utilizzato nel trattamento
dei calcoli renali, sfrutta delle onde d’urto acustiche per tentare di rompere
i calcoli in frammenti sufficientemente piccoli da passare attraverso i dotti
biliari.
Infine,
il trattamento con farmaci, come l’acido
ursodesossicolico, ha lo scopo di
dissolvere alcuni tipi di calcoli
biliari, come quelli composti principalmente da colesterolo; tuttavia può
richiedere molti mesi e spesso non produce risultati soddisfacenti. Inoltre,
il principale svantaggio delle opzioni terapeutiche farmacologiche è che i
calcoli biliari possono riformarsi alla sospensione del trattamento.