Dieta a Zona - Video: Benefici, Efficacia e Criticità

Ultima modifica 11.03.2020

Oggi parleremo della ben nota DIETA A ZONA.

Si tratta di un regime alimentare inventato da Barry Sears, lo statunitense che ha dedicato i suoi studi all’interazione tra le molecole nutrizionali e la risposta ormonale del corpo umano.

La dieta a zona nasce come terapia nutrizionale finalizzata al miglioramento dello stato di salute. Tuttavia, la sua “carta vincente”, ovvero l’aspetto che l’ha resa famosa in tutto il mondo, è la grande EFFICACIA nel contrasto del sovrappeso.

Ovviamente, come per molte “diete innovative”, DIETRO I PIU’ NOBILI INTENTI si celano diversi aspetti negativi di cui è bene tener conto.

Proprio a scopo divulgativo, con le prossime diapositive cercheremo di approfondire le ORIGINI, gli OBBIETTIVI, l’APPLICAZIONE, i VANTAGGI e gli SVANTAGGI della famosa DIETA A ZONA.

Come anticipato, la DIETA A ZONA è il frutto degli studi svolti dal biochimico ricercatore Barry Sears. L’americano, anche presidente della “RESERCH INFLAMMATION FOUNDATION”, approfondendo le reazioni tra molecole nutrizionali e risposta ormonale dell’organismo, ha sviscerato alcune INTERAZIONI responsabili dell’insorgenza delle così dette malattie del benessere.

Più precisamente, secondo Sears, gli aspetti di cui tener conto sono essenzialmente 2:

  • il controllo dell’INSULINA, cioè l’ormone anabolico responsabile dell’accumulo adiposo
  • e il controllo degli EICOSANOIDI, ovvero le molecole PSEUDO-ORMONALI responsabili dell’aumento e della riduzione dell’INFIAMMAZIONE
Il nome “Zona” non è casuale e può essere inteso con due significati ben distinti:
  • Zona quale “fascia di benessere psicofisico”
  • e “RANGE di concentrazione OTTIMALE dell’INSULINA nel sangue”
Quest’ultima definizione si riferisce proprio al gergo farmaceutico utilizzato per stabilire le concentrazioni ideali dei principi attivi nel sangue.

I mezzi utilizzati nella dieta a zona sono: alimentazione corretta (e di seguito capiremo QUALE), attività fisica motoria ponderata, gestione dello stress psico-fisico e integrazione di acidi grassi essenziali del gruppo omega 3.

Cercando di semplificare al massimo i CONCETTI per ottenere una maggior comprensibilità, adiamo ad elencare gli obbiettivi della dieta a zona:
  1. Moderare la glicemia
  2. Ottimizzare il rapporto INSULINA-GLUCAGONE
  3. Ottimizzare il rapporto EICOSANOIDI INFIAMMATORI-EICOSANOIDI ANTINFIAMMATORI.
Per fare ciò, Barry Sears consiglia di gestire l’introduzione nutrizionale sulla base delle interazioni tra i nutrienti ed il nostro corpo.

Anzitutto, per moderare la glicemia è necessario apportare una quota di glucidi più bassa rispetto, ad esempio, alla Dieta Mediterranea. Inoltre, questi carboidrati devono essere in piccole porzioni, ovvero a CARICO glicemico contenuto, e a basso INDICE glicemico. Con meno zuccheri nel sangue si ottiene anche una minor liberazione di INSULINA. Poi, secondo la dieta a zona, è anche NECESSARIO associare ai carboidrati una porzione di proteine, le quali a loro volta facilitano il rilascio di GLUCAGONE, ovvero l’ormone che contrasta l’ascesa dell’insulina stessa. Ricordiamo che l’insulina è un ormone prodotto dal pancreas che, se in ECCESSO, ha funzione INGRASSANTE e promuove la liberazione degli EICOSANOIDI INFIAMMATORI a loro volta responsabili dell’ATERO-SCLEROSI.

All’interno dello stesso pasto, oltre ai carboidrati e alle proteine, è anche necessario inserire una porzione di lipidi prevalentemente insaturi (o GRASSI BUONI), in quanto benefici e protettivi dalle dislipidemie e dall’aterosclerosi. Questi possono essere compresi sia negli alimenti di origine animale, sia vegetale.

Inoltre, per raggiungere appieno gli obbiettivi di cui sopra, la dieta a zona suggerisce di utilizzare abbondantemente gli alimenti ricchi di fibra alimentare, sali minerali, vitamine e antiossidanti. Ricordiamo che la fibra alimentare, le lecitine e i fitosteroli hanno funzione IPOCOLESTEROLEMIZZANTE e che certe vitamine (ovvero la A, la C e la E), certi sali minerali (ovvero lo Zinco e il Selenio) e le varie sostanze fenoliche vegetali, possiedono tutti una notevole funzione ANTIOSSIDANTE.

La dieta a zona NON tiene in considerazione l’importanza energetica dell’alimentazione, ma piuttosto l’impatto metabolico dei nutrienti contenuti nei cibi; tuttavia, come vedremo in seguito, questa è semplicemente una MEZZA VERITA’!

Ora che abbiamo chiarito gli obbiettivi salutistici della dieta a zona, cerchiamo di capire come tradurli in alimenti. Avviso subito tutti i gentili ascoltatori che NON si tratta di un concetto semplice da comprendere, e allo stesso tempo mi scuso con tutti coloro che invece la conoscono per la poca accuratezza con cui la descriverò.

Prima di tutto, è sconsigliabile digiunare per più di 5 ore, ragion per cui l’organizzazione dietetica prevede almeno 4, ma meglio 5 o 6 pasti al giorno. Ogni pasto, principale o secondario, deve rispettare una RIPARTIZIONE dell’ENERGIA del:
  1. 30% di proteine (derivanti soprattutto da carni aviarie, pesci, crostacei, molluschi, albume d'uovo e formaggi magrissimi)
  2. 40% di carboidrati (derivanti essenzialmente dal fruttosio degli ortaggi e dalla frutta, escludendo legumi, tuberi e cereali ad eccezione dell'avena)
  3. 30% di lipidi (derivanti essenzialmente da oli vegetali spremuti a freddo, pesce, frutta secca).
L’unità funzionale, o di misura, di ogni pasto sono i BLOCCHI. Ogni blocco deve essere RISPETTOSO delle percentuali di cui sopra che, tradotte in GRAMMI, determinano una composizione per ogni BLOCCO di:
  1. Carboidrati 9g
  2. Proteine 7g
  3. Lipidi 3g
Ognuno di questi 3 è detto MINI-BLOCCO.

E' poi necessario capire DI QUANTI BLOCCHI dobbiamo comporre la nostra dieta. Il calcolo e gli algoritmi sono un po’ complicati e, se volete approfondire l’argomento, vi consiglio di farlo leggendo il libro di Sears. Io mi limito semplicemente a specificare che:
  • Prima è necessario calcolare la propria massa magra in chilogrammi
  • Poi la si moltiplica per uno SPECIFICO coefficiente basato sull’attività fisica
  • Da questo numero è possibile ricavare il fabbisogno proteico totale
  • Tale cifra, divisa per 7, ci fornirà il numero di MINI-BLOCCHI di proteine
  • Infine, eseguendo la giusta proporzione, si ottengono i MINI-BLOCCHI rimanenti di lipidi e carboidrati.
Citando gli SVANTAGGI della dieta a zona, il più evidente è senz’altro la COMPLESSITA’. Mentre per un professionista dell’alimentazione questo metodo è piuttosto semplice, è ragionevole pensare che per un autodidatta aumentino le possibilità di ERRORE.

Inoltre, la gestione dei pasti della dieta a zona prevede una certa MAESTRIA. Va contro la maggior parte delle abitudini alimentari dell’uomo contemporaneo e, per questo, in molti casi fallisce nel lungo termine.

Poi, ad un’analisi nutrizionale, la dieta a zona potrebbe essere contestata sotto molti punti di vista. Prescindendo dal fatto che attorno al bacino del Mediterraneo il consumo di cereali e leguminose rappresenta il 50% dell’alimentazione, sottolineiamo che l
a strategia alimentare di Sears prevede un apporto energetico totale TROPPO BASSO. La dieta a zona si vanta di prescindere dal concetto di CALORIE e aborra le diete IPOCALORICHE. Sarebbe certamente un fondamento apprezzabile… se non fosse che la ZONA STESSA è una dieta ipocalorica! Per capirlo è sufficiente mettere a confronto una dieta mediterranea ipocalorica (al 70% dell’energia normale) e una dieta a zona per la stessa persona.
Inoltre, quando si consiglia di svolgere attività motoria regolare, questa non viene tenuta in considerazione nella stima iniziale e rappresenta un ulteriore deplezione calorica che peggiora il bilancio energetico totale.

L’apporto di carboidrati è TROPPO SCARSO per supportare l’attività fisica INTENSA e PROLUNGATA, con il risultato di un calo della prestazione e (nel lungo termine) una diminuzione delle masse muscolari coinvolte. E’ quindi sempre necessaria l’integrazione alimentare con malto destrine in concomitanza dell'esercizio fisico!

Si osserva anche un apporto di proteine DOPPIO rispetto alla necessità di una persona sedentaria. Ciò significa che NON si predispone (e non può essere adattata) alla nutrizione clinica nelle compromissioni renali o epatiche. Inoltre, in caso di diabete mellito tipo 2, l’eccesso di proteine nella dieta è ESSO STESSO un fattore di rischio aggiuntivo per la degenerazione della funzionalità renale correlata ad iperglicemia cronica.

L’apporto di fibre e molecole anti-nutrizionali è spesso ECCESSIVO; nonostante i molti benefici che si possono trarre dall’abbondanza di frutta e ortaggi, l’eccesso delle suddette molecole può comportare effetti collaterali quali: diarrea e riduzione dell’assorbimento di certi sali minerali molto importanti per l’organismo.

La necessità di INTEGRARE con omega 3 per equilibrare l’apporto massiccio di omega 6 è indice di SQUILIBRIO NUTRIZIONALE. In base ad alcune ricerche svolte in vitro, l’eccesso di omega 6 può causare l’effetto opposto rispetto a quanto prefissato dalla dieta a zona; questi grassi potrebbero infatti aumentare l’infiammazione sistemica invece di attenuarla.
Infine, ricordiamo che il rilascio di ormone insulina NON è un’esclusiva dei carboidrati. Anche gli amminoacidi delle proteine e gli acidi grassi dei lipidi contribuiscono alla liberazione di queste molecole. Ciò significa che, probabilmente, l’effetto benefico della zona sulla “calma insulinica” è più imputabile alla moderazione delle porzioni, invece che alla ripartizione 40-30-30.

D’altro canto, la dieta a zona può vantare anche diverse connotazioni positive. Tra queste, la prima è senz'altro un indice glicemico e insulinico eccellenti. La scarsità calorica, la promiscuità dei macronutrienti energetici e l’abbondanza di fruttosio rispetto ai polimeri del glucosio favoriscono un lento incremento della glicemia e un altrettanto pigro rilascio dell’ormone ingrassante. Inoltre, la moderazione glicemica PREVIENE il peggioramento dei livelli di colesterolo cattivo LDL.

L’apporto di colesterolo alimentare e grassi saturi è molto basso. Si tratta di un fattore protettivo dall’ipercolesterolemia e quindi anche dalle compromissioni cardio-vascolari.

L’apporto di grassi monoinsaturi e polinsaturi è invece molto elevato. Si tratta di un fattore protettivo dall’ipercolesterolemia, dall’ipertrigliceridemia, dall’ipertensione, dall’infiammazione sistemica e quindi ancora volta dalle compromissioni cardio-vascolari.

L’apporto di fibra alimentare è tale da poter garantire un’ottima funzione prebiotica, purificatrice dalle scorie e quindi tutelante dal cancro all’intestino.

Infine, l’apporto di vitamine, sali minerali e antiossidanti è elevatissimo, con conseguente effetto protettivo dallo stress ossidativo e quindi da qualsiasi forma di tumore.

In conclusione, la dieta a zona è un regime alimentare che può favorire il recupero dello stato di salute in persone sedentarie affette da alterazioni dei lipidi nel sangue, della pressione arteriosa e non gravi della glicemia. D’altro canto, non è facilmente applicabile, non è sempre ben tollerata e (senza integrazione specifica) non si presta all’alimentazione degli sportivi più impegnati e a quella clinica in condizioni di compromissione epato-renale.