Trattamento del Morbo di Parkinson
Ultima modifica 26.03.2021
INDICE
  1. Introduzione al Trattamento
  2. Cosa È Importante Sapere
  3. Farmaci Antiparkinsoniani
  4. Chirurgia e Altri Trattamenti

Introduzione al Trattamento

Attualmente, per il morbo di Parkinson, non esiste una cura risolutiva, cioè che possa portare alla guarigione completa e definitiva. Sono disponibili, però, diversi trattamenti che permettono di controllarne i sintomi, comportando un miglioramento della condizione generale e, quindi, della qualità della vita.

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La strategia terapeutica o, più precisamente, sintomatica (cioè che non agisce rimuovendo la causa, ma solo diminuendo l'intensità dei vari disturbi) deve essere stabilita dal medico, tenendo conto della gravità dei sintomi e della fase della malattia.

Protocollo a seconda delle Fasi del Morbo di Parkinson

La cura del morbo di Parkinson viene modulata in base alla progressione del disturbo: il principio di base è iniziare con basse dosi di farmaci, per poi eventualmente aumentare la quantità, sostituirli o associarli ad altri medicinali, nel caso in cui non si ottenga l'effetto desiderato.

Durante le prime fasi della malattia, in genere, i sintomi sono lievi e non è necessario alcun tipo di trattamento farmacologico. Tuttavia, è opportuno monitorare l'andamento del morbo di Parkinson con periodiche visite di controllo del medico specialista.

Morbo di Parkinson: quali trattamenti sono disponibili?

I trattamenti disponibili per il morbo di Parkinson includono:

  • Terapie di supporto (fisioterapia, terapia occupazionale ecc.);
  • Terapia farmacologica;
  • Intervento chirurgico (indicato solamente in casi selezionati).

Nella maggior parte dei casi, le persone affette dalla malattia di Parkinson rispondono bene alle terapie. In una minoranza di pazienti, però, i trattamenti non risultano altrettanto efficaci e, con il tempo, il grado di disabilità aumenta fino a compromettere l'esecuzione delle normali attività quotidiane in completa autonomia. I progressi in campo terapeutico offrono comunque ai pazienti con morbo di Parkinson un'aspettativa di vita simile, o quasi simile, a quella delle persone sane.

Cosa È Importante Sapere

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  • Fin dall'esordio dei primi sintomi è raccomandabile consultare un neurologo che possa indirizzare verso l'iter terapeutico più adeguato al singolo caso: è dimostrato che il trattamento precoce può contribuire a rallentare l'evoluzione della malattia;
  • La malattia di Parkinson varia da soggetto a soggetto, sia per quanto riguarda il numero di sintomi, sia per quanto riguarda la loro intensità. Lo specialista predispone una strategia di cura personalizzata in base alle caratteristiche della malattia. Lo schema terapeutico va rivisto e aggiornato periodicamente, tenendo in considerazione le caratteristiche cliniche e le comorbilità del paziente, gli obiettivi terapeutici, i potenziali benefici e gli effetti collaterali dei diversi farmaci.
  • Non trascurare mai la terapia, né sospenderla o modificarla di propria iniziativa: i farmaci come la Levodopa sono fondamentali per la gestione del morbo di Parkinson.

Farmaci Antiparkinsoniani

Lo scopo della terapia farmacologica del morbo di Parkinson è quello di sostituire il deficit di dopamina a livello dello striato, mimando la stimolazione fisiologica. La Levodopa (comunemente detta L-Dopa) rappresenta il trattamento principale ed ha la funzione di aumentare nel cervello la concentrazione di dopamina, essenziale per il controllo e la coordinazione dei movimenti corporei. A causa della sua struttura chimica, quest'ultima non è, infatti, in grado di attraversare la barriera ematoencefalica che è, invece, superabile dalla Levodopa.

Levodopa

La Levodopa (L-3,4-diidrossifenilalanina o L-dopa) è il precursore fisiologico della dopamina e, proprio per questo, è in grado di migliorare la sintomatologia; il farmaco agisce cercando di porre rimedio al deficit che caratterizza la malattia di Parkinson. La Levodopa è in grado di oltrepassare la barriera ematoencefalica e, una volta raggiunto il cervello, viene assorbita dalle cellule nervose e trasformata in dopamina.

Inizialmente, la terapia con Levodopa induce un netto miglioramento dei sintomi: a tal proposito, si parla di "luna di miele terapeutica", che dura da 2 a 5 anni, dove la terapia controlla quasi totalmente i disturbi associati al morbo di Parkinson ed il paziente svolge una vita quasi normale. Successivamente, però, si manifesta una fase in cui si ha una diminuzione dell'efficacia della Levodopa, di conseguenza si assiste ad un aggravamento dei sintomi della malattia. Tuttavia, ancora oggi, rispetto ad altre terapie disponibili, il trattamento con Levodopa è comunque associato ad un maggior miglioramento della funzione motoria e ad un rallentamento più elevato nella progressione della disabilità. Inoltre, la Levodopa, è uno dei farmaci meglio tollerati, in particolare negli individui anziani.

I benefici terapeutici della Levodopa sono indiscussi, ma, quando arriva alla massima concentrazione nel sangue, questo farmaco è responsabile di vari problemi, come irrequietezza e movimenti scomposti e incontrollabili (discinesie). Inoltre, all'inizio può dare luogo a nausea, vomito e cali di pressione. Purtroppo, gli effetti collaterali del farmaco limitano in parte il suo potenziale terapeutico: per questo motivo, non viene prescritta sempre e ai primi segnali del morbo di Parkinson.

Le complicazioni associate all'impiego del farmaco si possono limitare agendo:

  • Sul dosaggio e sugli intervalli tra una somministrazione e l'altra;
  • Associando altre medicine in grado di migliorare la disponibilità di L-Dopa nell'organismo.

Per ovviare a questo problema, sono stati formulati:

  • Inibitori della dopa-decarbossilasi periferica, come ad esempio la carbidopa, che devono essere somministrati in combinazione con la Levodopa allo scopo di migliorarne l'assorbimento ed il passaggio nel sistema nervoso centrale (in pratica, la carbidopa impedisce che la Levodopa si trasformi in dopamina prima di raggiungere il cervello).
  • Preparazioni a lento rilascio costituite da Levodopa in associazione con beserazide oppure con carbidopa in rapporto di 4:1.

Agonisti della Dopamina - Farmaci Dopamino-Agonisti

Gli agonisti della dopamina sono farmaci disponibili sotto forma di compresse, cerotti e iniezioni che mimano l'azione della dopamina endogena (cioè prodotta dall'organismo), legandosi ai suoi recettori ed attivandoli. Tuttavia, la loro efficacia è inferiore a quella della Levodopa, motivo per cui vengono prescritti con minore frequenza. Generalmente, i farmaci dopaminergici sono indicati per i pazienti con malattia di Parkinson allo stadio iniziale, i cui sintomi motori non influenzano la qualità di vita.

Gli effetti collaterali di questi farmaci sono diversi e comprendono: allucinazioni, ipotensione, confusione mentale, sonnolenza, improvvisi colpi di sonno, nausea o vomito, stanchezza e vertigini. Fra i principi attivi appartenenti a questo gruppo di farmaci che si possono impiegare nel trattamento del morbo di Parkinson vi sono pramipexolo, rotigotina, ropinirolo e apomorfina.

Inibitori MAO-B

Gli inibitori delle monoamino-ossidasi di tipo B (IMAO-B), tra i quali la selegilina, rasagilina e safinamide, rappresentano un altro gruppo di farmaci per il trattamento della malattia di Parkinson. Questi medicinali inibiscono gli enzimi che degradano la dopamina (monoamino-ossidasi B) producendo un innalzamento dei livelli di dopamina endogena, consentendole di rimanere più a lungo nel cervello, e quella assunta sotto forma di Levodopa.

Generalmente, gli IMAO-B sono ben tollerati, ma, in alcuni pazienti, possono causare degli effetti collaterali come nausea, mal di testa, dolore addominale e ipertensione arteriosa.

Inibitori delle Catecol-O-Metil Transferasi (COMT)

Un'altra categoria di farmaci utilizzati per il morbo di Parkinson sono gli inibitori delle catecol-O-metiltransferasi (COMT), enzimi ubiquitari nell'organismo localizzati maggiormente nel citoplasma e nella membrana plasmatica delle cellule post-sinaptiche.

Gli inibitori delle catecol-O-metil transferasi aumentano la persistenza della Levodopa nel sangue e, di conseguenza, nel cervello: le COMT sono coinvolte nel metabolismo centrale della dopamina e in quello periferico della Levodopa, di conseguenza la loro inibizione determina un aumento notevole dei livelli periferici e centrali di L-Dopa ed un blocco del catabolismo centrale di dopamina.

Gli inibitori delle COMT sono utilizzati nel trattamento dei pazienti affetti da malattia di Parkinson che mostrano una risposta fluttuante alla Levodopa, grazie alla loro capacità di mantenere più stabili i livelli plasmatici della dopamina. Tra i principi attivi utilizzati si ricordano l'entacapone e il tolcapone.

Altri Farmaci

  • Anticolinergici: agiscono soprattutto per controllare il tremore;
  • Amantadina e bromocriptina: funzionano potenziando la presenza della dopamina, riducendo in modo efficace le discinesie e gli episodi di "freezing" (blocchi motori improvvisi che impediscono temporaneamente di muovere i piedi).
Per approfondire: Farmaci per la Cura del Morbo di Parkinson

Chirurgia e Altri Trattamenti

Stimolazione Cerebrale Profonda

Nella maggior parte dei casi, la malattia di Parkinson viene trattata con la terapia farmacologica, ma qualora questa non produca alcun effetto benefico, potrebbe essere indicato un intervento chirurgico di stimolazione cerebrale profonda.

Quest'approccio prevede l'impianto di un pacemaker, cioè un generatore di impulsi elettrici (del tutto simile a quello cardiaco), in una specifica area del cervello allo scopo di stimolare la zona cerebrale danneggiata dalla malattia.

Pur non consentendo la guarigione del morbo di Parkinson, la stimolazione cerebrale profonda migliora notevolmente i sintomi (soprattutto il tremore), permettendo al paziente di poter gestire meglio le attività quotidiane.

Terapia Sintomatica e di Supporto

Le terapie di supporto, come la riabilitazione motoria, possono migliorare il quotidiano del paziente, soprattutto all'inizio e nelle fasi intermedie. La fisioterapia e la terapia occupazionale possono migliorare, attraverso esercizi fisici e pratici, la qualità di vita del paziente, cercando di preservarne l'autonomia.

La fisioterapia può aiutare la persona affetta dalla malattia di Parkinson, in particolare, ad attenuare la rigidità muscolare e il dolore alle articolazioni, con miglioramento della mobilità e del cammino. La terapia occupazionale, invece, si propone d'individuare propone pratiche per agevolare le attività della vita quotidiana in cui la persona affetta dalla malattia di Parkinson incontra maggiori difficoltà, come vestirsi, curare l'igiene personale o fare la spesa.

La terapia del linguaggio si propone come obiettivo quello di alleviare la disfagia e riabilitare la voce, indicando eventuali ausili tecnologici (es. computer). Un logopedista può insegnare esercizi che migliorino il linguaggio e la deglutizione.

La consulenza di professionisti esperti, come psicologi o assistenti sociali, può essere utile ad affrontare le conseguenze di carattere emotivo del morbo di Parkinson.

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Autore

Giulia Bertelli

Giulia Bertelli

Biotecnologa Medico-Farmaceutica
Laureata in Biotecnologie Medico-Farmaceutiche, ha prestato attività lavorativa in qualità di Addetto alla Ricerca e Sviluppo in aziende di Integratori Alimentari e Alimenti Dietetici