Malattia di Huntington: Trattamento della Corea di Huntington
Ultima modifica 23.04.2020
INDICE
  1. Trattamento Sintomatico
  2. Farmaci per la Malattia di Huntington
  3. Analisi dei Biomarcatori con Neuroimaging
  4. Strategie terapeutiche in fase di sviluppo

Trattamento Sintomatico

Controllo dei Sintomi e Terapie di supporto

Allo stato attuale, non sono ancora disponibili terapie in grado di guarire o interrompere il decorso della malattia di Huntington. Pertanto, il trattamento prevede misure di supporto per alleviare la sintomatologia e migliorare la qualità di vita del paziente.

Alcune caratteristiche della corea di Huntington possono essere gestite con:

  • Logopedia, psicoterapia e riabilitazione cognitiva possono migliorare sia i sintomi fisici, che psicologici della malattia. In particolare, queste terapie sono utili per aiutare la comunicazione e lo svolgimento autonomo delle attività quotidiane. Una migliore comprensione dei disturbi comportamentali e cognitivi può essere di aiuto, inoltre, per sviluppare strategie per adattarsi ai cambiamenti indotti dalla progressione della malattia di Huntington;
  • Fisioterapia ed esercizio fisico regolare: contribuiscono al mantenimento della coordinazione dei movimenti. Nelle prime fasi della malattia è consigliabile un'attività fisica dolce (nuoto, camminare ecc.);
  • Uso di supporti specifici per aiutare i pazienti con malattia di Huntington, che manifestano difficoltà di coordinazione, a camminare in modo indipendente;
  • Farmaci: sono indicati quando subentrano sintomi importanti. La corea e l'agitazione possono essere, ad esempio, parzialmente soppresse con medicinali che agiscono da blocco o da deplezione dei recettori della dopamina. Tuttavia, molti farmaci possono produrre effetti collaterali, oltre ad avere effetti differenti nei diversi pazienti. Pertanto, il bilancio ideale della terapia farmacologica deve essere stabilito caso per caso dal medico specialista, sulla base dei sintomi e della risposta individuale ai trattamenti.
Prima parte: Malattia di Huntington - Cos'è, Cause e Sintomi

Farmaci per la Malattia di Huntington

I farmaci disponibili hanno lo scopo di controllare i disturbi, in particolare quelli relativi al movimento e quelli psichiatrici.

Le terapie farmacologiche hanno un significato puramente sintomatico e non influenzano l'evoluzione della malattia o del relativo processo degenerativo. Ad esempio, si possono usare gli antagonisti della dopamina per alleviare i movimenti coreici. Il loro impiego è tuttavia limitato per gli effetti indesiderati come sedazione e depressione.

I farmaci antiparkinson, invece, possono influenzare positivamente le forme giovanili dominate da rigidità. Le turbe psicotiche possono richiedere un adeguato trattamento psicofarmacologico (neurolettici, sali di litio), mentre i sintomi depressivi possono essere attenuati dall'impiego di farmaci specifici (antidepressivi triciclici, serotoninergici).

Analisi dei Biomarcatori con Neuroimaging

Nonostante i numerosi studi clinici condotti negli ultimi anni, ad oggi nessun farmaco si è mostrato efficace in uno studio randomizzato con placebo, nella terapia del morbo di Huntington. La fase clinica è molto impegnativa, soprattutto perché la malattia ha una lenta progressione e un'ampia eterogeneità clinica. Esistono delle scale di valutazione del morbo di Huntington e sono pressoché uguali in tutte le cliniche. La penetranza completa della malattia e la disponibilità di test genetici predittivi, offre l'occasione di tentare il trattamento durante le fasi iniziali della malattia. Attualmente, gli studi sono rivolti alla ricerca di biormarcatori di cambiamento, sensibili e stabili, al fine di intervenire nelle prime manifestazioni della malattia.

Attualmente, le tecniche di neuroimaging hanno offerto i migliori biomarcatori durante la fase prodromica (che precede i sintomi clinici della malattia); inoltre, forniscono una correlazione tra quelle che sono le terapie condotte sui modelli animali e sull'uomo. 

Come accennato, l'atrofia a carico dello striato è precoce e progredisce durante il corso della malattia. E' stato anche dimostrato che altre aree del cervello come le strutture sottocorticali e corticali della sostanza bianca sono colpite nel periodo prodromico.
Attraverso l'imaging funzionale può anche identificare alcune anomalie negli individui durante il periodo prodromico. Questa tecnica potrebbe rivelarsi sufficientemente sensibile anche per identificare rilevabili irregolarità della struttura o cambiamenti del comportamento.
Infine, l'identificazione di biomarcatori molecolari, come ad esempio il lattato o altri prodotti dello stress cellulare, potrebbe essere permessa grazie alle tecniche di spettroscopia a risonanza magnetica.

Strategie terapeutiche in fase di sviluppo

Malattia di Huntington e Recettori per i Cannabinoidi

Purtroppo, ad oggi, la patogenesi della degenerazione selettiva dei neuroni nella malattia di Huntington non è ancora stata completamente chiarita; pertanto, vi è la necessità di investigare su possibili nuove strategie terapeutiche. In particolare, è stato scoperto che nel morbo di Huntington vi è una perdita selettiva dei recettori dei cannabinoidi di tipo CB1 nei gangli basali, che rappresenta una delle alterazioni neurochimiche più precoci. Per questo motivo, attualmente gli studi di ricerca stanno investigando sul ruolo neuroprotettivo dei cannabinoidi nel morbo di Huntington.

Per approfondire: Recettori per i cannabinoidi

Malattia di Huntington: recettori CB1

Da tempo è stato ipotizzato il coinvolgimento del sistema endocannabinoide, in modo particolare dei recettori CB1, nel morbo di Huntington. E' stato infatti dimostrato che tra le prime alterazioni evidenti negli individui colpiti dalla malattia, vi è la perdita selettiva dei recettori CB1 nei nuclei basali. Questa perdita recettoriale precede il manifestarsi della neuropatologia dello striato. In modelli animali transgenici per la malattia di Huntigton è stato osservato un cambiamento sia nell'espressione dei recettori CB1, sia dei livelli di endocannabinoidi. Queste evidenze hanno portato ad ipotizzare che una disregolazione del sistema endocannabinoide potrebbe rappresentare un bersaglio per lo sviluppo di nuove strategie terapeutiche.
In studi molto recenti è stato dimostrato che la delezione dei recettori CB1 in modelli transgenici per la malattia di Huntington, si traduceva in un peggioramento del fenotipo motorio, in un'atrofia dello striato e in un accumulo della proteina huntingtina, mentre un trattamento cronico con un agonista cannabico, il tetraidrocannibolo (Δ9-THC), risultava benefico.
Infine, i recettori CB1, sono altamente espressi nei neuroni GABAergici, che costituiscono il 90-95% dei neuroni dello striato, area cerebrale colpita nella malattia di Huntington, come spiegato nei precedenti paragrafi.
La stimolazione dei recettori CB1 porta ad una diminuzione del rilascio di GABA, neurotrasmettitore inibitorio. Tale riduzione, potrebbe essere dannosa per i pazienti colpiti da malattia di Huntington, dato che venendo a ridursi il tono inibitorio esercitato dal GABA, si avrebbe un eccessivo aumento del tono eccitatorio, determinato dal glutammato, e di conseguenza al fenomeno di eccitotossicità. Si pensa che l'eccitotossicità contribuisca alla morte dei neuroni di proiezione dello striato. Tuttavia, i recettori CB1 sono localizzati anche nei neuroni glutammatergici, seppur in quantità minore. E' stato ipotizzato che una stimolazione di tali recettori, porterebbe anche un rilascio minore di glutammato riducendo l'eccitotossicità. Il fatto che il trattamento cronico con Δ9-THC risultasse benefico, suggerisce che il contributo dei recettori CB1 nel mediare la risposta agli agonisti dei cannabinoidi in neuroni specifici, può cambiare nella progressione della malattia.

Prospettive future

Allo stato attuale, la ricerca di una cura per la malattia di Huntington è attiva e sono in corso diverse sperimentazioni cliniche per valutare l'efficacia di vari agenti farmacologici e/o approcci non farmacologici (es. terapia genica, trapianto di staminali) capaci di ridurre la produzione di huntingtina o migliorare la sopravvivenza neuronale, prevenire o rallentare la progressione della patologia.

Ad esempio, il silenziamento genico che utilizza l'interferenza dell'RNA (RNAi) o oligonucleotidi antisenso (ASO). Gli ASO si legano, in particolare, all'RNA messaggero che veicola l'informazione dal gene mutato, ne blocca la traduzione e ne stimola la degradazione in modo che la proteina huntingtina non venga prodotta. La terapia con cellule staminali consiste, invece, nel sostituire i neuroni danneggiati, grazie al trapianto di cellule staminali, nelle regioni colpite del cervello. I trial nei modelli animali e negli studi clinici preliminari hanno dato risultati contrastanti con questa tecnica, quindi sono necessari ulteriori evidenze per stabilirne l'efficacia.

Bibliografia

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