Chi Mangia Meno Vive Più a Lungo e in Salute: Perché?

Chi Mangia Meno Vive Più a Lungo e in Salute: Perché?
Ultima modifica 02.10.2019
INDICE
  1. Introduzione
  2. Geni SIRT
  3. Conclusioni

Introduzione

È ormai assodato che la composizione corporea, la dieta e l'attività fisica siano direttamente e indirettamente correlate sia all'aspettativa che alla qualità della vita.

Chi Mangia Meno Vive Più a Lungo e in Salute: Perché? Shutterstock

L'insieme dei fattori salutistici (positivi e negativi) legati a questi tre ambiti è davvero molto ampio.

Il sovrappeso, le patologie del metabolismo e la sedentarietà non solo aumentano il rischio di patologie, eventi accidentali e morte o invalidità, ma riducono l'efficienza cognitiva e anticipano la degenerazione nervosa promuovendo l'invecchiamento.

Ciò di cui parleremo tuttavia, non ha a che fare con la salute cardiovascolare o con la composizione degli acidi grassi del tessuto nervoso centrale.

Nell'articolo che seguirà infatti, ci concentreremo su un aspetto molto particolare, ovvero la relazione diretta, geneticamente mediata, tra bilancio calorico negativo (basse calorie) e longevità.

Geni SIRT

Cosa sono i geni SIRT e a cosa servono

I geni SIRT3 e SIRT4, come SIRT1, fanno parte di una grande famiglia di geni chiamati sirtuini.

In base a quanto emerge da una ricerca su questi tre geni, riducendo le calorie si otterrebbero notevoli benefici sulla memoria e si rallenterebbe il processo di invecchiamento.

SIRT1

SIRT1 è un gene – di scoperta tutto sommato recente – che svolge un ruolo importante nella longevità.

Inizialmente noto perché sensibile all'assunzione di resveratrolo – un fenolo non flavonoide contenuto nel vino rosso, studiato per il suo ipotetico ruolo nel "paradosso francese" – pare che il SIRT1 venga attivato significativamente anche in caso di riduzione calorica.

Come del resto ha precisato il principale autore dello studio, Li-Huei Tsai, del "Howard Hughes Medical Institute", nei modelli murini, la proteina per cui codifica questo gene sembra:

  • aumentare enormemente le connessioni neurali, la plasticità sinaptica e la formazione di memorie;
  • ridurre la neuro-degenerazione;
  • prevenire le difficoltà di apprendimento.

Studi recenti avevano già legato SIRT1 alla fisiologia del cervello e ai disturbi neurologici ma, prima della scoperta di Tsai, il ruolo di questo gene era ignoto.

SIRT3 e SIRT4

Gli scienziati sanno da molti anni che una dieta a basso contenuto calorico prolunga la vita di almeno un terzo; tuttavia, prima della scoperta dei geni SIRT3 e SIRT4, nessuno era riuscito a capire quale fosse il meccanismo molecolare coinvolto.

In base a quanto concluse uno studio condotto da David Sinclair, professore associato di patologia alla "Harvard Medical School", in collaborazione con i ricercatori del "National Institute of Health" della "Cornell Medical School", SIRT3 e SIRT4 sarebbero associati alla longevità perché capaci di salvaguardare le cellule da certi tipi di stress – come quello della restrizione calorica, in presenza del quale si attivano – e dalle malattie dell'invecchiamento.

La scoperta dei due nuovi geni confermò che i mitocondri sono la prima fonte energetica delle cellule e risultano essenziali per il mantenimento della loro salute e longevità.

Quando l'efficienza dei mitocondri inizia a diminuire, l'energia "esce" dalle cellule, che cominciano a morire.

Il DNA mitocondriale (mtDNA) è così importante che se anche tutte le fonti di energia all'interno di essa, nucleo compreso, venissero a mancare, con i mitocondri rimasti vitali e funzionali, la cellula riuscirebbe a sopravvivere lo stesso.

SIRT3 e SIRT4 mantengono la vitalità dei mitocondri; per questo rendono le cellule sane.

Secondo quanto riferito nello studio, nel momento in cui si inizia una dieta, le cellule cominciano a soffrire per la restrizione calorica e questa situazione di stress viene segnalata attraverso la membrana cellulare.

Il segnale raggiunge ed attiva il gene NAMPT che, ad alte concentrazioni, aumenta i livelli di NAD il quale tende ad accumularsi nei mitocondri.

Questa serie di reazioni fa in modo che i mitocondri crescano più forti, che aumenti l'emissione di energia e che il processo di invecchiamento cellulare rallenta in modo significativo.

Lo stesso processo è attivato dall'esercizio fisico.

Sinclair spiega: "Non siamo ancora sicuri di quale sia il particolare meccanismo che viene attivato dall'aumento dei livelli di NAD, ma abbiamo constatato che quando entra in azione, il suicidio programmato cellulare si attenua".

Secondo il ricercatore, SIRT3 e SIRT4 potrebbero diventare bersagli per farmaci anti-invecchiamento e per malattie associate.

Conclusioni

Quanto abbiamo esposto mette in evidenza un concetto molto semplice:

Statisticamente, con preciso riferimento alle abitudini nutrizionali medie occidentali e relativa composizione corporea, chi mangia di meno vive di più e meglio.

Il dilemma sta nel capire cosa significhi "mangiare di meno"; ovvero, rispetto a quale parametro.

Semplicemente a quello "medio". Se è vero che l'attitudine collettiva è di eccedere con le calorie e con la massa grassa, diventa deducibile che si richieda quantomeno di seguire una dieta normocalorica e di rimanere in normopeso – eventualmente, di dimagrire se necessario.

Ma come fare per assumere meno energia? Mangiando meno? Dipende.

In terza età potrebbe essere sconsigliabile; o meglio, se la dieta è ben ripartita ed equilibrata, ridurre l'intake calorico potrebbe indurre un dimagrimento indesiderato e il mancato raggiungimento di importanti nutrienti quali certi minerali, vitamine, acidi grassi essenziali omega 3 e proteine ad alto valore biologico.

È invece molto più sensato aumentare il livello di attività fisica generale, meglio se con una componente motoria ad intensità maggiore rispetto alla semplice camminata. In tal modo non solo è possibile gestire il bilancio calorico senza ridurre le porzioni alimentari, ma si ottengono adattamento cardio-vascolari, respiratori e metabolici positivi, e un'azione protettiva sul sistema nervoso e sul tono dell'umore.