Alimentazione, Glicemia e Composizione Corporea

Alimentazione, Glicemia e Composizione Corporea
Ultima modifica 27.03.2023
INDICE
  1. Glicemia
  2. Cinetica del Glucosio
  3. Composizione Corporea
  4. Conclusioni

In questo articolo parleremo della correlazione tra alimentazione e glicemia, ma anche dell'importanza che quest'ultima riveste nel processo di dimagrimento, di recupero e di costruzione muscolare.

Gliemia ed Alimentazione Shutterstock

Ci occuperemo anche di sfatare alcuni miti o semplicemente di smentire certe teoriche che, con le migliori intenzioni, hanno contribuito ad instaurare grossi errori nell'alimentazione finalizzata alla cultura estetica. Nondimeno, gli stessi principi di cui parleremo si applicherebbero anche alla dietoterapia, ma la nutrizione clinica è un campo piuttosto delicato che, in tal caso, preferiamo escludere.

Nota: il testo non sarà altamente scientifico, per facilitare una migliore comprensione da parte di tutti gli utenti, ed avrà invece uno scopo informativo e soprattutto educativo.

Glicemia

Cos’è la glicemia?

Per glicemia si intende la quantità di glucosio diluito nel sangue; si misura in milligrammi (mg) su decilitro (dl) di plasma o in millimoli (mmol).

È considerato normale un valore glicemico, misurato a digiuno, compreso tra 60 e 110 mg / dl.

Per mantenersi all'interno di questo intervallo l'organismo è dotato di complessi meccanismi omeostatici, di cui faremo cenno più avanti.

Cos'è il glucosio?

Il glucosio è un carboidrato (glucide / glicide / idrato di carbonio) monosaccaride solubile con formula C6H12O6.

Trattasi del substrato energetico più importante dell'organismo e indispensabile alla sopravvivenza; ciò è innegabile, pur non trattandosi dell'unica fonte di energia utilizzabile dai tessuti.

Perché è importante la glicemia?

La glicemia è un parametro molto importante da controllare perché, se in eccesso o in difetto rispetto alla norma, sia in acuto che in cronico, può dare origine a patologie e sfociare perfino nella morte dell'individuo:

In acuto, valori troppo bassi determinano facilmente prima il coma e poi la morte; valori troppo alti possono dare lo stesso esito, ma questo eccesso dev'essere davvero considerevole.

Anche nell'ambito della normalità, valori < 70 mg / dl in soggetti sensibili possono scatenare i primi sintomi da ipoglicemia (glicemia bassa) come debolezza, confusione, irritabilità, vertigini ecc. Questo perché il cervello è il primo organo a soffrire dell'eventuale carenza di glucosio nel sangue.

Nei soggetti sani ed eunutriti, se la glicemia tende ad abbassarsi eccessivamente, il fegato – previa mediazione ormonale – interviene liberando glucosio dalle proprie riserve. È inoltre capace di produrlo ex-novo a partire da altre molecole; più avanti vedremo meglio alcuni dettagli.

Valori cronici > 110 mg / dl invece, si definiscono come "alterata glicemia a digiuno". Se tali giungono o superano i 126 mg / dl, indicano la possibilità di diabete mellito tipo 2.

Perché la glicemia si alza e si abbassa?

La glicemia subisce fluttuazioni positive e negative in base all'assunzione di cibi e al dispendio calorico dell'organismo – anche se tutto ciò che riguarda il metabolismo del glucosio è piuttosto complicato, e coinvolge ormoni, neurotrasmettitori, enzimi ecc.

È grazie all'assunzione alimentare che si ottiene un incremento "momentaneo" della glicemia; all'opposto, accelerando il lavoro metabolico si tende a diminuirla.

I cibi che aumentano maggiormente la glicemia sono quelli ricchi di carboidrati, ma non sono comunque gli unici. All'aumentare delle quantità, tende ad incrementare anche la glicemia.

Tutti i tessuti del corpo umano sono in grado di "usare" il glucosio per ottemperare ai propri bisogni energetici e, anche quelli che potrebbero impiegare altri substrati, tendono comunque a prediligerlo. Il tessuto più avido di glucosio è quello muscolare, a causa del suo maggiore impegno metabolico generale. Ciò significa che i muscoli sono i distretti maggiormente implicati nella riduzione glicemica.

Per evitare di "rimanere senza" glucosio, l'organismo è dotato di una serie di "scappatoie" quali:

  • Riserve per la glicemia e muscolari;
  • Sistema di neo-genesi del glucosio da altre molecole;
  • Substrati alternativi.

Quali sono le riserve di glucosio?

Per ottimizzare logisticamente l'incameramento del glucosio, l'organismo organizza tali scorte sotto forma di glicogeno, un carboidrato complesso non solubile ma che richiede comunque ingenti quantità di acqua per il suo stoccaggio (rapporto 1:2,5). Se da un lato ciò permette di trattenerne di più in minor spazio, dall'altro richiede l'intervento di specifici enzimi sia per la sua costruzione (glicogenosintesi), sia per la sua demolizione (glicogenolisi).

Le riserve di glucosio sono scorte dello stesso localizzate a livello di:

  • Fegato (75-110 g di glicogeno);
  • Muscoli (12-16 g di glicogeno per kg di muscolo, per un totale medio di circa 300-400 g);
  • Reni (1-2 % del glicogeno totale dell'organismo) e di pochi altri distretti (ad esempio, tracce nei testicoli e nel tessuto adiposo).

Il glicogeno epatico, una volta degradato, viene rilasciato in circolo sotto forma di glucosio per sostenere la glicemia in calo. Quello muscolare invece, non può assolvere la stessa funzione sistemica ma ha il ruolo di nutrire le fibrocellule durante gli sforzi.

Neoglucogenesi o Gluconeogenesi

La neoglucogenesi è il sistema di neo-genesi del glucosio che si attiva soprattutto in caso di carenza glicemica. Avviene anch'essa nel fegato, ad opera di specifici enzimi, partendo da altri substrati quali:

  • Amminoacidi neoglucogenetici (circolanti nel sangue, per lo più derivanti dall'assorbimento intestinale post-prandiale);
  • Acido lattico (derivante soprattutto dagli sforzi muscolari anaerobici);
  • Glicerolo (la cui fonte alimentare primaria sono i trigliceridi).

Substrati alternativi

Certi tessuti hanno la facoltà di impiegare substrati alternativi. Il muscolo, ad esempio, ha la capacità di impiegare gli acidi grassi, i corpi chetonici e gli amminoacidi a catena ramificata (BCAA).

Oltre al glucosio il cuore può consumare i cosiddetti corpi chetonici (in misura del 20-30 % sul totale) e anche il cervello, se necessario, è dotato della stessa capacità. Tuttavia, se in quantità eccessive nel sangue, i corpi chetonici tendono ad intossicare i tessuti tra cui anche il sistema nervoso centrale (SNC). Il discorso sarebbe ben più ampio ed articolato, ma non possiamo svilupparlo ulteriormente per ragioni di "spazio".

Come avviene la regolazione della glicemia

Quando la glicemia si alza dopo un pasto, l'organismo la abbassa di conseguenza instaurando una condizione anabolica, ovvero di costruzione e accumulo – riducendo anche i processi catabolici, cioè di demolizione e consumo. Ciò avviene soprattutto grazie alla liberazione di un ormone ipoglicemizzante pancreatico chiamato insulina e alla rimozione del glucagone, che ha l'effetto contrario.

Come vedremo, l'insulina permette l'ingresso del glucosio, degli amminoacidi e di altri nutrienti in molti tessuti e inoltre stimola sia nel fegato che nei muscoli la sintesi di glicogeno, di acidi grassi e quella proteica muscolare; inibisce contemporaneamente la lipolisi, la glicogenolisi, la neoglucogenesi ecc.

Quando la glicemia si abbassa per il digiuno prolungato o per un aumentato dispendio energetico avviene logicamente l'opposto, ovvero si instaura una condizione catabolica di demolizione e consumo. Ciò avviene soprattutto grazie alla liberazione di un ormone iperglicemizzante, anch'esso pancreatico, chiamato glucagone, e alla rimozione dell'insulina.

Il glucagone promuove la glicogenolisi, la neoglucogenesi, la lipolisi, mentre inibisce la glicogenosintesi, la liposintesi e la sintesi proteica.

Questo non è l'unico ormone iperglicemizzante. Assolvono la stessa funzione anche altri mediatori biochimici – dei quali i più indicativi sono le catecolamine – anche se non implicati "normalmente" nell'omeostasi glicemica; inoltre, contrariamente a quanto si possa pensare, non tutti sono dotati di una funzione prettamente catabolica (come il GH, liberato durante l'attività motoria) e non sempre hanno lo stesso effetto sull'organismo (come il cortisolo, secreto in condizioni altamente stressanti o patologiche).

Nota: certe malattie diverse dal diabete, come l'ipertiroidismo o l'ipotiroidismo non compensati, possono alterare la glicemia.

Cinetica del Glucosio

I lettori non si lascino impressionare; parlando di "cinetica" intendiamo semplicemente spiegare – in parole povere – come entra il glucosio nell'organismo e come si sposta dentro e fuori dai tessuti.

Assunzione alimentare, digestione e assorbimento

La maggior parte del glucosio è di derivazione alimentare. Si trova, anche se sottoforma di amido – carboidrato complesso non solubile – all'interno di cereali, leguminose, patate e pochi altri cibi di origine vegetale.

Dopo la masticazione di questi cibi, la digestione – operata da vari enzimi digestivi (salivari, pancreatici, dell'orletto a spazzola) – l'amido viene scomposto nelle singole unità di glucosio e, solo in tal modo, assorbito nell'intestino tenue e riversato nel sangue per costituire la glicemia.

Produzione di glucosio da altri monosaccaridi e per gluconeogenesi

Gli altri monosaccaridi quali fruttosio e galattosio invece – il primo contenuto soprattutto nella frutta e nella verdura come monomero, mentre il secondo contenuto nel latte sotto forma del disaccaride lattosio – per contribuire all'aumento glicemico, devono prima essere convertiti dal fegato in glucosio.

Come abbiamo detto sopra, per gluconeogenesi, è possibile ottenere glucosio anche da amminoacidi, glicerolo e acido lattico. Ecco spiegato perché, anche dopo aver consumato un pasto privo di carboidrati, l'organismo è in grado di risollevare la glicemia – seppur in maniera meno efficiente. Questo concetto è davvero molto importante, soprattutto per la comprensione di ciò che andremo a spiegare sotto, in merio alle implicazioni che la glicemia può avere sul dimagrimento, sul recupero e sulla crescita muscolare.

Ingresso del glucosio nelle cellule

Come passa il glucosio dal sangue ai tessuti e fin dentro le cellule?

Dipende dalla cellula, perché solo alcune hanno la facoltà di captare il glucosio in maniera indipendente, mentre altre sono vincolate all'azione dell'ormone insulina e di specifici trasportatori di membrana chiamati GLUT (GLUT-1, GLUT-2, GLUT-3, GLUT-n) – il più studiato è il GLUT-4, abbondantissimo nel tessuto muscolare, nel cuore e nel tessuto adiposo bianco e bruno.

Il tessuto nervoso invece, è perfettamente indipendente e attinge alla glicemia in maniera continua e senza bisogno di alcun mediatore. Questo non è un caso ovviamente; così facendo, il corpo dà la precedenza all'organo la cui funzionalità è più vitale (cervello).

In condizioni di glicemia normale, il GLUT-4 si trova all'interno del citoplasma cellulare. Per farlo emergere e collegare alla membrana esterna – con l'obbiettivo di catturare il glucosio – è necessario che la cellula prenda contatto (mediante apposito recettore) con l'ormone insulina. Non a caso, i tessuti muniti di GLUT-4 sono anche detti insulino-dipendenti.

L'insulina, ormone peptidico prodotto dal pancreas endocrino, viene secreto e riversato nel sangue in seguito all'assunzione del pasto. Lo stimolo insulinico è maggiore se il pasto è abbondante. Tra glucosio, amminoacidi e acidi grassi, il glucosio è quello col maggior potere insulino-stimolante; tuttavia, si è osservato che certi amminoacidi detti insulinotropici (leucina, lisina, valina e arginina) e certi acidi grassi (soprattutto alcuni saturi) possono stimolare la liberazione di insulina in maniera massiccia.

In sintesi: al pasto seguono la digestione e l'assorbimento con aumento glicemico, processi che vanno a stimolare la liberazione di insulina (anche la dilatazione gastrica ha un effetto sulla liberazione di insulina). Quest'ultima interagisce con i recettori cellulari. La cellula stimolata attiva dunque il GLUT che tratterrà il glucosio. Tornando in condizioni glicemiche normali, l'insulina viene degradata e i GLUT-4 ritirati dalla membrana.

Ma quali sono le correlazioni tra alimenti, glicemia, insulina, GLUT-4 e composizione corporea?

Composizione Corporea

L’insulina non è un “demone” da combattere

Partiamo dal concetto di omeostasi: l'organismo sano tende all'equilibrio. Questo concetto è davvero molto importante.

Abbiamo visto come la quantità di alimenti e la loro composizione influenzi la glicemia, la liberazione di insulina – che è correlata ma non esclusivamente vincolata alla precedente – quindi l'instaurarsi di una condizione anabolica.

Anabolismo, lo ricordiamo, significa costruzione. Interessa le riserve di glicogeno, quelle di grasso e la costruzione proteica – soprattutto muscolare. Quindi, senza ormoni anabolici, soprattutto senza insulina, non riusciremmo a recuperare l'omeostasi in modo efficiente.

È però vero anche il contrario, cioè che uno squilibrio a carico dell'insulinemia può creare dei problemi. Attenzione! Non si è parlato di eccesso di insulina, bensì di squilibrio, proprio per evitare quello che è uno dei fraintendimenti più comuni nell'ambito dello sport e della cultura estetica.

Eccesso di insulina o scarsa sensibilità dei tessuti?

Un organismo attivo, dal punto di vista muscolare e metabolico, richiede più nutrienti.

Parlando di quelli energetici, assumono rilevanza soprattutto i carboidrati per il consumo calorico (ripristino delle riserve) e gli amminoacidi per la riparazione o la costruzione muscolare. I grassi sono importanti quali veicolo di fattori essenziali (omega 3, omega 6, vitamine A, D, E, K), ma sulla funzionalità dell'organismo hanno un impatto nel lungo termine.

L'esaurimento delle scorte di glicogeno nei muscoli crea una condizione di maggior avidità. I carboidrati assunti con la dieta dopo l'attività fisica – sufficientemente intensa e prolungata – hanno così un metabolismo facilitato. Peraltro, se l'introito avviene a ridosso dell'allenamento le cellule muscolari sono ancora più ricettive; nei primi minuti possono addirittura fare a meno dell'azione insulinica e, al contempo, il meccanismo insulina-GLUT-4 funziona in maniera eccellente. Tale condizione prende il nome di aumentata sensibilità insulinica.

Dando per scontato quanto detto sopra, anche assumendo pasti abbondanti e ricchi di carboidrati e amminoacidi insulinotropici, lo sportivo è capace di sfruttare perfettamente anche livelli elevati di insulina. Infatti, analisi scientifiche dimostrano che a prescindere dal picco dell'ormone, il tempo di permanenza nel sangue dello stesso è comunque normale.

È poi vero l'opposto nei sedentari e soprattutto nelle persone in sovrappeso. Il sedentario, oltre a non poter godere della stessa avidità muscolare, se in sovrappeso tende a peggiorare la propria sensibilità insulinica e quindi la tolleranza al glucosio – questo meccanismo dipende direttamente dall'eccesso ponderale adiposo.

In tale circostanza, sia il glucosio che l'insulina rimangono per troppo tempo nel sangue (l'eccesso è quindi inizialmente di emivita). Questo provoca ulteriori complicazioni, ovvero che:

  • il glucosio (oltre a glicare le proteine circolanti con gravi problematiche nel lungo termine, anche a carico della colesterolemia) viene lentamente convertito in acidi grassi dal fegato (aumentando poi la trigliceridemia);
  • poiché i tessuti insulinop-dipendenti non riescono a godere del glucosio circolante, avviene un ulteriore stimolo di produzione insulinica;
  • l'insulina, ora elevata anche in termini quantitativi, va ad interagire col tessuto adiposo promuovendo la sintesi e il deposito dei grassi;
  • la sensibilità insulinica e la tolleranza al glucosio peggiorano ulteriormente.

In pratica, nutrendo un sedentario obeso come un atleta – anche se di solito queste persone mangiano molto di più e peggio – lo si farebbe ingrassare ulteriormente, ammalare di displipidemie e di diabete mellito tipo 2.

La sintesi e l’anabolismo avvengono anche senza insulina

L'anabolismo interessa ovviamente soprattutto i tessuti insulino-dipendenti. Attenzione però, questo non significa che in assenza di insulina vengano totalmente a mancare i processi di sintesi.

Si tratta di un ormone post-prandiale quindi, se tutto dipendesse da essa, l'organismo non riuscirebbe a gestire la miriade di processi che avvengono ininterrottamente. Dal punto di vista evoluzionistico poi, vista la precaria disponibilità alimentare nell'ambiente "selvaggio", non avrebbe avuto senso attribuire all'insulina una funzione così importante. Ergo: l'anabolismo avviene anche in assenza di insulina, e questo è vero sia nel tessuto muscolare che in quello adiposo.

È poi vero che l'insulina, anche in quantità ingenti, non potrebbe favorire alcun anabolismo se venissero a mancare i substrati, ovvero glucosio, amminoacidi e acidi grassi. È "quanto" mangiamo, prima di tutto, a fare la differenza.

L’insulina è essenziale per il recupero, per la crescita muscolare e, nel lungo termine, anche per il dimagrimento

Senza insulina, i muscoli non potrebbero captare il glucosio circolante e questo peggiorerebbe il recupero delle scorte di glicogeno. Inoltre, l'insulina promuove l'ingresso degli amminoacidi e la sintesi proteica muscolare.

Entrambi questi fattori permettono la supercompensazione dello stimolo allenante, sia nelle discipline di resistenza che di forza.

Inoltre, una corretta gestione dei picchi insulinici – ottenibile mediante il miglioramento della tolleranza al glucosio, data dalla sensibilità muscolare all'insulina stessa – permette di aumentare la capacità di crescita muscolare e indirettamente di incrementare il metabolismo basale, e inoltre consente di rendere indisponibili i nutrienti energetici agli altri tessuti e soprattutto a quello adiposo.

Tutto ciò va a vantaggio della ricomposizione corporea.

Conclusioni

Leggendo attentamente quanto descritto sopra, pare ovvio che il controllo glicemico e dell'insulinemia nelle persone sane abbia un ruolo molto diverso da quello che molti credono.

  1. È più importante la quantità di energia introdotta che la ripartizione in macronutrienti del pasto; oltre al fatto che modeste quantità di calorie stimolano poco l'insulina, in mancanza di macronutrienti non ci sarebbe substrato da depositare;
  2. L'aumento repentino della glicemia e dell'insulina, se controllato nel tempo, non è problematico nemmeno durante la ricerca di dimagrimento; diverso è per l'iperglicemia e l'iperinsulinemia croniche;
  3. Da ciò si evince che la scelta di alimenti a basso indice glicemico o insulinico assume un ruolo di scarsa importanza, soprattutto nel contesto di una dieta normo- o ipocalorica;
  4. Lo sport contribuisce in duplice valenza al dimagrimento: anzitutto previene il sovrappeso, causa primaria di ridotta sensibilità insulinica e tolleranza al glucosio; in secondo luogo migliora il metabolismo del glucosio e la sensibilità insulinica stessa muscolari;
  5. Glucosio e insulina sono essenziali per l'ottimizzazione del recupero post-allenamento.

Autore

Riccardo Borgacci

Riccardo Borgacci

Dietista e Scienziato Motorio
Laureato in Scienze motorie e in Dietistica, esercita in libera professione attività di tipo ambulatoriale come dietista e personal trainer