Ultima modifica 11.01.2016

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I linfociti sono cellule del corpo umano deputate all'immunità acquisita. Con quest'ultimo termine si sottolinea la capacità del sistema immunitario di combattere selettivamente - tramite cellule iperspecializzate, chiamate appunto linfociti - ogni diverso antigene che lo aggredisca. Alla prima esposizione immunologica i tempi di risposta sono piuttosto lunghi, ma grazie alla conservazione di una "memoria" i successivi attacchi vengono debellati in maniera assai più rapida ed efficace. E' su questo principio che si basano le vaccinazioni.

Soltanto il 5% del patrimonio linfocitario dell'organismo è presente nel circolo sanguigno; la quota preponderante di linfociti si trova invece nei tessuti linfatici (milza, timo, e soprattutto linfonodi). A questo livello, i linfociti hanno la possibilità di maturare ed agire prontamente contro gli antigeni penetrati nell'organismo attraverso mucose o soluzioni di continuo della cute. In presenza di una severa infezione, i linfociti si moltiplicano velocemente, aumentando - talvolta in misura considerevole - il volume dei linfonodi.

Esistono tre tipi di linfociti: i linfociti B, i linfociti T e le cellule natural Killer. Dei primi abbiamo già parlato nell'articolo dedicato alle immunoglobuline (anticorpi): i linfociti B possono essere paragonati a tante sentinelle, ognuna delle quali possiede un numero esiguo di cloni capaci di riconoscere un ben preciso antigene grazie alla presenza di recettori (anticorpi) sulla propria membrana esterna. Quando durante il lungo peregrinare nel sangue, un linfocita B incontra il proprio antigene, prolifera diverse volte dando origine a cellule figlie dette cloni; una parte della popolazione clonale si attiva in plasmacellule, che sintetizzano in gran quantità gli anticorpi specifici presenti sulla membrana del loro precursore; la rimanente quota funge da serbatoio di memoria contro future infezioni, che verranno contrastate in maniera più rapida ed efficace. La produzione dei cloni linfocitari avviene sotto lo stimolo dei linfociti T helper (come vedremo in seguito). Gli anticorpi prodotti dalle plasmacellule, noti anche come immunoglobuline, si legano agli antigeni segnalandone la pericolosità alle cellule preposte alla loro distruzione.

Poiché l'immunità mediata dai linfociti B si giova degli anticorpi presenti nel sangue e negli altri umori dell'organismo viene chiamata immunità umorale.

Per quanto detto, gli anticorpi sono efficaci soltanto contro patogeni extracellulari, mentre se un antigene - ad esempio un virus - si trova confinato all'interno di una cellula, l'incontro con il linfocita B non può avvenire. Al posto delle immunoglobuline intervengono allora i linfociti T, capaci di riconoscere e distruggere le cellule infettate, prevenendo la riproduzione del patogeno e delle cellule impazzite (tumorali). Il modo in cui i linfociti T riconoscono le cellule anomale e risparmiano quelle sane è piuttosto complesso, delicato e tipico di ogni individuo (basti pensare al fenomeno del rigetto nei trapianti). Diciamo, brevemente, che il segnale è dato da marcatori, detti MHC (o complesso maggiore di istocompatibilità), che contengono frammenti di antigene riconosciuti come estranei dai recettori del linfocita T. La differenza con i recettori della linea B (detti anticorpi o immunoglobuline) è che mentre questi ultimi sono in grado di legarsi direttamente agli antigeni, le cellule T si legano soltanto ad altre cellule umane che presentano frammenti di antigene, vuoi perché infettate (MHC di classe I), vuoi perché deputate alla digestione dell'estraneo (MHC di classe II). Nel primo caso, l'intervento dei linfociti T citotossici porta alla distruzione della cellula infettata, nel secondo l'intervento dei linfociti T helper aumenta la risposta immunitaria.

La popolazione linfocitaria T non è omogenea, ma conta diverse sottopopolazioni:

  • linfociti Tc (citotossici o T killer): lisano le cellule bersaglio portandole a morte e favoriscono l'azione dei fagociti (macrofagi);
  • linfociti Th (T helper, T4 o CD4): stimolano e sostengono l'azione di riconosci-mento e quella di risposta dei linfociti T e B (favorendone la differenziazione in plasmacellule e la produzione di anticorpi); costituiscono il bersaglio elettivo del virus dell'AIDS (HIV);
  • linfociti Ts (T suppressor): bloccano l'attività dei linfociti T helper e citotossici;
  • linfociti T DHT (T Delayed Type Hypersensitivity): sono mediatori dei fenomeni infiamamtori ed in particolare della ipersensibilità ritardata.

Al contrario dei linfociti B, la cui vita media è di pochi giorni (fatta eccezione per le "cellule della memoria"), i linfociti T sopravvivono per diversi mesi o anni.

Linfociti T Linfociti B

Sono responsabili dell'immunità cellulo mediata (attiva contro i patogeni intracellulari, come i virus ed alcuni batteri).

Sono responsabili dell'immunità umorale anticorpale (attiva contro gli antigeni extracellulari).

Sono paragonabili a miriadi di sentinelle, organizzate in piccole famiglie e specializzate nel riconoscimento di un nemico specifico. Quando lo incontrano, si differenziano in plasmacellule, che producono anticorpi in elevate quantità. Questi, noti anche come immunoglobuline, si legano alla cellula bersaglio segnalandola come ostile; segue l'intervento di altre cellule deputate all'eliminazione dell'intruso.

Una volta che l'antigene è stato debellato rimane una piccola popolazione di cellule di memoria che, grazie alla loro lunga vita, sono pronte a rispondere ad ogni successiva esposizione al medesimo antigene.

Determinano il rigetto dei trapianti ed hanno un'azione antitumorale.

Sono costituiti da quattro sottopopolazioni linfocitarie (linfociti T citotossici, linfociti T helper, linfociti T suppressor e linfociti T DHT), ciascuna con azione specifica.

Ricnoscono ed espongono molti markers di superficie, che svolgono un ruolo importante nel riconoscimento e nella cooperazione cellulare.

Intervengono a vari livelli stimolando e coordinando la risposta immunitaria; con alcune loro sottopopolazioni partecipano direttamente all'eliminazione dell'antigene intracellulare.

I linfociti Natural Killer intervengono nella risposta immunitaria precoce. Il loro nome ne lascia chiaramente trasparire la funzione biologica: i linfociti natural killer, infatti, inducono al suicidio la cellula bersaglio (in particolare quelle tumorali infettate da virus). Allo stesso tempo secernono varie citochine antivirali, che inducono le cellule non ancora infettate ad attuare meccanismi in grado di inibire la replicazione dei virus.