Seconda fase della glicolisi

Ultima modifica 17.06.2016

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Il primo enzima impiegato nella seconda fase della glicolisi è la gliceraldeide 3-fosfato deidrogenasi; le deidrogenasi sono enzimi che catalizzano il trasferimento del potere riducente da una molecola riducente che si ossida, ad un'altra molecola che si riduce (reazione redox). I substrati di tale enzima sono NAD  (nicotidammide adenin dinucleotide) e FAD (flavin adenin dinucleotide).
In questo step la deidrogenasi catalizza la conversione della gliceraldeide 3-fosfato  in 1,3-bisfosfoglicerato: sullo stesso sito catalitico, viene ossidato il gruppo aldeidico a carbossilico con conseguente riduzione del NAD+ a NADH e, in seguito, il gruppo carbossilico è in grado di formare con un ortofosfato, un legame anidridico. Il primo processo è molto esoergonico (libera energia) mentre il secondo è molto endoergonico (richiede energia); se non ci fosse il sito catalitico, la reazione globale non avverrebbe: si verificherebbe la prima reazione con liberazione di energia che si disperderebbe come calore e che, quindi, non sarebbe utilizzabile per formare il legame anidridico.

 

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Dopo la formazione dell'1,3-bisfosfoglicerato, l'enzima riassume la sua struttura di partenza ed è già pronto per agire su un nuovo substrato.

 

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Successivamente entra in gioco la fosfoglicerato chinasi che consente il trasferimento di un fosforile dall' 1,3-bisfosfoglicerato ad una molecola di ADP; abbiamo ottenuto ATP (un ATP per ogni molecola di gliceraldeide 3-fosfato, quindi, due ATP per ogni molecola di glucosio iniziale) che va a compensare la spesa energetica della prima fase della glicolisi.
L'anione arseniato (AsO43-) incide sulla via glicolitica in quanto può sostituirsi al fosfato nella prima reazione della seconda fase della glicolisi, dando 1-arsenio 3-fosfoglicerato che è altamente instabile e, appena libero dal sito catalitico, idrolizza liberando nuovamente l'arseniato che ritorna in circolo. Quindi l'arseniato mima l'azione del fosfato ed entra nel sito catalitico: in presenza dell'arseniato, non avviene la reazione che produce ATP (da 1,3-bisfosfoglicerato a 3-fosfoglicerato) perché la gliceraldeide 3-fosfato viene convertita direttamente a 3-fosfoglicerato;  senza ATP a disposizione, le cellule muoiono (avvelenamento da acido arsenico).


Nella terza reazione della fase ossidativa, il 3-fosfoglicerato viene convertito in 2-fosfoglicerato per azione della fosfoglicerato mutasi; la reazione prevede un intermedio 2,3-bisfosfoglicerato.

 

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Nella tappa successiva, interviene un enzima enolasi che è in grado di catalizzare l'eliminazione di una molecola di acqua dallo scheletro carbonioso del 2-fosfoglicerato ottenendo il fosfoenol pirivato (PEP);

 

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il PEP ha un elevato potenziale di trasferimento di un fosforile: trasferisce, tramite l'azione di un enzima piruvato chinasi, un fosforile ad un ADP per dare ATP, nella quinta tappa della seconda fase, ottenendo il piruvato.

 

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Il 2-fosfoglicerato e il 3-fosfoglicerato hanno un basso potere di trasferimento di un fosforile perciò, per ottenere ATP da queste molecole, il 3-fosfoglicerato viene convertito in 2-fosfoglicerato, nel corso della glicolisi, perché da quest'ultimo si ottiene il PEP che è una specie con un elevato potenziale di trasferimento.


Prima di proseguire, apriamo una parentesi sul 2,3-bisfosfoglicerato; quest'ultimo è presente in tutte le cellule in cui avviene la glicolisi in concentrazione molto bassa (è l'intermedio della terza reazione della seconda fase della glicolisi). Negli eritrociti, invece, il 2,3-bisfosfoglicerato ha concentrazione stazionaria di 4-5 mM (massima concentrazione) perché essi possiedono un patrimonio enzimatico che ha il compito di produrlo; negli eritrociti si verifica una deviazione dalla glicolisi per produrre  2,3-bisfosfoglicerato: l'1,3-bisfosfoglicerato viene convertito in 2,3-bisfosfoglicerato per azione della bisfosfoglicerato mutasi (eritrocitaria) e il 2,3-bisfosfoglicerato, per azione della bisfosfoglicerato fosfatasi (eritrocitaria) diventa 3-fosfoglicerato. Quindi, negli eritrociti, una parte dell'1,3-bisfosfoglicerato ottenuto dalla glicolisi viene convertito in 2,3-bisfosfoglicerato che, poi, ritorna alla via glicolitica come 3-fosfoglicerato; così facendo, viene saltata la terza tappa della fase ossidativa della glicolisi dalla quale si ottiene ATP. La quantità di ATP perso, è il prezzo che un eritrocita è disposto a pagare per mantenere stazionaria la concentrazione di 2,3-bisfosfoglicerato che serve a queste cellule perché influisce sulla capacità dell'emoglobina di legare l'ossigeno.
Abbiamo visto che nella prima reazione della seconda fase  della glicolisi viene ridotto il NAD+ a NADH ma è necessario che, dopo aver ottenuto il piruvato, il NADH venga riconvertito a NAD+: questo avviene con la fermentazione lattica (si ottiene lattato) o mediante fermentazione alcolica (entra in gioco la piruvato decarbossilasi che decarbossila il piruvato e una deidrogenasi che forma etanolo); le fermentazioni  non coinvolgono ossigeno (anaerobi).
A causa della fermentazione lattica, l'acido lattico, se non adeguatamente smaltito, si accumula nei muscoli e, liberando H+,causa la contrazione involontaria del muscolo e, quindi, crampi; un muscolo in forte stress può raggiungere anche un pH minimo di 6.8.
Tramite il ciclo di Cori, parte della fatica di un muscolo viene trasferita al fegato quando il muscolo è sovraccarico. Supponiamo che il muscolo lavori senza apporto di ossigeno (supposizione sbagliata): se il muscolo lavora in maniera moderata, l'ATP necessario per la contrazione è fornito esclusivamente dalla glicolisi. Se l'attività del muscolo aumenta ed è richiesto ulteriore ATP occorre velocizzare il metabolismo aerobico, riconvertendo il lattato, che così viene smaltito, in glucosio. In realtà, il muscolo sfrutta il metabolismo aerobico: se c'è disponibilità di ossigeno, il muscolo sfrutta, soprattutto, l'ATP fornito dal metabolismo aerobio e, quando non c'è più disponibilità di ossigeno, viene velocizzato il metabolismo anaerobio tramite il ciclo di Cori. Questo ciclo suppone che il lattato venga trasferito dal muscolo al fegato, dove, spendendo energia, si produce altro glucosio che ritorna al muscolo. Tramite questo ciclo, parte dell'ATP consumato nel muscolo è fornito dal fegato che, attraverso il processo di gluconeogenesi, è in grado di produrre glucosio che può essere utilizzato dal muscolo per ottenere ATP.
Il metabolismo del glucosio descritto fino ad ora non prevede ossigeno ma il metabolismo aerobico del glucosio permette di ottenere quantità di ATP 17-18 volte superiore a quella ottenuta con la via glicolitica perciò, quando la cellula ha la possibilità di scegliere tra metabolismo aerobio e ed anaerobio, privilegia il primo.
Nel metabolismo aerobio, il piruvato entra nei mitocondri dove subisce delle trasformazioni ed alla fine si ottiene anidride carbonica e acqua; in questo modo si ottengono 34 molecole di ATP per ogni molecola di glucosio degradata.