Ultima modifica 23.12.2019

A cura del Dott. Gianfranco De Angelis


E' sconfortante vedere nelle palestre istruttori e personal trainers dare spiegazioni "empiriche" sui vari argomenti: massa muscolare (ipertrofia), aumenti di forza, resistenza ecc., senza avere neanche una grossolana conoscenza della struttura istologica e della fisiologia dei muscoli.

Pochi hanno solo una più o meno approfondita conoscenza dell'anatomia macroscopica, come se bastasse sapere dove si trova il bicipite o il pettorale, misconoscendo la struttura istologica e ancor meno la biochimica e la fisiologia dei muscoli. Cercherò, per quanto sia possibile, di fare una breve e semplice trattazione dell'argomento, accessibile anche ai profani delle scienze biologiche.

Struttura Istologica

Il tessuto muscolare si differenzia dagli altri tessuti (nervoso, osseo, connettivo), per una evidente caratteristica: la contrattilità, cioè il tessuto muscolare è capace di contrarsi, ovvero di accorciare la sua lunghezza. Prima di vedere come si accorcia e per quali meccanismi, parliamo della sua struttura. Abbiamo tre tipi di tessuto muscolare, diversi sia istologicamente che funzionalmente: il tessuto muscolare striato scheletrico, il tessuto muscolare liscio e il tessuto muscolare cardiaco. La principale differenza funzionale tra il primo e gli altri due è che, mentre il primo è governato dalla volontà, gli altri due sono indipendenti dalla volontà. Il primo costituisce i muscoli che fanno muovere le ossa, i muscoli che noi alleniamo con bilancieri, manubri e macchine. Il secondo tipo è dato dai muscoli dei visceri, quali i muscoli dello stomaco, dell'intestino ecc. che, come noi costatiamo ogni giorno, non sono controllati dalla volontà. Il terzo tipo è quello cardiaco: anche il cuore è fatto di muscoli, esso infatti è capace di contrarsi; in particolare, anche il muscolo cardiaco è striato, quindi simile a quello scheletrico, però, importante differenza, la sua contrazione ritmica è indipendente dalla volontà.
Il muscolo striato scheletrico è quello responsabile delle attività motorie volontarie, quindi delle attività sportive. Il muscolo striato è costituito da cellule, come del resto tutte le altre strutture e apparati dell'organismo; la cellula è la più piccola unità capace di vita autonoma. Nell'organismo umano ci sono miliardi di cellule e quasi tutte presentano una parte centrale detta nucleo, circondata da una sostanza gelatinosa detta citoplasma. Le cellule che costituiscono il muscolo si chiamano fibre muscolari: sono elementi allungati, disposti longitudinalmente all'asse del muscolo e raccolti a fascette. Le caratteristiche principali della fibra muscolare striata sono tre:

  1. E' molto grossa, la lunghezza può raggiungere alcuni centimetri, il diametro è di 10-100 micron (1 micron=1/1000 di mm.). Le altre cellule dell'organismo sono, con qualche eccezione, di dimensioni microscopiche.
  2. Possiede molti nuclei (quasi tutte le cellule ne hanno uno solo) e viene definita per tale motivo un "sincizio polinucleato".
  3. Si presenta striata trasversalmente, presenta cioè un alternarsi di bande scure e bande chiare. La fibra muscolare presenta nel suo citoplasma formazioni allungate, disposte longitudinalmente all'asse della fibra e quindi anche a quello del muscolo, dette miofibrille, possiamo considerarle come cordoni allungati posti dentro la cellula. Anche le miofibrille sono striate trasversalmente e sono proprio esse le responsabili della striature di tutta la fibra.
    Prendiamo una miofibrilla e studiamola: essa presenta delle bande scure, dette bande A, e delle bande chiare dette I, nel mezzo della banda I c'è una linea scura detta linea Z. Lo spazio tra una linea Z e l'altra è detto sarcomero, che rappresenta l'elemento contrattile e la più piccola unità funzionale del muscolo; in pratica, la fibra si accorcia perché si accorciano i suoi sarcomeri.

Vediamo ora come è fatta la miofibrilla, cioè quella che viene chiamata ultrastruttura del muscolo. E' fatta da filamenti, alcuni grossi detti filamenti di miosina, altri sottili detti filamenti di actina. Quelli grossi si incastrano con quelli sottili in modo tale che la banda A è formata dal filamento grosso (ecco perché è più scura), la banda I è invece formata da quella parte del filamento sottile che non è incastrato al filamento pesante (essendo formata dal filamento sottile è più chiara).

 

Miofibrilla

Meccanismo della contrazione

Ora che conosciamo la struttura istologica e la ultrastruttura, possiamo accennare al meccanismo della contrazione. Nella contrazione i filamenti leggeri scorrono tra i filamenti pesanti, in modo che le bande I diminuiscono di lunghezza; così diminuisce di lunghezza anche il sarcomero, cioè la distanza tra una banda Z e l'altra: quindi la contrazione avviene non perché si sono accorciati i filamenti, ma perché essi scorrendo hanno fatto diminuire la lunghezza del sarcomero. Diminuendo la lunghezza del sarcomero diminuisce la lunghezza delle miofibrille, quindi poiché le miofibrille costituiscono la fibra, diminuisce la lunghezza della fibra, di conseguenza il muscolo, che è fatto di fibre, si accorcia. Ovviamente, affinché questi filamenti scorrano occorre energia e questa è data da una sostanza: l'ATP (adenosin trifosfato), che costituisce la moneta energetica dell'organismo. L'ATP si forma dall'ossidazione degli alimenti: l'energia che hanno gli alimenti viene passata all'ATP che la cede poi ai filamenti per farli scorrere. Affinché la contrazione avvenga occorre anche un altro elemento, lo ione Ca ++ (Calcio). La cellula muscolare ne tiene grosse scorte nel suo interno e lo mette a disposizione del sarcomero quando deve avvenire la contrazione.

 

sarcomero

La contrazione muscolare da un punto di vista macroscopico

Abbiamo visto che l'elemento contrattile è il sarcomero, esaminiamo ora tutto il muscolo e studiamolo dal punto di vista fisiologico, però macroscopicamente. Affinché un muscolo possa contrarsi occorre che ad esso arrivi uno stimolo elettrico: tale stimolo giunge dal nervo motore, partendo dal midollo spinale (come avviene naturalmente); oppure può giungere da un nervo motore resecato e stimolato elettricamente, o stimolando direttamente il muscolo elettricamente. Immaginiamo di prendere un muscolo: un estremo legato ad un punto fisso, l'altro estremo lo appendiamo ad un peso; a questo punto lo stimoliamo elettricamente; il muscolo si contrarrà, cioè si accorcerà sollevando il peso; tale contrazione è detta contrazione isotonica. Se invece leghiamo il muscolo con tutte e due capi a due supporti rigidi, quando lo stimoleremo il muscolo aumenterà di tensione senza accorciarsi: questa è detta contrazione isometrica. In pratica, se noi prendiamo il bilanciere nello stacco da terra e lo solleviamo, questa sarà una contrazione isotonica; se noi lo carichiamo con un peso molto pesante e, pur tentando di sollevarlo, quindi pur contraendo i muscoli al massimo, non lo spostiamo, questa sarà detta contrazione isometrica. Nella contrazione isotonica, noi abbiamo effettuato un lavoro meccanico (lavoro = forza x spostamento); nella contrazione isometrica il lavoro meccanico è zero, poiché: lavoro = forza x spostamento = 0, spostamento = 0, lavoro = forza x 0 = 0
Se noi stimoliamo il muscolo con una frequenza (cioè numerosi impulsi al secondo) elevatissima, esso svilupperà una forza elevatissima e resterà contratto al massimo: il muscolo in questa condizione si dice che è in tetano, quindi contrazione tetanica significa contrazione massimale e continua. Un muscolo si può contrarre poco o molto, a piacimento; ciò è possibile mediante due meccanismi: 1) Quando un muscolo viene contratto poco, solo alcune fibre si contraggono; aumentando l'intensità della contrazione, si aggiungono altre fibre. 2) Una fibra si può contrarre con minore o maggiore forza a seconda della frequenza di scarica, cioè del numero di impulsi elettrici che arrivano ai muscoli nell'unità di tempo. Modulando queste due variabili, il sistema nervoso centrale comanda con quale forza il muscolo si deve contrarre. Quando comanda una forte contrazione, quasi tutte le fibre del muscolo si accorciano, non solo, ma tutte si accorceranno con molta forza: quando comanda una contrazione debole solo poche fibre si accorciano e con una forza minore.

Affrontiamo ora un altro aspetto importante della fisiologia del muscolo: il tono muscolare. Il tono muscolare può essere definito come uno stato continuo di leggera contrazione dei muscoli, che si ha indipendente dalla volontà. Quale fattore causa questo stato di contrazione? Prima della nascita i muscoli hanno la stessa lunghezza delle ossa, poi, con lo sviluppo, le ossa si allungano più dei muscoli, così che questi ultimi vengono stirati. Quando un muscolo si stira, per un riflesso spinale (riflesso miotatico) esso si contrae, quindi il continuo stiramento a cui è sottoposto il muscolo determina uno stato continuo di leggera ma persistente contrazione. La causa è un riflesso e poiché la caratteristica principale dei riflessi è la non volontarietà, il tono non è governato dalla volontà. Il tono è un fenomeno su base riflessa nervosa, per cui se io taglio il nervo che dal sistema nervoso centrale va al muscolo, questo diventa flaccido, perdendo completamente il tono.

La forza di contrazione di un muscolo dipende dalla sua sezione trasversa ed è pari a 4-6 kg.cm2. Però il principio è valido in linea di massima, non c'è un preciso rapporto di proporzionalità diretta: in un atleta, un muscolo leggermente più piccolo di quello di un altro atleta può essere più forte. Un muscolo aumenta il suo volume se viene allenato con resistenze crescenti (è il principio su cui si basa la ginnastica con i pesi); è da sottolineare il fatto che aumenta il volume di ciascuna fibra muscolare, mentre il numero delle fibre muscolari rimane costante. Questo fenomeno è detto ipertrofia muscolare.

La biochimica del muscolo

Affrontiamo ora il problema delle reazioni che avvengono nei muscoli. Abbiamo già detto che perché avvenga la contrazione occore energia; questa energia la cellula la conserva nel cosiddetto ATP (adenosin trifosfato), che, quando cede energia al muscolo, si trasforma in ADP (adenosin difosfato) + Pi (fosfato inorganico): la reazione consiste nel togliere un fosfato. Quindi la reazione che avviene nel muscolo è ATP → ADP + Pi + energia. Però le scorte di ATP sono poche e occorre ri-sintetizzare questo elemento. Quindi, per far sì che il muscolo si posa contrarre, occorre che avvenga anche la reazione inversa (ADP + Pi + energia > ATP), in modo che il muscolo abbia sempre ATP a disposizione. L'energia per far avvenire la resintesi dell'ATP ce la danno gli alimenti: questi, dopo che sono stati digeriti e assorbiti, attraverso il sangue arrivano al muscolo, dove cedono la loro energia, appunto per fare formare l'ATP.

La sostanza energetica per eccellenza è data dagli zuccheri, in particolare dal glucosio. Il glucosio può essere scisso in presenza di ossigeno (in aerobiosi) e viene, come si dice impropriamente, "bruciato"; l'energia che si libera la prende l'ATP, mentre del glucosio non resta altro che acqua e anidrite carbonica. Da una molecola di glucosio si ottengono 36 molecole di ATP. Ma il glucosio può anche essere attaccato in mancanza di ossigeno, in tal caso si trasforma in acido lattico e si formano solo due molecole di ATP; l'acido lattico poi, passando nel sangue va al fegato dove viene di nuovo trasformato in glucosio. Questo ciclo dell'acido lattico è detto ciclo di Cori. Cosa succede praticamente quando si contrae il muscolo? All'inizio, quando il muscolo inizia a contrarsi, l'ATP viene subito esaurito e, poiché non ci sono stati gli adattamenti cardiocircolatori e respiratori che ci saranno dopo, l'ossigeno che arriva al muscolo è insufficiente, quindi il glucosio si scinde in assenza di ossigeno formando acido lattico. In un secondo tempo possiamo avere due situazioni: 1) Se lo sforzo continua in modo leggero, l'ossigeno basta, quindi il glucosio si ossiderà in acqua e anidrite carbonica: non si accumulerà acido lattico e l'esercizio può andare avanti per ore (questo tipo di sforzo è detto perciò aerobico; esempio la corsa di fondo). 2) Se lo sforzo continua ad essere intenso, nonostante arrivi al muscolo molto ossigeno, molto glucosio si scinderà in assenza di ossigeno; si formerà perciò molto acido lattico che determinerà fatica (si parla di sforzo anaerobico; esempio una corsa veloce, quali i 100 metri). Durante il riposo, l'acido lattico, in presenza di ossigeno, si trasformerà di nuovo in glucosio. All'inizio, anche nello sforzo aerobico, l'ossigeno ci manca: si parla di debito di ossigeno, che verrà saldato quando poi ci riposeremo; detto ossigeno verrà utilizzato per risintetizzare glucosio dall'acido lattico; infatti, subito dopo lo sforzo noi consumiamo più ossigeno del normale: stiamo saldando il debito. Come potete vedere, abbiamo citato come esempio di combustibile il glucosio, ciò perché esso rappresenta il combustibile più importante del muscolo; infatti, anche se i grassi hanno una maggiore quantità di energia, per ossidarli occorre sempre una certa quantità di glicidi e molto più ossigeno. In mancanza di questi si hanno notevoli disturbi (chetosi e acidosi). Le proteine possono essere utilizzate come combustibile, però, dato che sono le sole che vengono utilizzate per formare i muscoli, in esse prevale la funzione plastica. I lipidi hanno la caratteristica che, a parità di peso, hanno più energia degli zuccheri e delle proteine: vengono usati idealmente come deposito. Quindi i glicidi sono il combustibile, le proteine sono le materie prime, i lipidi sono le riserve.

 

Ho tentato in questo articolo di fisiologia del muscolo di essere il più chiaro possibile, senza trascurare minimamente la rigorosità scientifica: credo che avrò raggiunto un ottimo risultato se avrò stimolato gli operatori del fitness a interessarsi in modo più serio della fisiologia, perché ritengo che le fondamentali nozioni di fisiologia e di anatomia debbano essere un patrimonio culturale indispensabile per cercare di capire in qualche modo questo meraviglioso corpo umano.