Dieta antinfiammatoria: cosa mangiare e cosa c'è di vero

Dieta antinfiammatoria: cosa mangiare e cosa c'è di vero
Ultima modifica 12.02.2024
INDICE
  1. E' possibile accorgersi da soli se si è infiammati?
  2. Cosa mangiare in una dieta antinfiammatoria? Quale è l'alimento più antinfiammatorio?
  3. Come sfiammare il corpo con la dieta?
  4. Dieta antinfiammatoria nello sport
  5. Approfondimento: Infiammazione e Stress Ossidativo
  6. Bibliografia

La dieta antinfiammatoria è un regime alimentare studiato per contrastare i processi infiammatori e lo stress ossidativo che caratterizzano molte patologie cronico-degenerative dipendenti dallo stile di vita, come il diabete mellito tipo 2, le malattie cardiovascolari, certe forme tumorali, la degenerazione articolare ecc.

Lo stress ossidativo può essere definito come un disturbo del rapporto tra molecole antiossidanti e molecole pro-ossidanti, a vantaggio di queste ultime, in grado di arrecare un potenziale danno cellulare.

Uno stress ossidativo eccessivo può oltrepassare la capacità endogena di anti-ossidazione, promuovendo i meccanismi d'infiammazione, ragione per la quale è fondamentale introdurre molecole antiossidanti con la dieta.

L'infiammazione - acuta e cronica - è un processo mediato da vari tessuti e fattori immunitari, che può avere "dimensioni" e "caratteristiche" diverse, a seconda del caso. Quella grave innesca reazioni inequivocabili e ha spesso cause evidenti.

Esiste poi una forma di infiammazione lieve o parziale, talvolta silente fino all'insorgenza delle sue conseguenze - ma non per questo da sottovalutare - che sta infatti alla base di problematiche come l'aterosclerosi, alcune degenerazioni articolari ecc.

Sono state proposte varie teorie che mettono in forte relazione le complicazioni auto-immunitarie con l'infiammazione cronica sistemica. Ad oggi, il legame è riconosciuto, ma non totalmente spiegato; nel senso che non ci è chiaro quale sia la causa e quale l'effetto - probabilmente, la relazione procede in entrambe le direzioni.

Il principio essenziale della dieta antinfiammatoria è quello di aumentare le molecole che ci difendono dallo stress ossidativo e in grado di incidere positivamente sull'infiammazione sistemica.

Ma siamo veramente in grado di capire autonomamente "se" e "in che misura" siamo infiammati?

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E' possibile accorgersi da soli se si è infiammati?

Iniziamo specificando che lo stress ossidativo è impossibile da valutare "in acuto" senza apposite analisi ematologiche.

Inoltre, l'infiammazione è un processo che determina sintomi e segni clinici ben precisi:

In assenza di un quadro simile, il soggetto non può definirsi "realmente" infiammato.

Ma allora, perché abbiamo detto che lo stress ossidativo e l'infiammazione sono alla radice di numerose patologie?

Perché alcune condizioni, come l'obesità, possono stimolare alcune vie infiammatorie senza innescare un quadro franco, grave ed acuto di infiammazione. Si osserva comunque un'alterazione sistemica di parametri tipici dell'infiammazione quali proteina C-reattiva (CRP) e velocità di eritrosedimentazione (VES)

Pertanto, in assenza di un quadro clinico valutabile, e senza apposite analisi ematologiche, non è assolutamente possibile comprendere se il nostro organismo è in infiammazione.

Cosa mangiare in una dieta antinfiammatoria? Quale è l'alimento più antinfiammatorio?

I più potenti antiossidanti naturali sono senza ombra di dubbio alcuni cibi di origine vegetale.

La loro effettiva capacità antinfiammatoria è comuqne discutibile, perchè non scientificamente dimostrabile sull'organismo.

Si è tuttavia trovata una forte relazione tra consumo adeguato di frutta e verdura e riduzione della morbilità e della mortalità a causa di malattie croniche degenerative.

Ad ogni modo, non bisogna confondere le problematiche legate a un consumo insufficiente, con un presunto effetto terapeutico.

Non a caso, nell'obeso, i parametri dell'infiammazione tendono a ridursi anche con il semplice dimagrimento, seppur sia innegabile che aumentando gli antiossidanti naturali si possano ottenere diversi vantaggi in tal senso.

Ogni alimento che contiene antiossidanti è quindi in grado di contribuire alla "pulizia" dell'organismo dai radicali liberi.

Questo potenziale è valutabile grazie un sistema di misurazione chiamato capacità antiossidante totale o total antioxidant capacity (TAC), che analizza gli effetti sulla salute degli antiossidanti presenti nella dieta complessiva, riferendo un legame inverso con i markers infiammatori sistemici (Proteina C Reattiva o PCR e leucociti).

Bisogna però sottolineare che non è la concentrazione di un singolo antiossidante a riflettere la TAC di un prodotto, ma piuttosto il suo potere di fitocomplesso, basato sulla sinergia e le interazioni ossido-riduttive tra i diversi principi attivi in esso contenuti.

A dire il vero, queste interazioni si creano anche tra i vari alimenti della dieta, aumentando il potenziale ossidante della stessa - a patto che sia ben strutturata.

Sulla base di questo principio, le tabelle di composizione degli alimenti non sono uno strumento completamente affidabile, in quanto tengono conto soltanto del quantitativo della singola molecola antiossidante.

Ecco perché sono stati eseguiti diversi studi sulla valutazione della capacità antiossidante totale, che hanno gettato le basi per la coniazione dell'ormai nota dieta antinfiammatoria.

Peraltro, in vivo, i composti antiossidanti agiscono sfruttando meccanismi differenti; ciò significa che non può essere utilizzato un solo metodo per valutare la TAC di un alimento.

Ecco perchè uno studio italiano (citato sotto in bibliografia) si è occupato di valutare tre strumenti di misurazione dell'azione antiossidante in vivo di alcuni fitocomplessi; rispettivamente: Trolox equivalent antioxidant capacity (TEAC), total radical-trapping antioxidant parameter (TRAP) e ferric reducing-antioxidant power (FRAP).

Degno di nota anche lo studio intitolato "The total antioxidant content of more than 3100 fodds, beverages, spices, herbs and supplements used worlwide", apparso sul Nutrition Journal nel 2010.

Si è creato così un database su cui attingere per la stesura della dieta antinfiammatoria.

Come sfiammare il corpo con la dieta?

L'alterazione dei parametri infiammatori di cui abbiamo parlato sopra può essere prevenuta o compensata mediante i seguenti accorgimenti nutrizionali:

Attenzione! Non significa che i cibi di origine animale non contengano antiossidanti non vitaminici o minerali. Carne e pesce, ad esempio, abbondano di acido lipoico e Coenzima Q10. Per la loro composizione nutrizionale complessiva tuttavia, non si prestano ad essere impiegati nella dieta antinfiammatoria.

Quindi, scegliendo gli alimenti antinfiammatori giusti e nelle giuste quantità, potremmo essere in grado di ridurre lo stress ossidativo e il rischio di malattie correlate all'infiammazione sistemica.

Scegliendo costantemente quelli sbagliati invece, potremmo non introdurre le giuste quantità di antiossidanti e di nutrienti antinfiammatori, favorendo indirettamente i processi dismetabolici, pro-ossidativi, pro-infiammatori e patologici.

Abbiamo detto che la capacità antiossidante totale dipende dalla sinergia e dalle interazioni ossido-riduttive tra le differenti molecole presenti nell'alimento, e che in vivo i fitocomplessi agiscono diversamente che in vitro.

Nella stesura della dieta antinfiammatoria, quindi, bisogna tener conto soprattutto della composizione globale; non delle proprietà del singolo alimento.

Entriamo nel dettaglio.

Esistono dei cibi che provocano infiammazione? Se si, quali sono?

Secondo la teoria della dieta antinfiammatoria, certi alimenti "potrebbero" aumentare l'infiammazione sistemica.

Tuttavia, i più importanti studi accademici smentiscono questa ipotesi.

È comunque inoppugnabile che:

  • la carenza di vitamine e minerali implicati nella lotta allo stress ossidativo, e uno scarso apporto di altri antiossidanti naturali (come molti polifenoli), contribuiscano massicciamente all'aumento dello stress ossidativo.
  • Un eccesso di acido arachidonico, se non opportunamente compensato dai giusti livelli di omega 3, aumenta l'infiammazione e il rischio cardiovascolare;
  • l'obesità contribuisce ad aumentare i parametri dell'infiammazione cronica, ma la correlazione sul cibo spazzatura è indiretta;

Ad ogni modo, per correttezza divulgativa, facciamo una breve lista degli alimenti che, secondo al dieta antinfiammatoria, potrebbero aumentare lo stress ossidativo e l'infiammazione:

Esistono dei cibi che riducono l’infiammazione? Se si, quali sono?

Anche in merito ai cibi che riducono lo stress ossidativo e l'infiammazione, gli approfondimenti scientifici offrono solo risultati incompleti od interpretabili. Ovvero:

  • I fitocomplessi hanno oggettivamente un ruolo antiossidante;
  • Tuttavia, nelle persone sane, aumentandoli nella dieta non si ottiene alcuna modifica dei parametri riferiti all'infiammazione.

Pertanto, la dieta antinfiammatoria potrebbe costituire un intervento utile solo per i soggetti che non mangiano frutta e verduraUna persona che già consuma le porzioni raccomandate per una dieta sana ed equilibrata, non otterrebbe alcun vantaggio.

Sempre per correttezza divulgativa, facciamo una breve lista degli alimenti che, secondo al dieta antinfiammatoria, potrebbero diminuire lo stress ossidativo e l'infiammazione:

Esempio di correzione alimentare antinfiammatoria

Di seguito un esempio di correzione alimentare antinfiammatoria:

In un soggetto che mostra elevati livelli di Proteina C Reattiva, una dieta così composta "potrebbe" partecipare a ridurne i valori.

Dieta antinfiammatoria nello sport

Durante l'esercizio muscolare vengono prodotti alti livelli di specie reattive dell'ossigeno o ROS (da reactive oxygen species), veri e propri radicali liberi, anche associati ad un aumento del danno muscolare.

Per questo motivo, negli ultimi anni, gli sportivi di endurance si sono interessati parecchio all'aumento degli apporti nutrizionali di antiossidanti. La supplementazione antiossidante sembra attenuare effettivamente lo stress ossidativo indotto da esercizio fisico.

Di converso, c'è un crescente corpo di evidenze che indica effetti dannosi della supplementazione di antiossidanti rispetto ai benefici per la salute e le prestazioni di esercizio fisico.

Una review sull'argomento (reperibile in bibliografia) ha concluso che:

"è necessaria una maggiore ricerca per la produzione di linee guida evidence-based per quanto riguarda l'uso di integratori antiossidanti durante l'esercizio fisico. Si raccomanda un adeguato apporto di vitamine e minerali attraverso una dieta varia ed equilibrata, in quanto questo rimane il metodo migliore per mantenere lo stato ottimale di antiossidanti in soggetti che praticano sport."

I radicali liberi sono infatti parzialmente responsabili degli adattamenti all'allenamento. Il loro aumento costituisce, in parole povere, una delle chiavi per ottenere dei miglioramenti prestativi.

Questo perché fungono da veri e propri segnalatori e, se da una parte le cellule "sanno" di doverli contrastare, dall'altro i tessuti non sarebbero capaci di migliorarsi se non in tal modo stimolati.

Approfondimento: Infiammazione e Stress Ossidativo

Cos’è l’infiammazione e come si attiva

Il danno infiammatorio può essere provocato da agenti fisici (traumi, calore, etc.), da agenti chimici (composti tossici, acidi etc.) e da agenti biologici (batteri, virus etc.).

La risposta al danno, l'infiammazione appunto, è data dalle cellule che sono sopravvissute all'azione di esso e pertanto è prevalentemente una reazione locale che la terminologia medica indica aggiungendo il suffisso -ite al nome dell'organo interessato (ad esempio i termini tendinite, epatite indicano un'infiammazione, rispettivamente, ad un tendine e al fegato).

Si è detto reazione prevalentemente locale e non esclusivamente locale in quanto diverse molecole che vengono sintetizzate e rilasciate dalle cellule che partecipano al fenomeno dell'infiammazione passano nel sangue ed agiscono su organi a distanza, in particolare sul fegato, stimolando le cellule epatiche al rilascio di altre sostanze che sono responsabili della risposta di fase acuta all'infiammazione.

La comparsa di febbre e della leucocitosi (aumento del numero dei leucociti circolanti nel sangue) rappresentano altre manifestazioni sistemiche della flogosi.

Di per sé, l'infiammazione è un processo utile all'organismo, in quanto permette di neutralizzare (se presente) l'agente che ha provocato il danno, e reintegrare la condizione di normalità preesistente all'evento dannoso.

Nel caso dell'infortunio muscolare, ad esempio, il processo infiammatorio che ne consegue sarà necessario soprattutto ad attivare un processo ripartivo del danno stesso (in questo caso l'agente che ha provocato il danno sarà un agente fisico, es. un trauma, e non ci sarà quindi nessuna necessità di eliminare l'agente che ha causato il danno, come invece avviene in altri casi).

I piò noti sintomi dell'infiammazione sono l'aumento della temperatura locale, il gonfiore, l'arrossamento, l'indolenzimento e la compromissione funzionale.

I fenomeni che causano questi sintomi sono dovuto soprattutto ad eventi che coinvolgono il microcircolo del sangue.

Ad una rapidissima vasocostrizione iniziale seguirà il rilassamento delle fibrocellule muscolari lisce presenti sulle pareti delle arteriole terminali, con conseguente vasodilatazione e maggiore afflusso di sangue nella zona del trauma (da qui la comparsa dell'aumento della temperatura locale e dell'arrossamento).

Successivamente, il maggior afflusso di sangue "stagna" nella zona del trauma, aumentando così la viscosità del sangue (dovuta all'aggregazione dei globuli rossi e all'uscita verso le giunzioni intracellulari della parte "liquida" del sangue); inizierà anche la fuoriuscita dei leucociti dal sangue al compartimento extravascolare dove sono richiamati da particolari citochine.

Si forma così l'essudato, causa del gonfiore nella zona del trauma, costituito da una parte liquida e da una parte di cellule in essa sospese. Infine inizierà il processo ripartivo del danno cellulare.

L'insieme dei processi appena descritti è mediato da numerose molecole che scatenano, mantengono ed anche limitano le modificazioni del microcircolo.

Tali molecole sono dette mediatori chimici della flogosi, e possono avere diversa provenienza e diverso destino.

Esse sono l'istamina, la serotonina, i metaboliti dell'acido arachidonico (prostaglandine, leucotrieni e trombossani), gli enzimi lisosomiali, le citochine (di tipo 1 e di tipo 2), l'ossido nitrico, il sistema delle chinine ed il sistema del complemento.

Invece, le cellule che intervengono nei processi infiammatori sono costituite dai mastociti, dai granulociti basofili, neutrofili ed eosinofili, dai monociti/macrofagi, dalle cellule Natural Killer, dalle piastrine, dai linfociti, dalle plasmacellule, dagli endoteliociti e dai fibroblasti.

L'infiammazione è quindi un processo temporaneo di rigenerazione e reintegro della condizione di normalità a seguito di un danno; tuttavia, se persistono gli agenti che causano il danno o c'è una preferenziale produzione di citochine di tipo 1, può cronicizzare.

In questo caso si assiste dapprima ad una progressiva riduzione dei processi sopra descritti a carico del microcircolo -come avviene nella guarigione-, mentre contemporaneamente l'infiltrato cellulare viene progressivamente costituito da macrofagi e linfociti che frequentemente si dispongono attorno alla parete vascolare come un manicotto che ne induce la compressione.

In conseguenza di ciò subentra uno stato di sofferenza tissutale determinato sia dalla presenza dell'infiltrato che dalla riduzione dell'apporto di sangue causato dalla compromissione vascolare.

Successivamente i fibroblasti possono essere stimolati alla proliferazione con la conseguenza che molte flogosi croniche culminano con una eccessiva formazione di tessuto connettivo che costituisce la cosiddetta fibrosi o sclerosi.

Ad esempio, questo è il caso della cellulite, un inestetismo estetico che colpisce molte donne, causato dall'aumento di volume delle cellule adipose in alcuni distretti corporei (cosce, gluteo, etc.) con mancato drenaggio dei liquidi e processi di infiammazione locale che possono condurre, negli stadi più avanzati, a fibrosi e sclerosi con formazione di micronoduli che danno alla pelle il classico aspetto a "buccia d'arancia".

Cos’è lo stress ossidativo e come si attiva

I radicali liberi sono molecole o frammenti di molecole caratterizzati dalla presenza di uno o più elettroni spaiati e ad esistenza indipendente; sono dotati di forte potere ossidante o riducente e risultano molto instabili, come tali, danno origine ad una serie di effetti ossido-riduttivi con netta prevalenza di quelli ossidativi.

La formazione di radicali liberi è un processo che si verifica in molte reazioni biochimiche cellulari - ad esempio si possono formare nel corso della catena respiratoria - ma anche per l'azione fisica esercitata dall'energia radiante sul nostro organismo; tra i radicali liberi più conosciuti meritano menzione l'anione superossido ed il perossido di idrogeno.

Lo stress ossidativo è legato ad uno sbilanciamento tra la produzione di specie reattive (radicali liberi) e le difese antiossidanti.

Lo stress ossidativo è difatti coinvolto nell'eziologia di molti disturbi cronico-degenerativi, come le malattie cardiovascolari, il diabete, il cancro ed i processi neurodegenerativi (es. Alzheimer).

Nell'attività fisica intensa lo stress ossidativo è un fattore che può influire sulla performance atletica.

L'esercizio fisico intenso causa notoriamente un aumento delle reazioni biochimiche legate alla necessità di produrre l'energia necessaria a svolgere il lavoro muscolare e ciò causa di riflesso anche un aumento della produzione di radicali liberi dell'ossigeno, che possono contribuire ad un danno diretto al muscolo e alla comparsa della sintomatologia di indolenzimento muscolare post-allenamento.

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Autore

Riccardo Borgacci

Riccardo Borgacci

Dietista e Scienziato Motorio
Laureato in Scienze motorie e in Dietistica, esercita in libera professione attività di tipo ambulatoriale come dietista e personal trainer