Ultima modifica 27.09.2019

CENNI DI EMBRIOLOGIA


L'embriologia studia la sequenza delle forme di sviluppo dallo zigote fino all'organismo dotato di tutti i suoi organi ed apparati.
È bene ricordare, a questo proposito, la distinzione fra sviluppo (successione di fasi strutturali ed organizzative a crescente complessità) e accrescimento, inteso soprattutto in senso quantitativo.
Nei metazoi vertebrati si assiste, salendo nella serie evolutiva fino all'uomo (attraverso i ciclostomi, i pesci, gli anfibi, i rettili, gli uccelli ed i Mammiferi), alla comparsa di forme adulte di crescente complessità, per cui sempre maggiore è la complicazione delle fasi di sviluppo embrionale.
All'inizio, lo zigote, dotato sempre di materiale di riserva, si suddivide (per mitosi successive) in 2, poi 4, poi 8, etc. cellule dette blastomeri, senza accrescimento, fino a raggiungere il normale rapporto nucleo/citoplasmatico della specie.
Questa segmentazione iniziale può seguire diversi schemi, a seconda della quantità e distribuzione del deutoplasma.
All'inizio il deutoplasma è scarso («uova oligolecitiche»), per cui la segmentazione è totale e dà luogo a blastomeri poco diversi. Col crescere della complessità dell'embrione, occorre più tempo e materiale prima che il suo sviluppo gli consenta di iniziare la vita indipendente. Per questo è necessario un aumento del deutoplasma («uova telolecitiche»), che tende a disporsi in una parte dello zigote. Ciò provoca una «anisotropia» crescente, che si collega a modificazioni della segmentazione, regolata da due princìpi generali:
- la legge di Hertwig dice che, nella mitosi, il fuso acromatico (il cui equatore determina il piano di divisione delle cellule figlie) tende a disporsi nel senso di maggiore lunghezza del citoplasma;
- la legge di Balfour dice che la velocità di segmentazione è inversamente proporzionale alla quantità di deutoplasma.
Vediamo allora che già nei ciclostomi e nei pesci la segmentazione è ineguale, con un polo animale a rapida segmentazione (che darà le strutture superiori dell'embrione) ed un polo vitellino che conterrà la maggior parte del materiale di riserva. Ancora maggiore è questa tendenza anisotropica negli anfibi (nei quali occorre predisporre gli organi incaricati della respirazione aerea), in cui il polo vitellino, pur segmentandosi lentamente, rimane relativamente inerte e finisce per essere ricoperto dalle cellule derivate dal polo animale in rapida segmentazione. Fino a questo gradino evolutivo la successione degli stadi embrionali principali comprende: zigote, blastomeri, morula (ammasso di blastomeri simile ad una mora), blastula (morula con cellule interne regredite), gastrula (blastula in cui le cellule di un lato si sono invaginate), in cui compare la cavità primitiva dell'organismo, con uno strato cellulare esterno (ectoderma, da cui deriverà anzitutto il sistema nervoso) ed uno interno (entoderma), fra i quali si interporrà poi un terzo strato (mesoderma). Da questi strati o «foglietti embrionali» deriveranno poi, in ordinata sequenza, tutti- i tessuti, organi ed apparati.
Nelle specie ancor più evolute l'aumento del deutoplasma (o «vitello») è tale che non riesce neppure a segmentarsi. Vediamo così che negli uccelli la segmentazione interessa solo un sottile disco superficiale, portando ad una «discoblastula» e ad una serie di fenomeni che garantiscono la formazione dell'embrione in modo diverso da quello prima citato.
Un ulteriore aumento del deutoplasma non sarebbe stato probabilmente più efficiente, per cui nei Mammiferi lo sviluppo e l'accrescimento fino alla capacità di vita indipendente vengono ottenuti con un altro sistema. Notiamo infatti nei Mammiferi che il deutoplasma serve solo per i primissimi stadi di sviluppo; poi l'embrione stabilisce rapporti metabolici con l'organismo materno (con la comparsa della placenta) e non usa più il deutoplasma, il cui eccesso viene eliminato. A questo punto le uova tornano ad essere oligolecitiche e la segmentazione può tornare ad essere totale (e perciò nei primi stadi è simile a quella dell'anfiosso), ma dopo la morula l'embriogenesi prosegue secondo lo schema più evoluto degli uccelli, con una «blastocisti» cui fa seguito l'impianto sulla parete uterina, in modo che il metabolismo dell'embrione è assicurato dall'organismo materno (attraverso la placenta) anziché dal deutoplasma.

DIFFERENZIAMENTO EMBRIONALE

Quando la segmentazione dello zigote ha portato il rapporto nucleo/citoplasmatico alla norma della specie, occorre che inizi, parallelamente allo sviluppo, anche l'accrescimento. Per questo prende l'avvio il metabolismo, con comparsa di nucleoli e sintesi proteica. La sintesi proteica così iniziata è dovuta ai geni incaricati delle prime fasi di sviluppo embrionale. Questi geni vengono derepressi dalle sostanze presenti nei diversi blastomeri del polo animale e vitellino. A loro volta i prodotti di questi geni iniziali possono dereprimere gli operon dei geni incaricati degli stadi successivi. I prodotti di questa seconda serie di geni potranno agire sia nel senso di costruire nuove strutture embrionali, sia nel senso di reprimere gli operon precedenti e dereprimere quelli successivi, in una sequenza ordinata che porta all'edificazione del nuovo organismo, grazie alle informazioni genetiche accumulate dal genoma attraverso i millenni in specie sempre piu evolute.
La famosa espressione di Haeckel «l'ontogenesi ricapitola la filogenesi» esprime in realtà appunto il fatto che le specie superiori ripetono, negli stadi di sviluppo embrionale, la successione che già si trova nelle specie evolutivamente precedenti.
Gli stadi iniziali dell'embrione tendono ad essere simili nei vertebrati, particolarmente fino alla comparsa delle branchie.
Nelle specie che passano alla respirazione aerea, le branchie vengono poi riassorbite e riutilizzate (ad esempio per la formazione di ghiandole endocrine), ma l'informazione genetica relativa alla formazione delle branchie è conservata anche nell'uomo. Si tratta evidentemente di un esempio di geni strutturali embrionali che sono presenti nel genoma di tutti i vertebrati e debbono rimanere repressi dopo aver funzionato nel loro momento ontogenetico.
L'interpretazione dell'embriogenesi in senso di regolazione dell'azione genica consente di unificare le complesse esperienze tradizionali dell'embriologia sperimentale.

I GEMELLI

Lo zigote ed i primi blastomeri, fino a che non inizia la sintesi proteica, sono totipotenti, cioè capaci di dare vita ad un intero organismo. A ciò si collegano gli esperimenti di Spemann, che otteneva due embrioni dallo strozzamento di uno zigote di anfibio. Un fenomeno simile appare alla base del fenomeno dei gemelli identici nell'uomo, che appunto per questo sono detti monozigotici ( MZ ). I gemelli sperimentali di Spemann erano di dimensioni pari a metà del normale, mentre nell'uomo sono perfettamente normali. Ciò si spiega perché negli anfibi i due embrioni dovevano spartirsi l'unico tuorlo già ricevuto, mentre nell'uomo gli embrioni possono ricevere, attraverso la placenta, tutto ciò che occorre al loro sviluppo ed accrescimento.
È bene ricordare che nell'uomo i due terzi dei casi di gemelli hanno un'altra origine: derivano dall'occasionale maturazione contemporanea di due follicoli, con liberazione di due ovuli che, fecondati, danno due zigoti; si parla infatti in questo caso di gemelli dizigotici (DZ).
Poiché i gemelli MZ, divisisi per mitosi dall'unico zigote, hanno genoma uguale, le differenze fra loro debbono essere di origine ambientale. Invece il genoma di due gemelli DZ si somiglia solo quanto quello di due fratelli qualsiasi. Su questo principio si basa il metodo gemellare, molto usato in genetica umana ed anche nel campo dello sport.
Nell'uomo, in cui determinate ragioni etiche vieterebbero la sperimentazione, si può accertare quanto un carattere qualsiasi sia regolato da fattori ereditari: infatti, i caratteri rigorosamente ereditati (come ad esempio i gruppi sanguigni) sono sempre concordanti nei soli gemelli MZ; man mano che la concordanza di un carattere nei MZ si avvicina a quella dei DZ, si deduce che i fattori ambientali prevalgono su quelli ereditari nel determinare quel carattere fenotipico.