Leptina e dimagrimento: l'importanza di una dieta ragionevole e dei carboidrati

Leptina e dimagrimento: l'importanza di una dieta ragionevole e dei carboidrati
Ultima modifica 27.01.2024
INDICE
  1. Cos'è la leptina?
  2. A cosa serve la leptina?
  3. Dove agisce la leptina?
  4. Cosa succede quando aumenta e quando diminuisce?
  5. Leptina e obesità
  6. Leptina bassa e impossibilità a mantenere basse percentuali di grasso
  7. Carboidrati e leptina: ecco perché sono necessari nella dieta ipocalorica

Cos'è la leptina?

La leptina (dal greco λεπτός leptos, "sottile" o "leggero" o "piccolo") è un ormone proteico (citochina) prodotto prevalentemente (ma non solo) dagli adipociti (cellule del tessuto adiposo), avente un ruolo primario nella regolazione dell'equilibrio energetico a lungo termine. E' codificata dal gene LEP.

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A cosa serve la leptina?

Essendo uno dei principali segnali dello stato energetico, i livelli di leptina influenzano l'appetito, la sazietà e i comportamenti orientati al mantenimento delle riserve energetiche.

La quantità di leptina circolante è correlata alla quantità di scorte caloriche, soprattutto di trigliceridi immagazzinati nel tessuto adiposo, ma anche all'intake calorico, soprattutto di carboidrati.

La leptina svolge anche un ruolo in altri processi fisiologici, come evidenziato dai suoi numerosi siti di sintesi e dai numerosi tipi di cellule (anche periferiche, ma soprattutto nervose centrali) che possiedono i recettori specifici.

Molte di queste funzioni aggiuntive, tuttavia, devono ancora essere completamente definite.

Dove agisce la leptina?

I recettori della leptina sono espressi in una estesa varietà di tessuti, soprattutto del sistema nervoso centrale (SNC).

A livello del SNC, interagisce principalmente con:

  • recettori OB-Rb dell'ipotalamo, situati principalmente nei nuclei arcuati e ventromediali (ma non solo);
  • neuroni dopaminergici dell'area tegmentale ventrale.

Cosa succede quando aumenta e quando diminuisce?

Nel processo di adattamento dell'organismo alla fame-sazietà, nel quale reazione con cambiamenti metabolici, endocrini, neuro-biochimici e comportamentali, i livelli di leptina vengono interpretati dal cervello in maniera relativa; ovvero:

  • livelli bassi di leptina indicano che queste riserve sono basse; di conseguenza, il SNC:
    • rallenta vari aspetti del metabolismo, riducendo gli ormoni tiroidei, gli androgeni e gli estrogeni;
    • riduce la dopamina (ormone della ricompensa);
    • aumenta la fame;
    • favorisce il risparmio energetico del tessuto adiposo, stimolando gli enzimi deputati all'accumulo di trigliceridi (che è un processo che interessa il metabolismo anabolico del tessuto adiposo).
  • livelli elevati di leptina vengono interpretati dal cervello come elevata saturazione delle riserve di grasso; di conseguenza, il SNC:
    • aumenta vari aspetti del metabolismo, ripristinando livelli normali di ormoni tiroidei, di androgeni e di estrogeni;
    • diminuisce la fame;
    • sblocca il consumo energetico del tessuto adiposo e del muscolo, stimolando gli enzimi deputati alla lipolisi dei trigliceridi (nell'adipe) e allo stoccaggio di glicogeno (nel tessuto contrattile).

Leptina e obesità

Se è vero che la leptina è così efficace nella regolazione della fame-sazietà (processo mediato anche da altri fattori come la grelina e la colecistochinina dell'apparato gastrointestinale, ma influenzato anche da altri ormoni e neurotrasmettitori legati al tono dell'umore), perché i soggetti obesi hanno sempre fame?

Perché nell'obesità grave si verifica una diminuzione della sensibilità alla leptina (simile alla ben più nota resistenza all'insulina, tipica del diabete di tipo 2), con conseguente incapacità di esprimere la sazietà, nonostante le elevate riserve adipose e gli alti livelli di leptina circolante.

Ciò può avvenire per cause diverse:

  • Genetiche primarie:
    • deficit del trasportatore della leptina nella barriera emato-encefalica;
    • scarsità o assenza dei recettori OB-Rb nel SNC;
    • difetto di sintesi dei recettori OB-Rb e conseguente insensibilità primaria;
  • Desensibilizzazione secondaria all'iperleptinemia cronica: livelli costantemente elevati di leptina desensibilizzano i recettori OB-Rb (in maniera simile a quanto avviene per l'insulina), riducendone l'efficacia di captazione e trasporto attraverso la barriera emato-encefalica. Questo si può apprezzare osservando, negli obesi, elevati livelli di leptinemia con bassi livelli di leptina nel liquido cerebrospinale. In questi casi, la somministrazione parenterale di leptina non offre alcun vantaggio.

Leptina bassa e impossibilità a mantenere basse percentuali di grasso

L'organismo ha una propria percezione dell'omeostasi riferita alla composizione corporea. Il punto, o meglio la "fascia", che il corpo interpreta come "desiderabile", corrisponde a quello che in gergo si definisce set-point.

Il set-point è diverso per ognuno di noi, che sarebbe il motivo per cui alcuni soggetti "stanno benissimo" con basse percentuali di grasso corporeo, mentre, a parità di body-fat, altri lamentano una serie di disagi che conducono inesorabilmente a recuperare massa grassa - fame, perdita di forze, insonnia, bassi livelli di testosterone o estrogeni e ormoni tiroidei, perdita di massa muscolare, tendenza alle abbuffate, depressione ecc.

Anche questa circostanza, tuttavia, è in parte allenabile. Anche se la leptina sembra il fattore "chiave" del meccanismo fame-sazietà, non è l'unico aspetto determinante; i suoi recettori e trasportatori, infatti, svolgono un ruolo di pari importanza. Sotto quest'ultimo aspetto, il dimagrimento e i bassi livelli di leptina possono giocare un ruolo addirittura positivo.

Quando le riserve adipose si svuotano, con conseguenti bassi livelli di leptina, il sistema nervoso tende ad aumentare l'espressione e la sensibilità dei recettori OB-Rb e dei suoi trasportatori.

Questo rappresenta un adattamento vero e proprio, che migliora la nostra tolleranza alla magrezza, ma a patto che "si diano i giusti tempi" al corpo di modificarsi. Se ci riflettiamo attentamente, è forse la ragione più importante per la quale, per ottenere una strategia dimagrante efficacie, si consiglia di "dimagrire lentamente".

Viceversa, dimagrendo velocemente, con tagli calorici repentini, il crollo della leptina non viene compensato dall'aumento della sensibilità e del numero dei recettori e dei trasportatori, con conseguente "fame insopportabile" e, verosimilmente, il fallimento della strategia.

Carboidrati e leptina: ecco perché sono necessari nella dieta ipocalorica

Abbiamo detto che la leptina aumenta allo stoccaggio adiposo. All'opposto, durante la dieta ipocalorica dimagrante - che sappiamo impostare un bilancio calorico negativo - avviene una riduzione della leptina ma una miglior attività dei trasportatori e dei recettori centrali.

Esiste tuttavia un altro fattore che stimola il rilascio di leptina, ovvero l'aumento della glicemia con attivazione della via metabolica della esosamina (nella quale entrano in misura del 2-3%).

La prova dell'importanza dei carboidrati per il rilascio di leptina è stata confermata da alcuni studi farmacologici, i quali hanno concluso che: l'uso di farmaci inibitori della glicolisi ha un effetto inibitorio anche sull'aumento della leptina, con conseguente aumento della fame.

Sono solo i carboidrati ad avere questo effetto sulla leptina? Si e no. L'aumento dei lipidi dietetici in un contesto ipocalorico, infatti, non ha lo stesso effetto dei glucidi sulla leptina. Tuttavia, nel contesto di una dieta ipercalorica, anche a percentuali molto più elevate del normale, i grassi non modificano considerevolmente i livelli di leptina (che, visto il monte energetico, è fisiologicamente elevata). In pratica, è possibile aumentarli senza avere effetti negativi sulla leptina, a patto che anche in glicidi siano sufficientemente elevati. Questa necessità diminuisce all'aumentare delle calorie. 

Assumere una corretta quantità di carboidrati, peraltro, consente di mantenere trofiche le scorte di glicogeno muscolare e di risparmiare le proteine contratili durante il taglio calorico.

In pratica, nel contesto di una dieta ipocalorica, consumando carboidrati, possiamo ottenere una serie di effetti positivi quali:

  • espressione e sensibilità dei recettori e dei trasportatori della leptina;
  • pienezza delle scorte di glicogeno muscolare e preservamento della massa muscolare;
  • ottimizzazione del rilascio di leptina, con:
    • minor fame;
    • maggior ritenzione di azoto e di sintesi proteica;
    • maggiori livelli di ormoni tiroidei (necessari a mantenere elevato il metabolismo), androgeni ed estrogeni (necessari a mantenere elevato l'asse anabolico e le funzioni sessuale e riproduttiva).

La quantità giusta di carboidrati è compresa tra il 45-65% delle calorie totali, ovvero pressappoco 3,0-4,0 g/kg di peso corporeo.

E' vero che livelli più bassi consentono di migliorare l'espressione e la sensibilità dei recettori e dei trasportatori della leptina, ma bisogna anche considerare che un livello eccessivo di acidi grassi nel sangue (da dieta eccessivamente restrittiva o da dieta low-carb) ha invece un effetto inibente sulla produzione della stessa e, nel cronico, tende inoltre a ridurre la sensibilità insulinica.

Autore

Riccardo Borgacci

Riccardo Borgacci

Dietista e Scienziato Motorio
Laureato in Scienze motorie e in Dietistica, esercita in libera professione attività di tipo ambulatoriale come dietista e personal trainer