Bodybuilding e Fatica Cronica
Ultima modifica 09.12.2020
INDICE
  1. Introduzione
  2. Cos’è
  3. Cause
  4. Stress
  5. Bodybuilding
  6. Cosa Fare

Introduzione

La fatica cronica dello sportivo e del bodybuilder è una delle principali cause di "plateau" durante la crescita delle prestazioni.

Bodybuilding e Fatica Cronica Shutterstock

Prevenirla o cercare un rimedio efficacie sono quindi presupposti fondamentali nella "carriera" – anche amatoriale – di un culturista o di qualsiasi amante del fitness.

Per fare ciò, tuttavia, bisogna anzitutto essere in grado di riconoscerla e di identificarne le cause; solo a questo punto, è possibile "rimettere mano" alla programmazione annuale o a parte della stessa.

Nell'articolo che seguirà cercheremo di fare un quadro globale di questa situazione disagevole oltre che potenzialmente "nociva" – oltre a compromettere il miglioramento della performance, la fatica cronica è anche uno dei fattori di rischio per infortunio e patologie croniche articolari, tendinee e muscolari.

Per approfondire: Overtraining

Cos’è

Cos’è la fatica cronica?

Nell'ambito del culturismo e dell'attività fisica motoria in genere, per fatica cronica si intende una complessa e ininterrotta sensazione di spossatezza, debolezza, carenza di energie e di motivazione, che pregiudica sia il tono basale dell'umore oltre che la capacità di allenarsi con elevati carichi di lavoro (risultante del rapporto tra volume, densità e intensità).

La fatica cronica non è l'overtraining syndrome (sindrome da sovrallenamento). O meglio, può sia costituire lo step antecedente allo stesso, oppure non sfociarvi affatto. Questo dipende dal caso specifico e dalla modalità di intervento/correzione. È però vero il contrario, cioè che il sovrallenamento include sempre un certo grado di fatica cronica.

Le due condizioni hanno certamente numerosi punti in comune, anche se talvolta "causa ed effetto" sono invertiti. Ad esempio, se da un lato la mancanza di sonno provoca la fatica cronica, dall'altro l'insonnia costituisce una delle complicanze più importanti ed ingravescenti dell'insonnia – sarebbe un po' come domandarsi "è nato prima l'uovo o la gallina?".

Sindrome da fatica cronica

La fatica cronica può aggravarsi fino a delineare una vera e propria sindrome.

La sindrome da fatica cronica (o CFS, acronimo di Chronic Fatigue Syndrome) è una condizione caratterizzata da affaticamento cronico persistente per almeno 6 mesi, non alleviata dal riposo, che si esacerba con piccoli sforzi e che provoca una sostanziale riduzione dei livelli precedenti delle attività occupazionali, sociali o personali.

È regolare la presenza di quattro o più dei seguenti sintomi, anche questi per almeno 6 mesi:

  • disturbi della memoria e della concentrazione tali da ridurre i precedenti livelli di attività occupazionale e personale;
  • faringite;
  • dolori delle ghiandole linfonodali cervicali e ascellari;
  • dolori muscolari e delle articolazioni senza infiammazioni o rigonfiamento delle stesse;
  • cefalea di tipo diverso da quella eventualmente presente in passato;
  • sonno non ristoratore;
  • debolezza post esercizio fisico che perdura per almeno 24 ore.

È una patologia debilitante ed invalidante a tutti gli effetti. Cambia lo stile di vita ed il modo di relazionarsi con gli altri. Può portare a stati depressivi ed è sempre aggravata dagli stessi.

Per approfondire: Sovrallenamento

Cause

Cause della fatica cronica nel bodybuilding e nello sport

La fatica cronica è dovuta allo scompenso tra stimolo allenante e supercompensazione.

Questo madornale errore, che è più grave nel cronico che nell'acuto, è spessissimo la conseguenza della non integrazione di periodi di scarico attivo o riposo totale nella programmazione annuale.

Altro fattore primario è la "rigidità" del protocollo. Siamo esseri viventi, che crescono e invecchiano, e pertanto soggetti a fluttuazioni prestative anche indipendenti dalle variabili che crediamo di gestire completamente. Ergo: ci vuole "flessibilità" per correggere il tiro anche in corso d'opera.

Nota: chi non mostra una certa variabilità e risponde sempre ugualmente agli allenamenti è molto probabilmente limitato dalle abitudini instaurate nel tempo.

Ad ogni modo, ciò comporta una riduzione della componente energetica, causata uno o più dei seguenti fattori:

  1. Stress dei sistemi organici muscolari (aumento dei cataboliti, riduzione degli enzimi, dei coenzimi o dei fattori che li costituiscono ecc.);
  2. Deplezione delle riserve muscolari;
  3. Compromissione dei sistemi organici neurali;
  4. Fattori psicologici.

Il recupero è una fase necessaria dell'allenamento. Si dovrebbe padroneggiare appieno la capacità di valutare l'idoneità o meno della supercompensazione, ma spesso non è così.

Questo perché l'essenza dell'allenamento è quella di sottoporre l'organismo e la mente ad una ripetizione di stimoli verso i quali si rende necessario un forte adattamento.

Tutti siamo in grado di capire se abbiamo recuperato oppure no; è sufficiente "far passare un bel po' di tempo"; pochissimi d'altro canto, riescono ad azzeccare il momento esatto – ciò anche perché il recupero andrebbe stimato non solo sullo stimolo precedente, ma anche sul successivo.

Sono in molti ad accorciare i tempi nella speranza di rendere il protocollo più efficacie; spesso però, avviene che lo stimolo impresso non abbia l'intensità adeguata o non venga compensato adeguatamente, vanificando ogni sforzo ed anzi instaurando la cosiddetta fatica cronica.

Stress

Stress psicologico: perché è limitante?

Sopra abbiamo parlato soprattutto di cause organiche, che interessano il tessuto muscolare tanto quanto il nervoso – e non solo.

Ma che dire dei fattori psicologici? Sono essenziali.

Facendo un piccolo riferimento alla storia evolutiva dell'uomo possiamo apprezzare che, nell'antichità, la fatica era necessaria alla sopravvivenza e veniva messa in atto solo quando era impossibile farne a meno (fuga, lotta, caccia). Il recupero era quindi, per lo più, effettivo e completo.

Nello sport e nel bodybuilding avviene il contrario; è la fase di supercompensazione ad essere minimizzata. Il rapporto fatica / recupero si inverte. Già questo ci fa capire che "qualcosa non torna". Ma perché?

Rimaniamo lontani dalle osservazioni di natura antropologica e comportamentale. È lampante che il 99% delle persone si alleni soprattutto per soddisfare il proprio bisogno di estetica, di conferme sociali, di controllo e di disciplina. Trattasi di una necessità vera e propria e, nei limiti, più genuina di molte altre.

Per di più, oggi lo stress non proviene solo dal lavoro "fisico" necessario a procacciare, difendersi ed accoppiarsi; al contrario, è prevalente in tutte le sfaccettature dello stile di vita moderno.

Stress e sistema nervoso: quali differenze nell’evoluzione umana

Il modulatore della vita di ogni essere umano è rappresentato dal sistema neurovegetativo, quell'insieme di cellule e fibre che innervano gli organi interni e le ghiandole, con il compito di controllare le attività vegetative – ovvero quell'insieme di funzioni che, generalmente, sono al di fuori del controllo volontario.

Parliamo del sistema ortosimpatico, per lo stress e l'attività fisica (combatti o fuggi) e del sistema parasimpatico, per la quiete e tranquillità (mangia e riposa) – anche se in realtà non vi è una netta distinzione dell'uno rispetto all'altro ma spesso si parla di una sorta di modulazione reciproca.

L'ortosimpatico è quindi responsabile di uno stato d'animo di turbamento ed attivazione, originariamente necessari alla sopravvivenza. Peccato che questo non sia sensibile solo all'attività fisica motoria e non risponda solo agli stimoli primordiali. È anche implicato nei sintomi e nei segni clinici tipici dello stress nervoso.

Si potrebbe affermare che in passato il sistema che lavorava maggiormente fosse il parasimpatico, con i suoi modulatori della calma indotti dal riposo e dalla tranquillità. Attualmente invece, nonostante i progressi tecnologici finalizzati ad un aumento della qualità della vita, il sistema ortosimpatico sembra prevalere; ciò porta molti di noi ad accusare alti livelli di stress.

Ma l'esercizio fisico, quale ruolo assume in tutto questo?

Quando l’allenamento diventa uno stress

In linea teorica, l'allenamento motorio contribuisce ad alleviare lo stress nervoso. Qui non ci piove, come dimostrano numerosi studi che hanno analizzato l'impatto della stessa sul tono dell'umore.

Poniamo il caso, tuttavia, che – come dicevano i nostri nonni – la "fatica superi il gusto". Ovvero che l'impegno richiesto dal protocollo diventi, man mano, sempre meno tollerabile.

Questo per mille motivi, diversi per ognuno di noi – logistica, impegni collaterali, difficoltà economiche, errato rapporto fatica / recupero ecc. Trattasi anche di fasi transitorie, che però non dovrebbero essere ignorate.

Da un lato "stringere i denti" può fare la differenza. Non si può allentare la presa ad ogni minima difficoltà. Ma allenarsi controvoglia ha un effetto collaterale gigantesco: aumenta il livello di stress anziché diminuirlo

Bodybuilding

Fatica cronica e sindrome da fatica cronica nel bodybuilding

Il bodybuilding è un'attività spesso interessata dalla fatica cronica e dalla relativa sindrome.

Questo perchè si viaggia "sul filo del rasoio" cercando di aumentare i volumi muscolari con allenamenti spesso troppo lunghi, densi ed intensi.

Nei soggetti che fanno uso di certi farmaci, talvolta si possono osservare quadri simili dovuti a scompensi, interazioni o scorretta gestione degli stessi – nel caso esista realmente una più sensata metodologia di somministrazione.

Altri ricercatori sono arrivati alla conclusione che tra i fattori predisponenti e generanti rientra anche una probabile causa nel sistema nervoso, dovuta da un sovraccarico di tossine nel liquor (liquido cefalo rachidiano) in cui sono immersi l'encefalo ed il midollo spinale; di conseguenza le attività di tutti i sistemi organici ne risentirebbero.

Cosa Fare

Rimedi alla fatica cronica

Com'è intuitivo, molto spesso si giunge alla conclusione che il solo riposo possa aiutare a recuperare da uno stato di fatica cronica.

Inoltre, molti fanno ricorso alla somministrazione di farmaci per cercare di tenere a bada il dolore, la sonnolenza e o sintomi ansiosi o depressivi.

Estremamente sottovalutato è il trattamento osteopatico, che potrebbe risultare efficacie sotto numerosi punti di vista.

Rimedi osteopatici alla fatica cronica

Nella Medicina Osteopatica esiste un approccio noto come " ambito cranio sacrale", che permette all'operatore – attraverso opportune manipolazioni sul cranio del soggetto affetto da fatica cronica – di stimolare il movimento del liquido cefalorachidiano. Ciò, a detta di alcuni, può ritornare utile per drenare queste tossine al di fuori del liquido cefalorachidiano.

In alternativa, si può agire con manipolazioni sul fegato e su tutti i sistemi emuntori, agevolando la circolazione e lo "svuotamento".

In osteopatia, inoltre, si può agire sulla funzionalità del nervoso simpatico. Questo grazie ad un lavoro sul sistema muscolo-scheletrico ed in particolar modo sul tratto dorsale alto. Esso riveste un'importanza notevole sul lavoro del neurovegetativo, proprio perché in quest'area si trova la catena latero-vertebrlae dell'ortosimpatico con una concentrazione dei nervi molto elevata.

Si eseguono tecniche di liberazione dei tessuti molli del collo, del capo, della schiena e del torace, facendo in modo che le tossine possano essere veicolate dal sistema linfatico verso il sangue, per poi essere debellate.

A seguito di ciò, il sistema nervoso centrale ritroverebbe la capacità di gestire tutti gli altri sistemi senza impedimenti, ristabilendo l'omeostasi corporea, comportando una graduale risalita dei livelli di benessere del soggetto.

Come primo approccio si potrebbe operare eseguendo una ri-armonizzazione delle catene muscolari che, quando messe in uno stato disfunzionale, creano una compressione articolare lungo la colonna responsabile dell'alterazione degli impulsi neurologici del sistema neurovegetativo.

Quindi un allungamento in catena, specie della posteriore, può potrebbe sicuramente utile.

Concludendo

D'altro canto, se tutto ciò non venisse associato ad una revisione dello stile di vita e dell'allenamento, i risultati potrebbero essere scarsi ed il soggetto entrare in uno stato di apatia, davvero problematico nella quotidianità.

L'allenamento dev'essere "addolcito" nelle sue maggiori spigolosità – volume, intensità, densità – riducendo il carico di lavoro. Anche la variazione radicale del metodo è spesso un'ottima soluzione, provvisoria o meno.

Riorganizzare la propria vita in funzione del benessere rimane il miglior mezzo per contrastare uno stato di fatica cronica.

Nel bodybuilding, dove in molti casi si chiede davvero troppo al proprio corpo, sarebbe interessante provare a seguire delle indicazioni di carattere igienico-comportamentale. Imparare ad ascoltarsi ed agire nel proprio interesse sono la chiave per uscire dall'affaticamento cronico.

Per approfondire: Rimedi per il Sovrallenamento