Attività agonistica, infezioni e vaccinazioni

Attività agonistica, infezioni e vaccinazioni
Ultima modifica 10.07.2023
INDICE
  1. Implicazioni dello stress
  2. Come comportarsi
  3. Ridurre i rischi con la vaccinazione

Anche se appare difficile pensare che un atleta, a dispetto della sua forma fisica, delle corrette abitudini di vita e dei numerosi controlli medici ai quali è sottoposto, possa essere particolarmente esposto alle infezioni in generale ed all'epidemia influenzale in particolare, oggi sappiamo che esiste un momento preciso della vita dell'atleta durante il quale il sistema immunitario si trova in condizioni di non poter garantire un'adeguata risposta nei confronti dei patogeni.

E' noto ormai da un secolo che i linfociti vengono attivati nel sangue prima e durante l'esercizio fisico; tuttavia la concentrazione dei linfociti si riduce notevolmente dopo l'esercizio stesso.

Si assiste quindi ad un calo generalizzato dell'attività del sistema immunitario nella fase post esercizio; questo fenomeno, definito come "open window", è rilevabile in diverse condizioni di stress fisico, quali l'esercizio, la chirurgia, le ustioni, i traumi, l'infarto miocardico acuto e le infezioni severe.

Durante la fase di "open window" il soggetto viene a trovarsi in una situazione di particolare rischio di infezioni.

Attività agonistica, stress e vaccinazioni Shutterstock

Implicazioni dello stress

Per un atleta è facile immaginare come questa condizione corrisponda ad un momento in cui la possibilità di contatto con patogeni è particolarmente elevata: immediatamente dopo una gara, infatti, l'abbraccio dei tifosi, la permanenza negli spogliatoi insieme ad altre persone, il vapore acqueo delle docce, l'aria condizionata degli ambienti o dei mezzi di trasporto, rappresentano un veicolo ottimale attraverso il quale possono essere contratti agenti potenzialmente infettivi.

La fase di "open window", ha una durata estremamente variabile sia nel soggetto sia nella popolazione; si attesta su tempi oscillanti tra le 3 e le 72 ore, in funzione del livello immunitario basale del soggetto e si concretizza in un elevato rischio di infezioni in corso di allenamento intensivo o durante le due settimane seguenti eventi sportivi di particolare impegno atletico.

Esistono poi diverse concause che contribuiscono ad elevare la suscettibilità dell'atleta alle infezioni: gli elevati ritmi respiratori, la conseguente secchezza delle mucose orali e l'aumento della viscosità del muco, comportano una ridotta clearance a livello nasaletracheale; fattori dietetici ed insufficiente apporto di componenti nutrizionali essenziali (glutaminaarginina, L-carnitinaacidi grassi essenzialivitamina B6acido folicovitamina E) possono ridurre la mobilizzazione linfocitaria.

I microtraumi muscolari, anche se in una fase iniziale portano all'espressione della proteina C reattiva e di altri fattori che stimolano le funzioni immunitarie, comportano poi un sequestro leucocitario nella sede del trauma stesso ed il rilascio di radicali liberi.

Le problematiche relative ai traumi non devono essere sottovalutate, poiché il loro impatto sul sistema immunitario può essere notevole; peraltro, la smania di riprendere l'attività fisica al più presto o, nel caso dell'atleta professionista, la necessità di onorare impegni agonistici pressanti e contratti stipulati da esigenti sponsor, induce a tentare la strada di una rapida riabilitazione e di un rientro in attività a guarigione non ancora completata.

Come comportarsi

Considerando gli sportivi nella loro completezza, si è potuto notare come dopo un infortunio il 35% degli atleti ha abbandonato dopo poche sedute l'iter riabilitativo, il 50% degli atleti infortunati ha sospeso la fisioterapia alla scomparsa dei sintomi e solo il 15% ha avuto un rapporto professionale con l'iter terapeutico-riabilitativo.

Ovvio che in queste condizioni gli eventi traumatici possano essere sottovalutati e che l'atleta riprenda l'attività mentre parte dei suoi leucociti sono deviati verso la sede della lesione, quindi indisponibili per una funzione immunitaria completa.

E' stato anche osservato come un'alta concentrazione ematica di catecolamineadrenalina e noradrenalina, corrisponda alle fasi di maggiore attivazione linfocitaria, mentre la fase successiva all'esercizio, francamente cortisolica, sia corrispondente alla riduzione della concentrazione linfocitaria.

Poiché la secrezione del cortisolo endogeno è influenzata dai ritmi circadiani, nello stesso soggetto, l'impatto della fase cortisolica post stress fisico sulla "open window" può essere variabile in funzione delle diverse ore della giornata.

Ciò dimostra che esiste un legame tra stress psicologico, sistema endocrino, sistema nervoso e sistema immunitario.

E' interessante notare come sia l'esercizio fisico di lieve intensità o durata, sia esercizi più intensi e prolungati sono in grado di attivare i linfociti nel sangue, ma solo sforzi prolungati (>1 ora) e/o di elevata intensità (>70% VO2 max) producono immunosoppressione nella fase post esercizio.

Per questo motivo il rischio di infezioni, in particolar modo delle vie aeree superiori, varia grandemente in funzione dell'attività fisica, essendo minimo in concomitanza ad attività fisica moderata e più elevato nei soggetti sedentari o sottoposti ad attività intensa.

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Ridurre i rischi con la vaccinazione

Anzitutto è opportuno minimizzare l'esposizione ai patogeni, mantenere un adeguato apporto dietetico ma, soprattutto, è fondamentale ottimizzare l'allenamento. Un soggetto ben allenato, poi, sa esprimere un lavoro muscolare superiore, quindi ridurre lo sforzo fisico che dà adito alle fenomenologie sopra descritte; inoltre un soggetto allenato respira in maniera meno affannosa ed è meno esposto al rischio di microtraumi. Infine, la riduzione dello stress psicologico porta indubbi vantaggi anche se è spesso di difficile attuazione.

Molto più realisticamente è invece possibile praticare la vaccinoprofilassi, per tutte quelle patologie per le quali è disponibile un vaccino.

Vaccinazioni per lo sportivo

La vaccinoprofilassi è caldeggiata in tutti i soggetti a particolare rischio, quali gli anziani, i diabetici, i cardiopatici, i portatori di BPCO; è opportuno che il medico e lo specialista in Medicina dello Sport in primo luogo, si abituino a considerare l'atleta, soprattutto il professionista, quale un soggetto a rischio e lo sottopongano pertanto alle opportune manovre vaccinoprofilattiche.

Oltre che per le patologie più comuni, quali l'influenza, o per patologie più gravi, ma comunque contraibili nel nostro paese, quale il tetano, la profilassi vaccinale è particolarmente indicata nell'atleta che deve spostarsi nel mondo per onorare i suoi impegni agonistici.

La vaccinazione degli atleti che viaggiano impone la considerazione di diverse variabili: la destinazione, la durata del viaggio, lo stato immunitario e di salute, l'età dell'atleta, l'eventuale presenza di allergie e, non ultimo nel caso di atleti di sesso femminile, l'eventuale stato di gravidanza, ricordando come risultati sportivi di rilievo siano stati ottenuti talvolta da atlete in dolce attesa, come nel caso della nostra canoista Josefa Idem o della compianta sciatrice austriaca Ulriche Maier.

Vanno inoltre valutati i possibili effetti collaterali dei vaccini, le possibili interferenze tra antigeni in caso di necessità di polivaccinazione, il tempo a disposizione prima della partenza nonché l'eventuale presenza di epidemie nelle regioni dove ci si deve recare.

Esistono una serie di patologie per le quali è possibile attuare la vaccinoprofilassi; particolare interesse rivestono patologie come epatite A tifo che sono invece presenti in numerose zone del globo e difficilmente prevenibili, se non con strettissime norme igieniche a volte di difficile attuazione.

L'epatite A è l'infezione, prevenibile tramite immunizzazione, più frequente nei viaggiatori. E' 40 volte più frequente del tifo e 800 rispetto al colera; l'infezione è virale e la trasmissione oro-fecale, prevalentemente attraverso frutti di mare crudi o poco cotti, verdura, acqua. La sintomatologia comprende ittero, anoressia, nausea, alterazione dei test di funzionalità epatica, ma spesso l'infezione passa clinicamente inosservata.

Il tifo dà adito a quadri clinici estremamente variabili che vanno dall'infezione asintomatica, alle forme classiche caratterizzate da febbre, malessere generale, cefalea, perdita d'appetito, costipazionediarrea, fino alle più severe caratterizzate da interessamento neurologico. Le complicanze più temute sono rappresentate da perforazione o emorragia intestinale e fenomeni settici. La letalità è pari al 10-20% nelle forme non trattate. Nel mondo sono stimati circa 17.000.000 di casi annui con oltre 600.000 decessi; Africa, Asia, Centro e Sud America rappresentano le zone a più elevata endemia. In Italia sono notificati annualmente circa 800 casi, oltre l'80% dei quali si verificano nelle regioni del sud e delle isole.

Da non sottovalutare l'impatto dell'influenza, una patologia dal peso economico e sociale rilevante che determina un'elevata morbilità ed eccesso di mortalità nelle categorie a rischio. L'influenza rappresenta un importante problema di sanità pubblica a livello mondiale per ubiquità, contagiosità , variabilità antigenica del virus, esistenza di serbatoi animali, andamento epidemico/pandemico.

Inoltre le severe complicanze soprattutto nei soggetti a rischio e non ultimo il costo economico, aggravano l'impatto di una malattia che in Italia costituisce la 3^ causa di morte per patologie infettive, preceduta da AIDS e tubercolosi, a seguito delle frequenti complicanze che comprendono l'aggravamento di patologie croniche preesistenti quali pneumopatie e cardiopatie. Il vaccino si pratica stagionalmente per inoculazione intramuscolare.

Affiancato ad un valido programma di allenamento che eviti carichi di lavoro eccessivi o tempi di recupero troppo limitati, il vaccino può essere di grande aiuto nell'attività di un atleta professionista od amatoriale, per consentirgli di svolgere al meglio l'attività sportiva e minimizzare il rischio di infezioni.

Un atleta con un adeguato livello immunitario è meno suscettibile agli episodi infettivi ed in definitiva maggiormente "performante"; così come specialisti in Medicina dello Sport ed allenatori lavorano sodo per migliorare la struttura muscolo scheletrica dello sportivo e renderlo meno esposto ad infortuni ed in grado di fornire una migliore prestazione, altrettanta attenzione deve essere posta per quanto riguarda le difese organiche.

Dopo i primi vaccini a virus intero inattivato, la ricerca - puntando ad una maggiore tollerabilità - ha messo a disposizione i vaccini split ed a sub-unità, nei quali l'incidenza di effetti collaterali è decisamente ridotta, ma l'effetto immunogenetico non risulta ottimale.

La più recente acquisizione è rappresentata dal vaccino virosomale, sviluppato dai laboratori di Berna Biotech, nel quale gli agenti virali sono incorporati nel doppio strato lipidico di liposomi, particelle che si formano per idratazione dei fosfolipidi e che consentono al vaccino di ottenere un effetto immunogenetica ottimale senza particolari problemi di "reattogenesi".

I virosomi offrono i vantaggio di un'innata assenza di tossicità; sono inoltre biologicamente degradabili, non contengono conservanti o detergenti e consentono una presentazione naturale degli antigeni al sistema immune.

Si tratta di preparati ad alta tecnologia, sicuri ed efficaci che consentono di mantenere un adeguato livello di immunità nei soggetti vaccinati, senza indurre effetti collaterali in pazienti di ogni fascia di età e condizione fisica, ivi compresi i bimbi sotto i dodici anni, gli anziani, i pazienti immunocompromessi o comunque defedati ed i soggetti ad elevato rischio di infezione, quali dobbiamo abituarci a considerare gli sportivi.