Ultima modifica 21.11.2019

In genere, quando ci si allena con il metodo continuo di lunga durata - che va dai 40 ai 120 minuti o più - si lavora in un range di frequenze compreso tra il 60 ed il 70% della FCmax; rispetto ai sedentari, gli atleti ben allenati possono comunque superare tali percentuali, perché maggiore è l'abilità di lavorare in aerobiosi anche ad intensità elevate.

In termini tecnici questa tipologia di allenamento viene spesso chiamata "lungo" o "lunghissimo". In quest'ultimo caso lo scopo è di abituare l'organismo a lavorare in condizioni di deplezione glucidica (eventualmente con l'ausilio di strategie dietetiche particolari) ed ha un senso solo nella preparazione di gare particolarmente lunghe, come la maratona od una granfondo. Non bisogna dimenticare, infatti, che per definizione il lungo (non a caso detto anche lento) dev'essere un allenamento poco stressante per l'organismo; stress che insorge inevitabilmente se la sua durata perde la proporzionalità con il grado prestativo dell'atleta.

In linea di massima, lo scopo del lungo è di costruire una solida base di resistenza generale, su cui sviluppare le capacità fisiche più consone alla disciplina praticata. Come dicevamo, si tratta del modo più naturale, rilassante ed istintivo di allenarsi, capace di migliorare rapidamente la resistenza del sedentario e utile anche per gli atleti all'inizio della stagione agonistica o durante il recupero da un infortunio. Il lungo ha tuttavia lo svantaggio di perdere a poco a poco il suo effetto allenante, determinando un plateau prestativo superabile soltanto adottando strategie allenanti più specifiche.

Il fondo lungo viene spesso ed impropriamente chiamato "fondo lento"; in realtà questa tipologia di esercizio presuppone un allenamento svolto più per necessità di rigenerazione e recupero che per un reale condizionamento. La sua intensità, infatti, dev'essere particolarmente blanda e poco stressante; di riflesso anche la durata sarà contenuta (30-90 minuti in genere). Il lento trova spazio come defaticante, utile per "smaltire" la fatica accumulata nei giorni di allenamento più pesante.

 

MEDIO

 

Tra i metodi continui, utili per l'allenamento della resistenza aerobica, rientra anche il cosiddetto "medio", in cui la durata scende a 30-90 minuti al massimo; cresce di riflesso l'intensità, ora prossima all'80-85% della FCmax (o leggermente superiore per gli atleti particolarmente allenati). Il meccanismo aerobico rimane pesantemente coinvolto nell'esecuzione del gesto atletico, tuttavia subentra - in misura non trascurabile - anche il meccanismo anaerobico lattacido; di conseguenza un medio protratto troppo a lungo si trasforma in un grosso stress per l'organismo ed acquisisce carattere più simile ad una gara che ad un allenamento.

Il medio è utile per elevare il massimo consumo di ossigeno, la funzionalità enzimatica e mitocondriale, nonché la gestione delle riserve energetiche (assicura un più efficiente metabolismo degli acidi grassi).

 

CORTO E VELOCE

 

Un altro metodo continuo per allenare la resistenza aerobica è il cosiddetto "corto veloce", in cui l'atleta si impegna a condurre uno sforzo fisico costante, di intensità prossima alla soglia anaerobica (88-92% della FC max) per 10-30 minuti al massimo; in pratica, questo metodo di allenamento può essere considerato una test prestativo. L'atleta, dal canto suo, deve possedere una sensibilità sufficiente per rimanere appena al di sotto del ritmo gara, o mantenerlo per pochi minuti senza strafare.

Il fondo veloce incrementa la potenza aerobica e in parte la capacità lattacida.

 

PROGRESSIVO

 

Nell'allenamento in progressione l'atleta inizia la seduta ad un ritmo blando e, mano a mano che i sistemi aerobici raggiungono la massima attivazione ed il corpo si adatta allo sforzo, aumenta progressivamente l'intensità di esercizio. Secondo varie metodiche, si parte da una certa frequenza cardiaca e si tende a salire - sempre secondo schemi prestabiliti - fino alla soglia, o al massimo delle possibilità.

L'allenamento in progressione può essere interpretato come una strategia di mantenimento o di pura preferenza individuale (per chi non ha particolari ambizioni); se ben strutturato, calibrando la durata ed il ritmo delle varie frazioni, può avere anche una finalità allenante, volta al miglioramento della soglia anaerobica e della tecnica di corsa. Questo lavoro stimola inoltre il massimo consumo di ossigeno (VO2 Max) e tende dunque a far aumentare la "cilindrata del motore aerobico".



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