Ultima modifica 04.06.2020

Da tempo sono stati identificati i siti anatomici quali sedi di fatica ed i relativi meccanismi fisiologici coinvolti; su base sperimentale, la fatica è stata differenziata in CENTRALE e PERIFERICA.

  • CENTRALE quando è imputabile a meccanismi che originano nel sistema nervoso centrale (SNC), ovvero in tutte quelle strutture nervose corticali e subcorticali i cui compiti vanno dall'ideazione del movimento alla conduzione dell'impulso nervoso fino al motoneurone spinale.
  • PERIFERICA se i fenomeni che la determinano si verificano nel motoneurone spinale, nella placca motrice o nella fibrocellula scheletrica.

Fatica MuscolareE' comunque opportuno ricordare che il drive cerebrale, sede della fatica centrale, è fortemente influenzato dalla soggettività (motivazione psicologica, capacità di autocontrollo emotivo e di sopportazione del disagio fisico), di conseguenza reagisce in maniera individuale allo stress affaticante.
Nelle attività sportive di lunga durata si verificano importanti alterazioni metaboliche quali:

  1. Riduzione della glicemia
  2. Accumulo plasmatico di ammonio (NH3)
  3. Aumento del rapporto tra amminoacidi aromatici e ramificati

che influenzano negativamente ANCHE la funzionalità delle cellule nervose.
Gli studi fino ad oggi affrontati sembrano dimostrare che la sede maggiormente influenzata dalla fatica sia il muscolo (componente PERIFERICA) escludendone la giunzione nervosa. L'attività sportiva intensa e di durata influenza negativamente l'attività del sarcolemma alterando la distribuzione ionica intra ed extracellulare con aumento del sodio (Na+) intracellulare e del potassio (K+) extracellulare. Questo fenomeno diminuisce la negatività del potenziale di riposo della fibra e riduce l'ampiezza del potenziale d'azione nonché la velocità di propagazione. Inoltre, anche l'accumulo di ioni idrogeno (H+) nell'ambiente extracellulare sembra contribuire alla riduzione della velocità di conduzione della fibra muscolare.
Nel muscolo affaticato, gioca un peso determinante l'alterazione della funzionalità del complesso tubuli trasversi-reticolo sarcoplasmatico; essa compromette il meccanismo contrattile che risente maggiormente della disponibilità di adenosin tri fosfato (ATP) e di calcio (Ca2+). E' stato dimostrato che l'ampiezza del transiente del Ca2+ diminuisce con lo sviluppo della fatica ed è imputabile ad un'inibizione dei canali di rilascio e ricaptazione del Ca2+ a livello del reticolo sarcoplasmatico, accompagnata dalla ridotta affinità della troponina per il Ca stesso; tali fenomeni sono riconducibili all'aumento degli H+ ed imputati all'aumento dell'acido lattico. Infine, la riduzione del processo di rilascio e reuptake del Ca2+ del reticolo sarcoplasmatico aumenta la durata del transiente del Ca2+ stesso riducendo la velocità di contrazione.
Un altro fattore dal quale dipende l'insorgenza della fatica è senz'altro lo squilibrio tra la velocità di scissione dell'ATP e la velocità di sintesi della stessa. Ciò che conta, più che la concentrazione di questa molecola (la quale raramente scende al di sotto del 70%), è la concentrazione di fosforo inorganico (Pi) che viene liberato dall'idrolisi dell'ATP; il suo aumento induce la formazione di ponti actino-miosinici ed ostacola il meccanismo contrattile.
Degna di nota è anche la disponibilità del glicogeno muscolare che, in esercizi protratti in consumo di ossigeno tra il 65% ed l'85% del VO2MAX (reclutamento di fibre bianche veloci, ossidativo-glicolitiche e resistenti alla fatica, quindi di tipo IIa), diventa un elemento fortemente limitante; al contrario, per sforzi di intensità inferiore, i substrati primari sono glucosio ed acidi grassi ematici; per quelli di intensità superiore, l'acido lattico in accumulo impone l'interruzione dello sforzo PRIMA dell'esaurimento delle riserve di glicogeno.

Ricordiamo, infine, che all'origine di un affaticamento muscolare può collocarsi un deficit di carnitina, molecola fondamentale nella produzione di energia.

La fatica muscolare è senz'altro un fenomeno ad eziologia multifattoriale che coinvolge diversi siti cellulari e meccanismi biochimici e che dipende dal tipo di esercizio svolto, dalla sua durata e intensità, quindi dal tipo di fibre coinvolte nel gesto atletico.


Testo di riferimento: Fisiologia dell'uomo – edi ermes; capitolo 2. Fisiologia del muscolo; pag 90-91


Autore

Riccardo Borgacci

Riccardo Borgacci

Dietista e Scienziato Motorio
Laureato in Scienze motorie e in Dietistica, esercita in libera professione attività di tipo ambulatoriale come dietista e personal trainer