Ultima modifica 02.04.2020

Storia e Legislazione attuale

La birra è una delle bevande più antiche, grazie a radici che affondano sino all'antico Egitto faraonico; una birra che, a quei tempi, era molto diversa dall'attuale, così come il vino prodotto dai Greci e dai Romani era ben lontano da quello dei giorni nostri. In entrambi i casi, infatti, le fermentazioni erano spontanee, mentre oggi sono strettamente controllate per quanto riguarda i tempi, le temperature, e, soprattutto, i ceppi microbici utilizzati per la fermentazione.

 

Secondo la legge Italiana, la birra è:

Birrail prodotto ottenuto dalla fermentazione alcolica con ceppi di Saccharomices carlsbergensis o S. cerevisiae di mosti preparati con malto - anche torrefatto - di orzo o di frumento, o di loro miscele e acqua, aromatizzati con luppolo o suoi derivati o con entrambi.

 

Fino a qualche anno fa la birra poteva essere prodotta solo a partire dal malto d'orzo, mentre quella di altri cereali doveva essere dichiarata in etichetta come birra di (fonte). Dal 1998, grazie al nuovo decreto legislativo DPR 272/98, è possibile produrre birra anche con frumento o con miscele di orzo e frumento; possono inoltre essere impiegati altri cereali - come il malto di riso, anche rotti o macinati o sotto forma di fiocchi, nonché materie prime amidacee e zuccherine - purché in misura non superiore al 40%.

Le birre pure, ad esempio di solo riso o di solo mais, devono dichiarare la loro fonte in etichetta (ad es. birra di riso o birra di mais). Queste birre "alternative" stanno avendo un notevole successo sia per le caratteristiche organolettiche, che esaltano particolari abbinamenti culinari, sia perché adatte all'alimentazione del celiaco.

Composizione chimica e proprietà

La birra è costituita da:

Acqua: ca. 85 %
• Alcol: 3 - 9 %
Estratto secco: 3 - 8 %

Nell'estratto secco ritroviamo diversi principi nutritivi, come zuccheri, sostanze azotate, tannini, destrine, vitamine del gruppo B, sali ed acidi caratteristici del malto e del luppolo.
La birra ha anche un certo tenore energetico, compreso - per quella comune - tra le 30 e le 60 kcal per 100ml. A differenza del vino (che dà calorie vuote*), il potere energetico della birra non deriva solamente dall'alcol, ma anche da destrine e da sostanze proteiche presenti nella bevanda. In queste ultime, gli amminoacidi sono presenti in misura di circa 0.2g per 100ml di birra e, nonostante il valore biologico sia modesto, tra di essi rientrano tutti e otto gli essenziali.

I carboidrati totali (semplici, oligosaccaridi e polimeri brevi) oscillano tra i 2 e i 5g/100ml, con una media di 3.5g/100ml.


* Va però specificato che la birra, rispetto al vino rosso, non possiede lo stesso contenuto in antiossidanti di natura fenolica; queste molecole, nelle giuste quantità e con la dovuta frequenza di consumo, provvedono a moderare lo stress ossidativo cellulare ed il colesterolo (totale e LDL) nel sangue.

PROPRIETÀ BENEFICHE

Un tempo era molto in voga un detto popolare secondo cui: "Chi beve birra campa cent'anni". Questo formidabile slogan, scorporato dai suoi toni miracolistici, potrebbe non essere del tutto assurdo; la birra, infatti, è una bevanda che apporta alcune sostanze nutrienti, tra cui spiccano certe vitamine del gruppo B ed il potassio, contenuto in quantitativi più generosi rispetto al sodio.
La B6 (o piridossina) e soprattutto l'acido folico sono molto importanti per neutralizzare gli effetti negativi dell'omocisteina, un amminoacido il cui eccesso (pur con meccanismi differenti dal colesterolo) favorisce la comparsa delle malattie cardiovascolari.

PROPRIETÀ NEGATIVE E PERICOLI LEGATI ALL'ABUSO

A dire il vero, per quel che concerne l'aspetto vitaminico, la birra ha anche la capacità di compromettere l'assorbimento intestinale di varie molecole; tra le varie, sembrano coinvolte anche la B1 (tiamina), la B2 (riboflavina), la PP (niacina) e l'acido folico stesso (quest'ultimo, fondamentale per prevenire l'anemia e la spina bifida nel feto e per la replicazione degli acidi nucleici).

Composizione per: 100g di Birra Chiara - Valori di riferimento delle Tabelle di Composizione degli Alimenti INRAN
Birra Valori Nutrizionali

Valori nutrizionali (per 100 g di parte edibile)

Parte edibile 100.0%
Acqua 93.5g
Proteine 0.2g
  Amminoacidi prevalenti -
  Amminoacido limitante -
Lipidi TOT 0.0g
  Acidi grassi saturi 0.0g
  Acidi grassi monoinsaturi 0.0g
  Acidi grassi polinsaturi 0.0g
  Colesterolo 0.0mg
Carboidrati TOT 3.5g
  Amido 0.0g
  Zuccheri solubili 3.5g
Alcol etilico 2.8g
Fibra alimentare 0.0g
  Fibra solubile 0.0g
  Fibra insolubile 0.0g
Energia 34.0kcal
Sodio 10.0mg
Potassio 35.0mg
Ferro 0.0mg
Calcio 1.0mg
Fosforo 28.0mg
Tiamina 0.0mg
Riboflavina 0.03mg
Niacina 0.90mg
Vitamina A (RAE) 0.0µg
Vitamina C 1.0mg
Vitamina E 0.0mg

Tra tutte, quella maggiormente interessata dall'effetto negativo dell'abuso alcolico è la B1, non tanto per la sua scarsa capacità d'essere assorbita, quanto per il fatto che NON può essere immagazzinata nelle riserve epatiche; tra l'altro, ironia della sorte, la tiamina è un fattore coenzimatico implicato proprio nello smaltimento epatico dell'alcol etilico (per approfondire leggi l'articolo: Alcool e carenza di vitamine).

Non solo! Irritando la mucosa per la presenza di alcol, e talvolta di lieviti attivi, la birra in eccesso provoca spesso diarrea, favorendo l'espulsione di vari sali minerali e di acqua.
La notevole concentrazione d'acqua, insieme al modesto contenuto in potassio (e di alcol), conferisce alla birra una ben nota capacità diuretica, a tutto vantaggio della riduzione plasmatica, elemento auspicabile per chi soffre di ipertensione; inoltre, teoricamente, anche solo l'apporto di potassio senza il sodio (contrastando i livelli di quest'ultimo nel sangue) dovrebbe contribuire al mantenimento della normalità pressoria (arteriosa). Ovviamente, il "rovescio della medaglia" implica una spiccata tendenza alla disidratazione e all'escrezione urinaria di preziosi sali minerali (tra i quali il potassio stesso); tale circostanza è particolarmente insidiosa per gli sportivi e per i soggetti in terza età, due categorie che già difficilmente riescono a mantenere stabile il proprio equilibrio idro-salino.
In realtà, l'effetto dell'alcol etilico, seppur anch'esso diuretico e (a piccole dosi) vasodilatatore, rimane quello di interferire con la regolazione della pressione sanguigna favorendone l'AUMENTO. La birra, quindi, può essere consumata anche da chi segue diete iposodiche ma (nell'ordinario, così come per gli altri alcolici) dovrebbe essere evitata da chi soffre di ipertensione conclamata. A sostegno di tale ipotesi, è anche possibile avvalersi di un ragionamento di tipo indiretto; non tutti sanno che, tra i fattori di rischio dell'ipertensione essenziale (escluse le basi genetico-ereditarie) il più importante è senz'altro il sovrappeso associato alla sedentarietà. Prescindendo dal fatto che, per vari motivi (piuttosto ovvi), il consumo eccessivo di birra non è associabile alla dieta dello sportivo, esiste un'altra ragione per la quale l'abuso di questa bevanda favorisce notevolmente l'eccesso ponderale. La birra, pur non avendo MEDIAMENTE un apporto calorico elevato, mostra una composizione nutrizionale che può favorire l'accumulo adiposo; in essa, infatti, si ha la compresenza di alcol etilico e maltodestrine (carboidrati semi-complessi). Entrambi questi elementi sono coinvolti nell'iperstimolazione di insulina, un ormone anabolico deputato ad incrementare: la sintesi proteica, la sintesi di acidi grassi, la sintesi di glicogeno e il deposito dell'adipe. In parole povere, l'eccesso insulinico tende a far ingrassare e, se consideriamo che l'alcol etilico NON può entrare in alcuna via metabolica che non sia la sintesi degli acidi grassi all'interno del fegato (in pratica, non fornisce energia e viene tutto convertito in grasso) l'effetto ingrassante diviene esponenziale.
Non è finita qui. La peculiare distribuzione dell'adipe correlata all'eccessivo consumo di alcolici, ovvero la così detta "pancia alcolica", è il risultato di uno stoccaggio adiposo che predilige la fascia addominale, in particolar modo quella intra addominale (anzi detta "viscerale"). L'obesità addominale, misurabile con la rilevazione della circonferenza vita (in centimetri), è un importantissimo fattore di rischio per le malattie del metabolismo, tra le quali soprattutto l'insulino-resistenza. Proprio quest'ultima è direttamente correlata all'insorgenza di diabete mellito tipo 2, e SE si associa ad ipertensione, rappresenta la comorbilità più pericolosa per la manifestazione delle malattie cardio-vascolari. Inutile specificare che il sovrappeso e l'obesità viscerale, potenzialmente aggravati dall'eccessivo consumo di birra, sono anche implicati nell'insorgenza della complessa e (ahinoi) ormai piuttosto diffusa "sindrome metabolica".
Proseguiamo ribadendo quanto specificato in merito all'utilizzo metabolico dell'alcol, ovvero la conversione epatica in acidi grassi. Ipotizzando un abuso di birra, questi acidi grassi aumentano a tal punto nel sangue da provocare un vero e proprio segno clinico pseudo-patologico. Per farla breve, l'eccesso di birra può anche determinare una forma di ipertrigliceridemia cronica, più spesso manifesta se l'abuso alcolico si associa al consumo di cibi ricchissimi in carboidrati.
Ovviamente, questi grassi prodotti in eccesso in seguito all'abuso di birra non vengono trasportati e depositati selettivamente; è vero che la maggior parte finisce nell'adipe, ma una piccola parte viene ritenuta dagli epatociti. Tale circostanza è la ragione per la quale, eccedendo con questa bevanda, si possono manifestare un ingrossamento e un ingrassamento del fegato, meglio conosciuto come "steatosi epatica grassa" (di natura alcolica). Nei casi più gravi, la steatosi (processo fondamentalmente reversibile) può cronicizzare evolvendo prima in fibrosi e poi in cirrosi (irreversibili).
Si dice che le birre amare favoriscano la digestione ed abbiano un blando effetto batteriostatico. In porzioni raccomandate (330-660ml/die), qualcuno le consiglia anche per prevenire (ma attenzione, non per curare!) le infezioni gastriche (spesso correlate ad ulcera); in sintesi, le birre amare sembrerebbero contrastare le capacità di replicazione dell'Helicobacter Pylori. Quel che è certo è che, se l'ulcera è già presente, il consumo di birra tende ad aggravare la il decorso della malattia; non a caso, nella dieta per la cura della gastrite e dell'ulcera, qualsiasi alcolico è bandito con assoluta irremovibilità. Inoltre, a dire il vero, molti specialisti pongono gli alcolici "in genere" tra i primissimi fattori di rischio per iperacidità, gastrite e ulcera gastrica o duodenale.
In virtù del basso tenore alcolico, fatta eccezione per le birre a maggior gradazione, un uomo può bere fino a due, massimo tre unità di birra al giorno (purché non assuma altre fonti alcoliche durante la giornata), mentre il gentil sesso non dovrebbe eccedere le due porzioni. Superati questi livelli di assunzione, il consumo di birra arreca più danni che benefici, con una gravità direttamente proporzionale al volume alcolico raggiunto nel complesso.
Niente birra, ovviamente, per le donne incinte o che stanno cercando una gravidanza, né tantomeno per quelle che stanno allattando, nonostante alcune dicerie sulla presunta "funzione lattogena".
La birra tradizionale è vietata anche per i celiaci, che possono invece consumare le specialità in cui il glutine è completamente assente (per questo contrassegnate dalla spiga barrata).
Un aspetto negativo del consumo di birra frequentemente sottovalutato dai consumatori interessa l'igiene orale. In parecchi sono convinti che le bevande alcoliche, come il collutorio, tendano a ridurre la carica batterica della bocca; ciò è vero solo in parte, o meglio, solo momentaneamente. I batteri del cavo orale, seppur eliminati in gran parte, si riproducono comunque piuttosto rapidamente. Ciò che invece molti non sanno è che l'alcol tende ad irritare anche le mucose della bocca e con esse pure le gengive, che tendono a ritrarsi. Poi, contenendo maltodestrine, la birra fornisce un substrato di crescita batterica a dir poco eccezionale. Si raccomanda dunque di lavarsi i denti anche dopo 20-60' il consumo di birra; meglio non farlo subito, poiché gli acidi della bevanda, uniti allo sfregamento delle setole, potrebbero erodere eccessivamente lo smalto esterno.
Concludiamo evidenziando che la birra, in quanto bevanda alcolica, è spesso oggetto di abuso; tale circostanza, meglio identificabile come "alcolismo", rientra nelle forme più diffuse di tossicodipendenza; pertanto se ne consiglia sempre un uso moderato e comunque mai precedente alla maggiore età.

Classificazione

Esistono due metodi di classificazione: il primo è basato sulla gradazione alcolica, mentre il secondo sul grado saccarometrico.
In base alla gradazione alcolica:

  • BIRRE ANALCOLICHE: grado alcolico volumetrico inferiore all'1,2%
  • BIRRE LEGGERE (O LIGHT): > 1,2 < 3.5%
  • BIRRE: > 3,5%
  • BIRRE SPECIALI: > 3,5%
  • BIRRE A DOPPIO MALTO: > 3,5%

In base al grado saccarometrico (quantità di zuccheri fermentescibili

  • BIRRA ANALCOLICA: grado saccarometrico compreso tra 3 ed 8 gradi Plato
  • BIRRA LIGHT: 5 < °Plato > 10,5
  • BIRRA: > 10,5°Plato
  • BIRRE SPECIALI: > 12,5°Plato
  • BIRRE DOPPIO MALTO: > 14,5°Plato

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